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Che cosa (non) ci hanno insegnato le enormi storie di fede e perdono del Ruanda

Di Rodolfo Casadei
10 Aprile 2024
Peccato che il trentesimo anniversario del genocidio sia passato inosservato. In questi tempi di guerra sarebbe stato utile riscoprire testimonianze potenti come quelle di Anne Marie e Celestin, di Jean-Marie Vianney Giakumba e di tanti altri
Le foto di alcune vittime del terribile massacro del 1994 esposte nel Genocide Memorial Centre di Kigali, Ruanda
Le foto di alcune vittime del terribile massacro del 1994 esposte nel Genocide Memorial Centre di Kigali, Ruanda (foto Ansa)

Davvero sottotono, almeno in Italia, il trentesimo anniversario dell’inizio del genocidio del Ruanda, che si fa coincidere col 7 aprile 1994, la data in cui l’aereo che riportava in patria il presidente hutu Juvenal Habyarimana fu abbattuto da un missile nei pressi dell’aeroporto della capitale Kigali. Sulle pagine di quotidiani nazionali importanti come il Corriere della Sera e La Stampa non è stata pubblicata nemmeno una riga, silenzio completo anche da parte del quotidiano cattolico Avvenire, benché il Ruanda rappresenti uno dei paesi più cristianizzati dell’Africa subsahariana e la Chiesa e i cattolici ruandesi abbiano avuto, sia nel bene che nel male, un ruolo di rilievo nella tragedia in cui culminò la guerra civile che infiammava il paese dall’ottobre 1990.
Nel corso dei massacri che iniziarono la notte stessa dell’abbattimento del velivolo (la cui origine resta fino ad oggi misteriosa, con rimpalli di responsabilità fra i sospettati degli opposti campi) e che terminarono con la...

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