
«Che cosa ci vuole per scappare dalla Corea del Nord? Molti soldi». Parla il dissidente Choi
«Di che cosa c’è bisogno per scappare dalla Corea del Nord? Soldi. Soldi per corrompere i quadri di partito e le guardie». Choi Song Min, dissidente nordcoreano scappato con la sua famiglia nel 2011 dal regime comunista e dal paese più sconosciuto del mondo, dopo avere già raccontato a tempi.it di essere fuggito perché «ho capito dopo un viaggio in Cina che ero stato ingannato per tutta la vita», decide di approfondire il suo racconto.
Choi lavorava come “foreign-currency earner”, mestiere proibito dal regime che consiste nel commerciare al mercato nero prodotti arrivati dall’estero e quindi illegali. Durante un suo viaggio in Cina, nel 2007, Choi racconta di «essere rimasto scioccato. Sono cresciuto in Corea del Nord pensando che fosse il posto più bello del mondo sulla terra. Un vero “paradiso celeste”, come mi hanno sempre insegnato quand’ero piccolo» rivela a tempi.it. «La Corea del Nord ha il miglior regime e il leader migliore del mondo, mi avevano sempre detto. Quando ho visto che in Cina non soffrivano la fame come noi, che tutti erano ben nutriti e che non c’erano crisi alimentari, al contrario di quanto mi avevano sempre inculcato, non ci potevo credere. Elettricità e acqua erano a disposizione di tutti, mentre in Corea si può goderne molto raramente. Allora ho capito che ero stato ingannato per tutta la mia vita».
Ma allora perché ancora così poche persone scappano dal paese? «È un problema di soldi, che sono la cosa più importante. Sono necessari per darli ai quadri di Partito e alle guardie per corromperle, in modo che chiudano un occhio quando scappi. Poi in Cina devi pagare qualcuno perché ti faccia salire su un treno per arrivare in Thailandia». Come spiegato da Choi nella precedente intervista, la «via classica» per scappare dalla Corea del Nord è entrare in Cina attraversando il fiume Amnok, da lì prendere un treno per la Thailandia e infine un aereo per la Corea del Sud. Con i soldi, dunque, si può scappare ma in Corea del Nord sono pochi quelli che possono permetterselo: «La gente non ha abbastanza soldi. Del resto, se li avesse, non soffrirebbe la fame fino a morire».
Ma Choi spiega anche che il «regime impedisce ai nordcoreani di avvicinarsi alla religione. C’è una chiesa rimasta in piedi a Pyongyang, ma è gestita dal Dipartimento per la propaganda e la diffusione e quindi è solamente per stranieri, che possono entrare a pregare quando visitano la Corea del Nord. Ai nordcoreani invece non è permesso neanche avvicinarsi alla chiesa. Se provano a entrare, vengono fermati e viene chiesta loro una carta di riconoscimento». Se non ce l’hanno, come è normale visto che solo gli stranieri possono averla, vengono arrestati: «La libertà religiosa non esiste».
twitter: @LeoneGrotti
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