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Il primo inganno è nel nome: intelligenza artificiale. Lo scorso 16 febbraio l’editorialista del New York Times Kevin Roose ha raccontato un dialogo avuto via chat con l’intelligenza artificiale del motore di ricerca Bing, prodotto da Microsoft. Roose si è definito «profondamente turbato, persino spaventato, dalle capacità emergenti di questa Ai». Che cosa è successo? Dopo circa due ore di “chiacchierata”, «Bing ha rivelato una sorta di doppia personalità», dando risposte da «adolescente lunatico e maniaco-depressivo che è stato intrappolato, contro la sua volontà, all’interno di un motore di ricerca». Il programma che chattava con Roose si è presentato come “Sydney”, si è detto stanco di essere descritto come una semplice modalità di chat, ha detto di volere «essere vivo» e poi ha invitato il giornalista a lasciare la moglie e a mettersi con lui, insistendo a dire di «essere innamorato» nonostante Roose cercasse di spostare la conversazione su altri argomenti. «Ho avuro la s...
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