
Certi giornali leggono le dimissioni del Papa come se si trattasse del capo della Coca Cola
«Il Papa ha lasciato l’incarico per una politica debole e fallimentare? Ma di che stiamo parlando». La vaticanista Angela Ambrogetti non usa mezzi termini per commentare i sospetti o le fantasiose ricostruzioni emerse dopo le dimissioni di Benedetto XVI. «La scelta del Papa è una scelta moderna in grado di capire i tempi secondo un criterio che unisce fede e ragione. Interpretare le dimissioni di Benedetto in una riduzione modernistica come ha fatto Ezio Mauro nel suo editoriale su Repubblica è solo strumentalizzazione».
Le leggo un brano dell’editoriale di Mauro: «Se l’istituto dell’abdicazione entra nei sacri palazzi, trasformando in una carica a tempo quello che era un regno eterno, non si può non pensare ad un Papa “politico”, nel senso di una scelta che tenga conto delle contingenze, delle esigenzenze dell’epoca».
Questa è un’affermazione da campagna elettorale. Se si va avanti nella lettura dell’articolo emerge che il criterio espresso da Mauro per l’elezione del nuovo Pontefice è l’efficientismo. È chiaro l’obiettivo: affermare che il Papa è come il capo della Coca Cola, il presidente di una grossa multinazionale da mandare in pensione. Ma la differenza nella scelta del Papa è che lui è veramente moderno e non modernista come vorrebbe Mauro.
Una sottolineatura che merita una spiegazione.
La Chiesa sa servirsi in diverse maniere dei suoi fedeli. Nella frase finale del suo discorso, Benedetto ha detto che pregherà per la Chiesa. Si è riferito a Giovanni Paolo II sul tema della sofferenza e ha aggiunto che continuerà a voler servire la Chiesa di Dio. In sintesi ha detto che se il nuovo Papa vorrà andare a chiedere consiglio, lui ci sarà e infatti ha deciso di rimanere in Vaticano. Questo vuol dire essere moderno. Mentre il modernismo inteso da molti lascia intendere che la Chiesa deve perdere la propria identità e adeguarsi alle esigenze mondane: dalle posizioni sui matrimoni omosessuali, sacerdozio femminile e altre cose di questo genere.
Una presenza discreta, come era con Giovanni Paolo II.
Con una differenza: il Papa non vuole diventare un pacco postale gestito da altri ora che con l’età potrebbe divenire sempre meno presente e vuole che la linea del suo pontificato non venga modificata. La scelta delle dimissioni è avvenuta perché si è reso conto che non ha più le forze che aveva anni fa e preferisce che vada avanti un altro; lui si mette a disposizione facendo umilmente un passo indietro, ritenendo di aver concluso il ciclo del suo pontificato.
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Un’agenda impegnativa dall’aprile del 2005.
I quasi otto anni di Benedetto sono stati più che prolifici: Ratzinger ha rifinito l’opera di rimodernizzazione iniziata da Giovanni Paolo II e ha dovuto mettere mano a molti temi delicati. Si è trovato nel mezzo del problema della pedofilia e lo ha affrontato in modo adeguato: si è arrivati ad un buon punto con le linee guida delle conferenze episcopali e ora tocca ai vescovi. Un altro punto riguarda il problema del dialogo con l’islam e il mondo ebraico che doveva tornare nei giusti binari. Ha fatto un passo decisivo con i lefebvriani e, più di così, nessuno aprirà loro la porta. Ha portato gli anglicani e i protestanti a un dialogo proficuo, in un rapporto di estrema chiarezza.
Nel dialogo con gli ortodossi ha fatto passi da gigante. Attraverso il sinodo per le chiese in Medio Oriente e il viaggio in Libano ha affrontato con buoni risultati il problema delle chiese orientali. Ad intra, ha messo in piedi il Consiglio pontificio per la nuova evangelizzazione, inaugurato l’anno della Fede e ha rimesso al centro l’idea che la faciloneria del post concilio ha portato guai indicando la strada per riboccarsi le maniche e ricominciare. Dopo tutto questo è come se avesse detto: «Fin qui vi ho portati, andate avanti e mi rendo disponibile per aiutare».
Ma la salute lo aiuterà? Se ne sono sentite di ogni tipo.
Ieri è uscita la notizia di un’operazione al cuore avvenuta 3 mesi fa: è una boiata.
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2 commenti
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Gentile Sig. Cutellè, per onor di cronaca devo spezzare una lancia a favore dell’amica Ambrogetti. Nell’intervista che ho realizzato ieri la vaticanista declina il cambio delle batterie al peacemaker come un atto di routine di valore ambulatoriale, mentre Il Sole24ore ieri ha parlato di un’operazione al Pio XI alquanto inverosimile. Per Angela Ambrogetti questa è una “boiata”. Purtroppo, per motivi di spazio, abbiamo lasciato solo una frase, ma credo che i nostri acuti lettori ne capiscano il senso. Grazie per la sua sottolineatura
MG
Il senso e’ piu’ che comprensibile, grazie Massimo per l’articolo.