
Cercasi fidanzata,cercasi sgualdrina
Chiara, una fedelissima lettrice della provincia di Milano ci segnala, un po’ scandalizzata, un annuncio comparso su Io Donna che reclamizza un antidepressivo prodotto dalla Pharmacia & Upjohn: doppia pagina, fondo scuro, primo piano di una donna senza più speranze, a destra, e, nella pagina di sinistra, un diario aperto con qualche appunto: “Dormire. Quando il mondo si fa troppo complicato e non ce la faccio più a fargli fronte. Dormire, perché non ho più voglia di niente. […] Mi sento sola e incompresa. Cerco il silenzio”.
“Ciò che ha attirato la mia attenzione – scrive la nostra lettrice – è stato soprattutto la pagina di diario così simile a quelle che, sia io che molte altre persone, hanno scritto almeno una volta nella loro vita senza necessariamente essere casi clinici, semplicemente esseri umani, vivi”. Ma proprio qui sta l’efficacia dell’annuncio, nell’usare un linguaggio semplice, riportando pensieri che, appunto, si possono trovare nel diario di molti.
La pubblicità usa spesso stereotipi, luoghi comuni, frasi fatte, a volte sgrammaticate (“… a me mi piaci”, “grazzie Grazzini”, etc), per raggiungere il consumatore. Con un solo obiettivo: quello di suscitare un bisogno e immediatamente dare una risposta. Una risposta, ad ogni buon conto, che invita al consumo, essendo lo scopo della pubblicità quello di far comprare. Anche quando in ballo, come in questo caso, non c’è un detersivo che “lava più bianco” ma un farmaco per lenire il male di vivere.
Pur non essendo il genere da noi preferito, l’annuncio in questione ci sembra abbastanza garbato. E inoffensivo, anche nei confronti di chi (giustamente) pensa che alle inesorabili domande dell’uomo non basti una pillola.
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