
La partita di Cellino per la vendita del Cagliari. Più che calcio, è poker
Cagliari è un enorme tavolo da poker per Massimo Cellino, amante delle fiches e dei giochi di carte, e l’avversario della sua partita è il sindaco della città Massimo Zedda. La vendita del club rossoblu ad una misteriosa cordata statunitense che ha come intermediario Luca Silvestrone si sta concretizzando in questi giorni, alla luce dell’incontro intercorso ieri tra il primo cittadino e il mediatore. Il faccia a faccia ha portato alla sicurezza che il Sant’Elia sarà aperto a 16 mila spettatori e che quindi sarà utilizzato per la prossima stagione, una delle garanzie che richiedono gli americani. Così Cellino riceverà la prima tranche della cifra di vendita pattuita, uscendo dal calcio italiano dopo 22 anni. E mettendo fine a una storia d’amore col Cagliari Calcio che ha vissuto i suoi momenti più critici proprio quando si è parlato del Sant’Elia.
LA BARUFFA COL SINDACO. Non è un caso se a trattare con Zedda oggi ci sia andato Silvestrone, delegato da Cellino stesso in rappresentanza del Cagliari. Lui il suo addio lo ha dato, spinto da un susseguirsi di torti e beghe amministrative che l’ormai ex presidente del Cagliari aveva aperte col primo cittadino. Innanzitutto a proposito del terreno, quello dove per anni Cellino ha fatto giocare il suo Cagliari senza pagare i canoni d’affitto, offrendo però in cambio la manutenzione della struttura. Sullo stadio il presidente ha tribolato non poco quando Zedda, neoeletto, gli chiese indietro i soldi che spettavano al Comune, e vennero pignorati i diritti Sky per circa 2 milioni e mezzo di euro.
La delega a Silvestrone lascia così la patata bollente nella mani del sindaco, a dirimere la vicenda stadio e, di conseguenza, il futuro della nuova proprietà. Pendono le clausole poste degli americani: la garanzia che la questione Sant’Elia venga risolta in tempi ragionevoli, la disponibilità di alternative valide allo stadio cittadino qualora comincino a breve i lavori per il suo restyling, secondo i progetti dell’archistar Dan Meis, lo stesso che ha ridisegnato lo stadio della Roma.
LA VICENDA DELLO STADIO. «Dio benedica gli americani, saranno loro a lottare contro la burocrazia». Queste le parole con cui Cellino mercoledì annunciava il raggiungimento dell’accordo con Silvestrone, mischiando la soddisfazione per l’accordo concluso (e che accordo! 80 milioni) alla resa di fronte alla trafila di problemi amministrativi incontrati negli ultimi anni. Perché la querelle per il Sant’Elia è stata solo l’inizio: poi vennero le diatribe per i terreni di Elmas acquistati per costruire lo stadio, il divieto ad edificare lì e lo spostamento a Quartu Sant’Elena. Con un capitolo successivo che conosciamo tutti: Cellino un anno fa fu arrestato assieme al sindaco e all’assessore dello sport del comune sardo, con l’accusa di peculato e falso ideologico. Ma ancor più imbarazzante fu la peregrinazione cui il Cagliari andò incontro per avere un campo dove giocare, girando vari stadi d’Italia e tornando, alla fine, al vecchio Sant’Elia di fronte a meno di 5 mila spettatori.
CHI SONO QUESTI AMERICANI? Cellino ora si lascia alle spalle tutti questi problemi, dicendo addio ad un calcio italiano dove ha saputo comunque dare tanto: nei suoi 22 anni di presidenza, il Cagliari ha ottenuto una stabilità in Serie A soddisfacente, arrivando anche a una semifinale di Coppa Uefa e a due di Coppa Italia. Il suo futuro è già pronto ed è l’Inghilterra e il Leeds, quella Ferrari roboante in confronto alla Cinquecento sarda guidata fino ad oggi, seguendo un suo paragone che infastidì i suoi stessi tifosi.
Se la nuova proprietà sarà valida sarà soltanto il tempo a dirlo, e nell’immediato i prossimi giorni, quando saranno svelati i nomi di questi misteriosi investitori Usa. La città attende, e non vuole più essere presa in giro specie sul fronte stadio. Chi arriva dovrà essere capace di rispondere a questi problemi, e armarsi anche di un pazienza di ferro per trattare con la burocrazia italiana. Oppure essere un bravo giocatore di poker.
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