Caso Niguarda-Espresso. Ma perché vogliono demolire la sanità formigoniana?

Di Luigi Amicone
07 Marzo 2012
Disfare l’eccellenza? A che pro? Forse per la ragione più ovvia del mondo, ovvero per plasmare una Lombardia a immagine dei padroni che hanno sfasciato l’Italia a suon di inchieste e ciarlatani?

Anticipiamo l’editoriale che apparirà sul numero 10/2012 di Tempi, da domani in edicola.

L’ospedale Niguarda di Milano è la migliore struttura sanitaria pubblica italiana e una delle migliori in Europa. Ogni anno migliaia di pazienti affrontano da ogni dove il “viaggio della speranza” per andare a curarsi al famoso “Ca’ Granda” e negli altri nosocomi lombardi. I fatti sono lì, ostinati, come leggerete nel servizio di Casadei sul numero di Tempi da domani in edicola, a dimostrare che nonostante una politica romana (di sinistra e di destra) miope e talora ostile, il cosiddetto “regno” di Formigoni resta un caso di buon governo da manuale. Si esamini la relazione della Commissione Antonini sul federalismo e si confrontino i dati del “sistema Niguarda&C.” con quelli di una sanità nazionale dove non di rado capita di morire per un’appendicite.

E adesso, capataz sindacali, magistrati, giornali, avete deciso di demolire un modello virtuoso? E a che pro? Forse per la ragione più ovvia del mondo, ovvero per plasmare una Lombardia a immagine dei padroni che hanno sfasciato l’Italia a suon di inchieste e ciarlatani? Chissà. Certo che a Milano è di nuovo scattata un’operazione fatta di manomissione della legge e divulgazione di lettere private, infamità, cimici, spiate. Il giorno che faranno la retata? Sarà l’apocalisse de noantri.

Ricordate il Vietnam del colonnello Kurtz-Marlon Brando che si ribella ai padroni della guerra? Un bel giorno i padroni decidono che Kurtz va preso “vivo o morto”. E per prenderlo inviano il capitano Willard. Non il “capitano mio capitano” dei versi di Whitman per Lincoln che liberò l’America dalla schiavitù e venne assassinato. Ma uno di quei capitani che al posto di “soldato” potresti metterci “giornalista” e non cambierebbe nulla nel dialogo tra Kurtz e Willard nel film di Coppola. «Lei è un assassino?». «Sono un soldato». «No, tu non sei un soldato, tu sei solo un galoppino mandato da un droghiere all’incasso».
Twitter: LuigiAmicone

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