
Caso dj Fabo. Così si legittima il suicidio assistito a colpi di sentenze

Riportiamo i comunicati stampa del Family Day, di Eugenia Roccella e del Movimento per la vita
Gandolfini (Family day): “Pericoloso chiedere alla Consulta di riconoscere il diritto all’aiuto al suicidio”
«Ritengo assurdo e pericoloso che la Corte d’Assise di Milano chieda alla Consulta se sia un diritto istigare e aiutare gli altri ad ammazzarsi. Spero che la Corte Costituzionale non contribuisca allo smantellamento del diritto penale italiano per via giurisprudenziale», così il leader del Family day Massimo Gandolfini commenta la decisione dei giudici della prima Corte d’Assise di Milano di mandare alla Consulta gli atti del processo a Marco Cappato, accusato di avere aiutato Dj Fabo a morire in Svizzera, per valutare la legittimità costituzionale del reato di “aiuto al suicidio”, previsto dall’articolo 580 del codice penale («Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito con la reclusione da 5 a 12 anni»).
«È evidente il tentativo di legittimare a colpi di sentenze il suicidio assistito e tutti coloro che propongono la legalizzazione di questa barbara pratica. Qualora la Corte dovesse valutare che il reato di aiuto al suicidio viola i diritti costituzionali dei cittadini si aprirà anche in Italia la strada che porta alle cliniche della morte. Noi restiamo convinti che la magistratura non possa esercitare tali forzature sulla legislazione italiana», prosegue Gandolfini.
«Da medico aggiungo che se assumiamo il concetto che il suicidio non è un reato, anche quando si tratta di un malato stabilizzato da anni e non in fase terminale, dobbiamo far sapere ai medici dei pronto soccorso italiani che un suicida non deve essere salvato ma accompagnato alla morte», aggiunge Gandolfini.
«Si trasforma un evento tragico, doloroso, che è sempre un gesto disperato, in un bene tutelato dal diritto. Siamo allo stravolgimento del significato stesso della virtù umana», conclude il leader del Family day.
DJ FABO/EUTANASIA, EUGENIA ROCCELLA (NOI CON L’ITALIA-UDC): “IL DIRITTO A MORIRE NON FA PARTE DELLA NOSTRA COSTITUZIONE”
“Sul ruolo di Cappato nel suicidio assistito di Dj Fabo è chiamata a decidere la Corte Costituzionale. Secondo i giudici della Corte di Assise di Milano, all’individuo va “riconosciuta la libertà” di decidere “come e quando morire” proprio grazie ai principi della nostra Carta fondante. Difficile pensare che i padri della nostra repubblica, usciti dalla tragedia della seconda guerra mondiale, si siano riuniti nell’assemblea costituente per stabilire il diritto a morire”. Così dichiara Eugenia Roccella (Noi per l’Italia-Udc).
“Se così fosse – continua – ogni persona che manifestasse una volontà di suicidarsi non andrebbe ostacolata, e forse neanche soccorsa, perché la libertà di darsi la morte va rispettata. Si distruggerebbe così il principio di solidarietà che è alla base di ogni comunità, e quella che può essere solo una richiesta d’aiuto, o una sofferenza che chiede condivisione e vicinanza, diventerebbe un gelido diritto, il diritto a morire”.
DJ FABO: GIGLI, COPIONE GIA’ SCRITTO. “SENZA FERMA OPPOSIZIONE ESITO PREVEDIBILE”
“La decisione assunta dalla Corte d’Appello di Milano di sospendere il processo Cappato e di chiedere alla Corte Costituzionale di esprimersi sulla legittimità dell’articolo del Codice Penale, che sanziona l’istigazione e l’aiuto al suicidio, rappresenta un’altra tappa della via italiana all’eutanasia”. Lo afferma in una nota il deputato Gian Luigi Gigli, Presidente del Movimento per la Vita Italiano.
“Se la Consulta interverrà come auspicato dai giudici di Milano – sottolinea Gigli -, si aprirà la strada al suicidio assistito senza più la necessità di sospendere le cure, logica evoluzione della libertà di rifiutare le cure per lasciarsi morire, prevista dalla legge approvata in dicembre. In spregio alla Costituzione, si vorrebbe che la vita da bene prezioso della comunità diventasse proprietà esclusiva dell’individuo, al quale soltanto spetterebbe la decisione sul se, come e quando morire. Di fronte a questo progetto sembra assurdo continuare a discutere di come mitigare gli effetti permissivi della legge sul biotestamento per via interpretativa. Piuttosto che inutili mediazioni, effettuate a prezzo di cedimenti culturali, occorre fare resistenza, a partire dalla obiezione di coscienza, nella consapevolezza che senza una forte opposizione il copione del film è già scritto. Attraverso casi pietosi, sentenze giudiziarie, pronunce della Corte costituzionale, il Parlamento approverà un altro tassello di legislazione dal quale ripartire nel processo di avvicinamento verso il traguardo finale dell’eutanasia attiva”.
Foto Ansa
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