«Caro Profumo, un’intervista non può correggere un decreto»

Di Carlo Candiani
08 Maggio 2012
Per Mariella Ferrante, presidente dei Diesse Lombardia: «Questo tipo di tirocinio non è il miglior percorso possibile, ma adesso che esiste è meglio partire senza i cambiamenti annunciati a mezzo stampa».

Dopo l’intervento sul Corriere della Sera del ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, in cui si correggeva “in corsa” il decreto che dà il via libera al Tirocinio Formativo Attivo per l’abilitazione all’insegnamento, la sede di Milano dell’associazione di docenti Diesse è stata subissata di telefonate, nelle quali si esprimeva preoccupazione, meraviglia e, soprattutto,  si chiedevano spiegazioni. «L’intervista pubblicata domenica 6 maggio rimette tutto in discussione a giochi fatti». A parlare è Mariella Ferrante, presidente di Diesse Lombardia: «Il decreto non riguarda poche persone ma circa 120.000 candidati. Tanti sono gli insegnanti che, secondo il ministro, dopo almeno tre anni di lavoro non dovrebbero sostenere alcuna prova pre-selettiva. Prima ancora che il contenuto, a renderci perplessi è la modalità di comunicazione scelta: un’intervista non può correggere un decreto».

Passando al contenuto, invece?
Come Diesse non abbiamo mai pensato che questo tipo di tirocinio fosse il miglior percorso possibile, ma adesso che esiste il decreto è meglio partire. I giovani e i meno giovani, che aspettano da due anni l’abilitazione, hanno diritto di vedere la luce in questa vicenda. Quando il ministro dice che ci sarà una corsia preferenziale per chi ha già fatto 360 giorni di servizio è lecito domandarsi: nella scuola statale o anche nelle paritarie? E poi, non è detto che un insegnante che abbia accumulato supplenze nelle statali per tre anni, abbia raggiunto una positiva capacità di insegnamento. Il tirocinio è una forma di valutazione del comportamento in classe, la supplenza non lo è assolutamente.

È un giudizio negativo molto netto il vostro.
È stato un acconsentire in modo estemporaneo, senza una progettualità precisa da parte del ministro, alle pressioni dei sindacati, che prima hanno difeso i precari delle graduatorie storiche e adesso difendono i supplenti. Finché non cambia il sistema delle supplenze, la scuola continuerà a produrre precari e non ne verremo mai fuori.

Ora cosa può accadere?
Intanto bisogna vedere se il ministro oltre a comunicare via stampa, farà un’ordinanza. Le prove iniziano la prima settimana di luglio e fino a giugno sono aperte le iscrizioni, non c’è molto tempo per chiarire il tutto. Il rischio è di avere una pletora di abilitati, tra quelli “privilegiati”, e gli altri che dovranno fare tutti i passaggi dovuti. Confusione allo stato puro.

Come si spiega quest’uscita “sui generis”?
Forse la voglia di apparire sui giornali. Credo che abbiano fatto i conti e si siano accorti del costo dell’operazione: se si prevede di fare una prova nazionale, se si prevede di avere insegnanti come tutor per un numero enorme di candidati al tirocinio (che viene pagato dallo Stato), ci sarebbero costi elevati. Il far evitare a migliaia di candidati un passaggio, sarebbe occasione di risparmio notevole per lo Stato.

E i 2500 euro che dovrebbero sborsare i candidati?
È il costo del corso universitario. L’anno del Tfa è costituito da tre prove di accesso e queste vanno pagate, a parte, dai candidati. Il costo varia dai cinquanta ai duecento euro (l’università di Trento è la più economica). Poi ci sono le ore in classe, in università, i corsi psicopedagogici: è questo il costo maggiore, a cui si aggiunge l’esame finale.

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