
Caro Giuliano, dico no alla tua lista
Guardo da molti anni con straordinario interesse a ciò che Giuliano Ferrara fa, anima, inventa e produce nella vita italiana. Quella dei media, della politica, della cultura. Ha pensieri forti e opinioni nette, e nel porgerli conosce troppo bene teatrini e riflessi condizionati dell’agone pubblico italiano, per non evocarli se d’uopo e aggirarli se del caso. Tra gli ormai parecchi direttori et similia che ho conosciuto è del tutto particolare, perché fa un giornale non per vendere ma per pensare e far discutere – io penso si debbano fare entrambe le cose, ma la prima è quella da offrire prioritariamente all’editore – e, soprattutto, perché di mio ho constatato che legge almeno 4 o 5 libri a settimana ma sul serio, non tanto per come dichiarano gli altri. Mettete che in più gli voglio bene, anche se è un tipo da non dirglielo mai perché come tutti i prorompenti egotisti malcelati in realtà è un timido senza grandi abbandoni. Cioè, urla e l’ho sentito, talvolta. Ride e lo fa spesso, con quell’ammiccare gattesco a svanire evocante il meglio del mitico felino del Cheshire. Ma quanto a lacrime o abbracci, beh, l’infanzia comunista si avverte ancora nelle rigidità.
Tutto questo per dire: la lista elettorale collegata alla moratoria dell’aborto, è un’idea di che tipo? In sé e per sé, del tutto coerente alla nuova straordinaria campagna che Ferrara ha avuto forza, coraggio e intraprendenza di mettere in piedi, da qualche mese. Facendo apparire tanti intellettuali cattolici doc esangui lemuri, a confronto, e ancor più laicisti come sperticati guardaindietro della storia. Appelli, lettere all’Onu, campagne per la moratoria, teatri pieni per discutere della vita e della strage inascoltata di abortiti: è tutto coerente ed esemplarmente utile, in un vuoto pneumatico relativo a ciò che di “vita” e fondamenti relativi passa ogni giorno il convento mediatico-politico. Ma una lista elettorale? Anch’essa come idea squaderna e taglia stanche appartenenze e sterili giaculatorie programmatiche, verissimo. Metterebbe avanti un solo principio, chiamando tutti alla regola di conseguenza. Lineare come una lama? No, di lame ne esistono anche ricurve, come se non più efficaci al taglio di quelle dritte. Tagliente come una lama, questo sì. Ma chi finirebbero per esserne, i tagliati? Per primi, tutti i cattolici impegnati in politica, di qua o di là e per che cosa e a costo di quali girigogoli non m’interessa ora dire. Poi, tutti coloro che non sentissero di mischiare un imperativo morale del diritto naturale con le più terrene e mutevoli congiunture della politica, che attualmente in Italia girano verso un tendenziale bipartitismo semplificatore. Cosa che lascia molti a bocca asciutta, ma è sempre meglio del frazionamento a mani libere sognato dalle mille sigle dei prêt-à-porter di nascita e prêt-à-manger di vocazione. Dice giustamente Giuliano: scusate ma a me e a chi condivide la priorità questo non importa un fico, vediamo concretamente chi esce dal puro conciliabolo delle idee a accetta di allearsi, con una lista e un simbolo per la vita e la moratoria,e tutto il resto son chiacchiere. Osservo: è una chiacchiera o un bene, che Formigoni si batta da aprile a Roma per rendere più visibile e più ascoltato un certo cattolicesimo sociale e non socialista? Temo che la medesima osservazione valga per molti altri, favorevoli alla moratoria ma impegnati altrove, sotto altri simboli, coalizioni e bandiere. E allora, sarebbe più forte l’iniziativa poi nel prossimo Parlamento, una volta che ci si fosse contati col criterio del discrimina-tutti? Io, dal punto di vista mio che alla vita sono affezionato, non mi convinco proprio, caro Giuliano del Cheshire.
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