
Caro bollette. Ma quali extra profitti: si rischia una strage di fornitori di energia

Se ne parla ancora troppo poco ma dal Regno Unito al Giappone si sta verificando una vera ondata di fallimenti di fornitori di energia, soprattutto piccoli e medi, stritolati dalle attuali condizioni di mercato. Anche in Italia, scrive l’Huffington Post, «diciannove fornitori di energia sono già andati in default, e senza rimedi urgenti potrebbe essere solo l’inizio». È l’ultimo risvolto in ordine di tempo di una crisi energetica che negli ultimi mesi sta comprimendo quella tanto attesa ripresa che sembrava essersi consolidata con il progressivo attenuarsi della pandemia.
Insomma, l’impennata dei prezzi non colpisce soltanto le famiglie che proprio in questi giorni si vedono recapitare le prime bollette da infarto previste per il 2022. Non si abbatte solo sulle imprese manifatturiere, per le quali i costi dell’energia – calcoli di Confindustria – sono passati dagli 8 miliardi del 2019 ai 21 del 2021 e sforeranno i 37 nel 2022 (un incremento del +368% nel 2021 e di oltre 5 volte rispetto al 2020). La crisi energetica minaccia anche di fare una strage fra gli stessi operatori del mercato dell’energia.
Tra l’incudine e il martello
«L’energia ed il gas sono diversi da altri beni o servizi. Non esiste certezza sulla quantità venduta», spiega a Tempi Massimo Bello, founder di wekiwi.it e presidente Aiget, Associazione italiana dei grossisti di energia e traders. «I fornitori con un contratto di vendita di energia si impegnano a fornire ai clienti tutta l’energia necessaria alle loro necessità in base a delle previsioni. Dopodiché l’energia e il gas vanno acquistati giorno per giorno man mano che i clienti consumano, per questo motivo non è tecnicamente possibile acquistare in anticipo tutta l’energia necessaria a fornire i clienti finali».
Un mercato estremamente variabile che, a beneficio dei clienti, ha visto il proliferare di offerte “a prezzo fisso”: particolarmente convenienti quando i prezzi dell’energia erano ai minimi, oggi si sono tramutate in capestri per quei fornitori che le hanno proposte alla clientela. Tra l’incudine e il martello, i fornitori di energia si sono trovati compressi, costretti a farsi carico delle oscillazioni quanto delle problematiche sociali del mercato a fronte di margini sempre più ridotti e di un’instabilità ormai generale.
Sempre l’Huffington Post sintetizza così la situazione, affidandosi Diego Pellegrino, portavoce di Arte, Associazione reseller e trader di energia:
«Chi rischia di essere tagliato fuori sono i fornitori, in particolari quelli piccoli e medi che operano nel mercato all’ingrosso. Eppure il fallimento delle società energetiche rischia di passare inosservato per una serie di ragioni. “In Gran Bretagna le aziende che cadono fanno rumore, qui no, perché i mercati funzionano in maniera molto diversa. Lì, quando una società fallisce interviene l’autorità di regolazione (Ofgem) che fa una ricerca, un’asta e trova immediatamente un operatore che si fa carico dei contatori, dando così un segnale visibile all’esterno”, spiega ancora Pellegrino.
“Da noi invece, quando un operatore va in default, ai suoi clienti arriva solo una lettera per comunicare che passeranno nel cosiddetto mercato di ultima istanza. Da un giorno all’altro il cliente non ha più il fornitore con cui aveva stipulato un contratto ma passa perciò a un’altra società”. Non senza conseguenze sulle tasche dei clienti che possono trovarsi condizioni economiche diverse da quelle che avevano prima, sicuramente peggiorative in questo periodo di caro prezzi.
La situazione rischia perciò di avvitarsi. Chi compra l’energia all’ingrosso […] si trova schiacciato tra il prezzo salito alle stelle e un ambiente normativo per nulla favorevole. Per dirla semplice: chi prima fatturava 10 e aveva marginalità 1, oggi si ritrova a fatturare 25 con una marginalità sempre di 1. Si crea perciò un problema di liquidità, con un onere finanziario e una necessità di cassa devastanti. “Quello che fatturiamo oggi”, spiega ancora Pellegrino, “lo incassiamo tra due mesi. Se poi c’è un cliente moroso, non si pensi solo alle famiglie ma anche alle imprese, i tempi per la messa in mora sono di altri due mesi. È una situazione insostenibile: per usare una metafora, noi siamo la sottiletta nel toast”».
«I fornitori», conferma a Tempi Musso, «sono danneggiati così come i clienti finali, che di sicuro sono in grande difficoltà per pagare bollette che costano oltre il doppio di quanto costavano solo qualche mese fa». Con la legge di bilancio, secondo il presidente di Aiget, «è stato chiesto proprio ai fornitori il sacrificio maggiore, imponendo la concessione di dilazioni di pagamento ai clienti finali. È fondamentale che le risorse stanziate arrivino presto perché non si può chiedere un sacrificio solo al segmento della filiera che è più danneggiato dalla crisi energetica».
La guerra del gas e il ruolo dei governi
Se il prezzo del gas che arriva dalla Russia in Europa risente, in tutto o in parte, del grande freddo diplomatico che intercorre fra l’Unione e il Cremlino, questo ha un impatto anche sul prezzo di quelle fonti di energia che con il metano c’entrano assai poco. Riprende Massimo Bello: «È vero che il prezzo di mercato dell’energia elettrica si forma in base al prezzo marginale, ovvero al prezzo più alto che prevale di giorno in giorno. Ciò significa che i produttori di energia sono remunerati spesso al costo di produzione delle centrali a gas anche se non consumano gas. Questa logica di prezzo ha funzionato per anni e ha garantito prezzi competitivi e nuovi investimenti in capacità. Dunque in generale non si può affermare che non funzioni, solo nel 2019-2020 abbiamo assistito ai prezzi più bassi di sempre».
Se il prezzo del metano sale, insomma, salgono anche i prezzi delle energie rinnovabili o, dove presente, del nucleare: a fronte di una parte della filiera che vede i propri costi legati al gas aumentare, un’altra registra profitti straordinari senza troppi sforzi. Il governo francese, con la decisione di far vendere al colosso energetico nazionale Edf una parte dell’energia prodotta dalle centrali nucleari a prezzo inferiore a quello di mercato, si è mosso con una certa originalità.
Le contromisure in Italia
Finora il governo italiano si è mosso diversamente, riducendo l’aliquota Iva e prevedendo sgravi per le fasce meno abbienti. Misure meno strutturali, destinate soprattutto a ottenere effetti moderatamente ridotti se, ad esempio, il prezzo dell’energia dovesse rimanere ai massimi. Negli ultimi giorni, però, sono i ministri dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti e della Transizione ecologica Roberto Cingolani ad aver sollevato il problema della formazione del prezzo dell’energia, segno che il modello francese inizia a fare scuola.
«Per quanto ne sappiamo il governo attualmente ha dichiarato di voler identificare extra profitti che, come nel caso francese, potrebbero riguardare i produttori di energia che non adoperano gas ma vendono l’energia a prezzi di mercato 10 volte più elevati di un anno fa». “Identificare” allo scopo di tassare ovviamente. La misura – la cui discussione era prevista nel Consiglio dei ministri in programma oggi, giovedì 20 gennaio – secondo il Sole 24 ore sarebbe stata rinviata perché «complicata da mettere a punto». In ogni caso, dice il presidente di Aiget, «non saremmo favorevoli ad un’applicazione indifferenziata di un extra prelievo sul reddito di tutti gli operatori del settore energia perché alcune fasi della filiera non sono state affatto avvantaggiate da questa crisi».
«La concorrenza rischia di sparire»
Il rappresentante dei grossisti e trader dell’energia sottolinea che «è importante preservare la concorrenza ed evitare che sparisca de facto a causa di questa crisi. La concorrenza ha sempre esercitato una pressione al ribasso sui prezzi e ha sempre evidenziato le inefficienze presenti in bolletta, dagli oneri di sistema troppo elevati agli extra rendimenti garantiti agli asset regolati. La concorrenza ha evitato negli anni costi ancora più elevati per i clienti finali e continuerà a farlo. Per garantire la concorrenza occorre supportare i fornitori nella gestione finanziaria di questa crisi».
Per superare l’emergenza, la strategia potrebbe essere quella di ripartire lungo la filiera quegli oneri finanziari che oggi gravano solo sull’ultimo anello della catena, esposto a rischi che i produttori di energia e i governi non possono più far finta di non vedere.
Foto Ansa
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