«Cari studenti ebrei, meglio se restate a casa»

Di Redazione
23 Aprile 2024
I toni sempre più antisemiti delle proteste “pro Palestina” nei campus americani, la condanna della Casa Bianca, l’invito rassegnato di un rabbino ai suoi ragazzi
Il “Gaza Solidarity Encampment”, l’accampamento illegale costruito dagli studenti pro Palestina nel campus della Columbia University, New York
Il “Gaza Solidarity Encampment”, l’accampamento illegale costruito dagli studenti pro Palestina nel campus della Columbia University, New York (foto Ansa)

Il tono delle proteste contro Israele che da mesi imperversano nei campus degli Stati Uniti deve avere davvero superato la soglia d’allarme, se perfino la Casa Bianca e il presidente Joe Biden in persona si sono sentiti in dovere di prendere posizione pubblicamente in difesa degli ebrei d’America e contro la deriva violentemente antisemita imboccata dagli attivisti “ribelli”.

«Israele cadrà»

Il caso che preoccupa di più attualmente è quello della Columbia University, ateneo situato nell’Upper West Side di Manhattan, una zona di New York per altro abitata da moltissimi ebrei. Qui la settimana scorsa un centinaio di attivisti pro Palestina sono stati arrestati durante lo sgombero del “Gaza Solidarity Encampment”, un vero e proprio accampamento illegale insediato nel campus per chiedere alla Columbia di interrompere ogni rapporto con aziende legate a Israele. E domenica le tende e le manifestazioni sono ricomparse, cariche di rivendicazioni e di “campeggiatori” sempre più esplicitamente antisemiti.

Emblematico il video pubblicato giovedì scorso su X dal Middle East Media Research Institute (Memri) che riprende i protagonisti delle proteste pro Palestina alla Columbia University inneggiare in diversi momenti, in arabo ma anche in inglese, alle Brigate Al-Qassam (il braccio armato di Hamas), alla caduta di Israele e del sionismo, all’uccisione dei soldati e alla eliminazione degli ebrei «dal fiume Giordano fino al mare».

Le condanne della Casa Bianca e di Biden

«Ogni americano ha il diritto di protestare pacificamente», ha scritto in un comunicato diffuso l’altro ieri Andrew Bates, vicecapo dell’ufficio stampa della Casa Bianca, «ma gli appelli alla violenza e l’intimidazione fisica nei confronti degli studenti ebrei e della comunità ebraica sono atti palesemente antisemiti, inaccettabili e pericolosi: non devono assolutamente trovare posto in nessun campus universitario o in nessun altro luogo negli Stati Uniti d’America. E riecheggiare la retorica delle organizzazioni terroristiche, tanto più in seguito al peggior massacro commesso contro il popolo ebraico dopo l’Olocausto, è qualcosa di spregevole. Condanniamo queste espressioni con la massima fermezza».

Condanna quasi contemporaneamente confermata e amplificata dallo stesso presidente Biden nel suo messaggio di auguri pubblicato sempre l’altro ieri in occasione dell’inizio dei festeggiamenti per la Pasqua ebraica (ricorrenza dedicata – ironia della sorte – alla liberazione del popolo eletto). Nella nota Biden non solo ha ricordato con «dolore» e «orrore» le «spregevoli atrocità» commesse da Hamas il 7 ottobre 2023, ma ha anche denunciato l’«allarmante ondata di antisemitismo» che sta travolgendo «scuole, comunità e web». «Il silenzio è complicità», si legge ancora nella nota di Biden. «Anche nei giorni scorsi abbiamo assistito a maltrattamenti e inviti alla violenza contro gli ebrei. Questo sfacciato antisemitismo è ripugnante e pericoloso, e non deve assolutamente trovare posto nei campus universitari né in qualsiasi altro luogo del nostro paese».

«Altri diecimila 7 ottobre per voi»

Quello diffuso da Memri, però, è solo uno dei tanti video in circolazione che testimoniano il livello terrificante a cui è arrivata la protesta in atto alla Columbia University. In un altro video si vedono i manifestanti intonare cori per Allah e per suoi «martiri», per «la resistenza» palestinese, contro Israele che deve «andare all’Inferno». Oltre ovviamente all’immancabile auspicio di una Palestina «libera dal fiume fino al mare».

Molto condivisa anche una foto, scattata nei giorni scorsi sempre alla Columbia University, che immortala una donna con il volto semicoperto da una kefiah davanti a un manipolo di studenti che sventolano bandiere di Israele e degli Stati Uniti. La donna ha in mano un cartello: una freccia che punta agli impertinenti “sionisti” e una scritta che li indica come «i prossimi obiettivi di Al-Qassam».

Difficile perfino continuare a parlare di “manifestazioni pro Palestina” o di appelli a un cessate il fuoco, quando basta che si avvicinino un paio di compagni ebrei perché questi studenti su di giri inizino a gridare: «Non dimenticate il 7 ottobre. Succederà di nuovo non una volta ancora, non cinque volte ancora, non 10, 100, 1.000 ma 10.000 volte ancora. Per voi tutti i giorni sarà un 7 ottobre».

«Vi consiglio di tornare a casa»

Il clima alla Columbia si è fatto così pesante da spingere il rabbino Elie Buechler, in servizio presso l’ateneo newyorkese, a inviare proprio alla vigilia di Pesach una lettera drammatica ai 300 studenti ebrei ortodossi di cui si occupa:

«Quello a cui stiamo assistendo nel campus e nei dintorni è terribile e tragico. Gli avvenimenti degli ultimi giorni […] hanno reso chiaro che la Pubblica Sicurezza della Columbia University e la Polizia di New York non sono in grado di garantire la sicurezza degli studenti ebrei di fronte all’antisemitismo estremo e all’anarchia.

Mi addolora profondamente dovervi dire che vi consiglio vivamente di tornare a casa il prima possibile e di rimanervi fino a quando la situazione all’interno e intorno al campus non sarà drasticamente migliorata.

Non è compito di noi ebrei garantire la nostra sicurezza nel campus. Nessuno dovrebbe essere costretto a sopportare questo livello di odio, tanto meno in una scuola».

E la Columbia non è certo l’unica università americana in balìa di proteste antisemite di questo tenore, proteste che non trovano da parte dei rispettivi atenei una riposta sufficientemente inflessibile. E infatti proliferano. A Yale, per esempio, proprio ieri è stato sgomberato un accampamento illegale insediato nel campus sull’“esempio” di quello della Columbia: 47 gli arresti. Qui la rabbia nei confronti di Israele si era scaricata perfino sulla bandiera americana, come testimonia il tweet condiviso qui sotto, mentre una studentessa ebrea ortodossa è stata ferita a un occhio (per fortuna senza gravi conseguenze) da un gruppo di “occupanti” che l’aveva circondata per impedirle di documentare per un giornale dell’ateneo quello che stava accadendo.

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