
Il Deserto dei Tartari
Cara Fiammetta, spegni quel pc
Riguardo alla storia di Fiammetta, alunna delle elementari che fa la Dad sui monti di Trento con un pc piazzato in mezzo alle caprette del padre pastore, non sto con le centinaia di migliaia di utenti del web che hanno messo like e cuoricini alla foto di lei divenuta virale, ma con Caterina Giojelli e con Alessandro D’Avenia, che interpellato ad Agorà (trasmissione mattutina di Rai 3) su cosa pensasse del fatto, ha risposto:
«Penso che potrebbe fare a meno del computer e della lezione a distanza. Lì dove si trova ha già tutto per imparare».
Anche nel mio caso, come in quello dell’insegnante e scrittore palermitano, la prima impressione davanti alla foto della bambina seduta davanti al tavolino collocato sulle balze del monte Vesa con tanto di zeppe per renderlo stabile è stata di fastidio per l’incongruenza della scena. Era come vedere una coppia di esquimesi al Polo Nord in posa accanto a un frigorifero, o un ragazzino polinesiano di un atollo che si tuffa nella sua piscinetta gonfiabile, o uno zoo con gabbie e visitatori nel bel mezzo della savana del Serengeti.
Fiammetta, che te ne fai del pc?
Se ti trovi con tuo padre pastore sui declivi di un monte e tutt’intorno e più giù vedi le malghe, i boschi delle Dolomiti, la rocca di Samoclevo, il fondovalle coltivato a segale e foraggio; e i suoni che senti sono le campanelle e i belati delle capre, il fruscìo del vento, il rumore attutito dei passi sul terreno; e gli odori che risalgono le narici sono lo sterco delle capre, la linfa dell’erba, il sudore del cammino in salita, il muschio dei larici; e il tatto ti rimanda la friabile durezza della dolomia, la setolosità del pelame caprino, la seghettatura delle foglie dell’ontano verde, la frizzante carezza del vento marzolino sulla pelle, il dolce calore del sole primaverile; e in bocca senti il salato del formaggio caprino, la sapidità dell’acqua di sorgente, il sapore puro e antico della pagnotta che tuo padre ha portato su. Se dunque hai tutto questo, se tutti e cinque i tuoi sensi sono meravigliosamente stimolati, dimmi, Fiammetta, che te ne fai di un computer, una sedia e una scrivania? Tutto quel che c’è da imparare ce l’hai intorno a te, lì con te: a che serve isolarsi dall’ambiente per interfacciarsi con gente che non puoi toccare, annusare, gustare? Che rimanda immagini sgranate e suoni vagamente metallici?
Altro che lezione di storia
Non voglio computer, tablet e iPad sui prati e fra le capre, fra le rocce e il cielo. L’unica giustificazione all’utilizzo di tecnologie informatiche in ambienti naturali è che si trovino nelle mani di qualche naturalista (botanico, zoologo, geologo, eccetera) che deve raccogliere e/o trasmettere dati alla base. Diversamente, meritano di fare la fine che vediamo fare a tanti pc, cellulari, tablet in tanti filmati che girano su Facebook: giù dalla scogliera fra le onde, giù dalla barca fra i flutti, giù dalla canoa nelle impenetrabili acque di una laguna.
«Ma oggi c’era lezione di storia». Lezione di storia? Tuo padre, che troppo a lungo resta solo quassù col suo gregge senza poter parlare con nessuno, sarà ben lieto di raccontarti tante storie. La storia della rocca di Samoclevo e dei suoi signori medievali; la storia della val di Sole, il cui nome non ha nulla a che fare con la stella che ci illumina e ci riscalda, ma proviene da una divinità celtica; la storia di Dimaro, di Malè, di Pejo, oggi comuni della valle e ieri vicinie del principato vescovile di Trento; la storia di Carlo Magno che a 20 chilometri da dove sei tu avrebbe insediato il campo delle sue truppe, ma probabilmente è solo una leggenda; la storia di tuo nonno pastore che portava con sé tuo padre quando aveva la tua età sui monti dell’Iglesiente o della Barbagia dove aveva un bel gregge di pecore, e non gli insegnava a connettersi alla rete col computer, ma a usare il coltello senza farsi male.
Giustificare la Dad
Sai, Fiammetta, perché hanno montato la tua storia come un modello di “resilienza” e ti hanno usata per creare la suggestione della “Heidi tecnologica”? Per far dimenticare quanto sia grave la loro responsabilità di non essere stati capaci di tenere aperte le scuole in tempo di Covid; per giustificare la Dad, che se non permette allo studente di ritrovarsi faccia a faccia con insegnante e compagni, rende però possibile fare lezione baciati dal sole e accarezzati dal vento. Vi lamentate della didattica a distanza? Ma potete praticarla nel giardino di casa vostra adesso che è primavera! Al parco sdraiati fra l’erba e una vecchia coperta, rannicchiati fra i gerani e le ortensie della vostra terrazza, in riva al mare se siete fra i fortunati con l’autocertificazione giusta. Siamo in stato di guerra a causa di un virus, ma godete di queste fortune: non lamentatevi!
A scuola sotto le bombe
Beh, io che in qualche paese in stato di guerra ci sono stato, ti posso dire, Fiammetta, che lì fanno tutto il possibile per non chiudere le scuole. In Siria, dove si fanno la guerra da 10 anni, le scuole di Damasco erano aperte anche quando ci cadevano sopra razzi e colpi di mortaio – io li ho visti e li ho fotografati –; alle finestre delle aule c’erano i sacchi di sabbia, e si facevano due o tre turni di lezioni perché alcune scuole erano occupate da profughi e sfollati e allora gli studenti andavano a fare i doppi turni in quelle ancora aperte; ho sentito il chiasso dei ragazzini in cortile che giocavano fra loro prima di entrare in classe, misto ai rombi delle artiglierie che sparavano sopra le loro teste, poi il silenzio quando tutti erano entrati nelle aule, rotto solo dalle esplosioni. Se quella contro il Covid è una guerra, la scuola italiana l’ha persa di sicuro, mentre tante scuole della Siria sono riuscite a vincere la loro guerra contro la guerra vera, quella fatta di bombe, autobombe e mitragliate.
Modello smart working
E c’è anche un’altra ragione per la quale ti hanno fatto passare per un modello da imitare, una ragione che su queste pagine abbiamo già spiegato. Approfittando della pandemia, imprese private ed enti pubblici hanno accelerato il passaggio al “lavoro agile” (quello che gli inguaribili anglofili chiamano smart working) da casa per i loro dipendenti, che sarebbe il lavoro “da remoto” tramite connessione alla rete. Hanno scoperto che in questo modo risparmiano sulle spese fisse e aumentano la produttività dei loro impiegati. La produttività aumenta perché, non avendo più orari di lavoro, lavori sempre; formalmente gli orari di lavoro continuano ad esserci, ma nella realtà tu sei sempre disponibile alle chiamate nelle ore più strane, agli incontri su Zoom in orario di pranzo, di cena o di sonno, perché casa tua ora coincide col posto di lavoro.
Tu, Fiammetta, vieni applaudita perché dimostri di avere già capito l’andazzo, perché ti stai già abituando a quello che ti aspetta domani, quando sarai collegata online alla riunione di lavoro nel mentre che allatti il tuo bebè. Tu sei all’avanguardia del processo, sei il battistrada della nuova tendenza, sei la piccola pioniera del futuro radioso e ininterrottamente connesso della tua generazione. Resta dove sei, Fiammetta, resta con le caprette. E lascia scaricare la batteria del portatile.
Foto Ansa
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