
Cannabis e Fini-Giovanardi, balle e sentenze furbette. Un caso di cortocircuito mediatico-giudiziario da antologia
Per capire qualcosa sulla bocciatura della legge sulle droghe (cosiddetta Fini-Giovanardi) da parte della Corte costituzionale occorre spulciare bene i giornali di oggi, senza fermarsi ai titoli, tantomeno a quelli delle prime pagine, dal momento che sono generalmente piuttosto parziali, per non dire stiracchiati (come dimostrano gli esempi riprodotti qui).
IL CAVILLO. Il quotidiano Avvenire in un editoriale a firma di Danilo Paolini ricorda che «i giudici costituzionali (…) non hanno stabilito che la produzione, la detenzione e la cessione di sostanze “leggere” e “pesanti” vanno punite in maniera diversificata». Questa è semmai «una delle conseguenze pratiche del verdetto», a causa del quale torna in vigore la precedente legge Jervolino-Vassalli, dove la distinzione tra droghe leggere e pesanti esisteva. Secondo i giudici, cioè, incostituzionale non è equiparare la cannabis all’eroina, ma il fatto che il legislatore abbia inserito «inserito commi non omogenei per materia nella legge di conversione di un decreto nato in occasione delle Olimpiadi invernali di Torino del 2006». Quindi, scrive Paolini, «spacciare stupefacenti resta un reato ed è ardito affermare che l’Italia ha compiuto un passo verso la legalizzazione delle droghe “leggere”».
UNO SPINELLO DA 3,8 CHILI. L’editorialista di Avvenire critica poi chi – come hanno fatto ieri diversi politici e come fanno molti giornali oggi – «ha gridato “finalmente!” perché “non si può andare in carcere per uno spinello”». Non è vero – spiega Paolini – che le celle sono piene di gente pizzicata con “uno spinello”: chi lo sostiene finge di non sapere che un anno fa la Cassazione (a sezioni penali unite) ha sancito «l’”irrilevanza penale” del consumo di gruppo» e che varie altre sentenze della stessa suprema Corte «hanno via via esteso il concetto di “uso personale” di stupefacenti quasi all’inverosimile». Particolarmente efficace infine l’esempio utilizzato nell’articolo per spiegare che «ci sono poi limiti impossibili da oltrepassare con la sola discrezionalità del giudice», esempio che rivela la strumentalità di certe conclusioni tratte a partire dalla decisione della Consulta: «Il caso da cui ha preso le mosse la sentenza di ieri – osserva Paolini – è quello di un signore condannato a 4 anni di reclusione perché trasportava 3 chili e 800 grammi di hashish. Un po’ troppi per un solo spinello».
LINEA DA TALK SHOW. Anche Stefano Zurlo nel suo commento apparso sul Giornale sottolinea che «la Fini-Giovanardi è stata bocciata per un problema squisitamente tecnico che riguarda le modalità di conversione dei decreti», eppure, aggiunge, è innegabile che «la sostanza» sia ben rispecchiata dalla parzialità della stampa: «Ancora una volta la Consulta si adegua allo spirito dominante, alla disinvoltura dei valori liberal predicati dalla sinistra, e talvolta non solo dalla sinistra. Si ripete come un mantra, nei talk televisivi e sui giornali, che mettere sullo stesso piano le droghe leggere e quelle pesanti, di più, gli spacciatori delle une e delle altre, sia un grave errore. Un equivoco». Ed ecco che ieri, guarda caso, «gira e rigira, la legge che aveva resistito in questi anni è stata scardinata. Per un vizio procedurale».
L’IDEOLOGIA E LE SUE CONSEGUENZE. Insiste Zurlo: «Ancora una volta la legge, che esprime il pensiero profondo degli italiani e non le opinioni di chi fa tendenza, viene modificata in corsa dalla Consulta. E non dal voto legittimo, ci mancherebbe, del Parlamento e di un’altra maggioranza». Si tratta però di una “tendenza” niente affatto innocua, poiché la conseguenza del verdetto dei giudici costituzionali «potrebbe essere – spiega il giornalista – l’esodo di centinaia di detenuti. E, in ogni caso, l’ingorgo davanti ai giudici per rideterminare le pene. Si calcola che siano diecimila i carcerati coinvolti in questa storia». È uno schema che si ripete: «Battaglie. Polemiche. Scintille. E poi di nuovo alla casella di partenza. In un gioco dell’oca che non finisce mai. Intanto, la mentalità liberal entra nell’ordinamento e la nuova norma cambia a sua volta la mentalità dei più».
LA BALLA DEL CARCERE PER UNO SPINELLO. Sempre a proposito delle conseguenze della sentenza, dovrebbero far riflettere le preoccupazioni delle comunità di recupero dei tossicodipendenti (bene espresse in questo comunicato dalla Comunità San Patrignano), così come le parole consegnate ad Avvenire da Giovanni Serpelloni, capo del Dipartimento per le politiche antidroga della presidenza del Consiglio dei ministri, contrario a qualsiasi ipotesi di legalizzazione delle droghe leggere. Oltre a ribadire a sua volta che «non possiamo dare a questa sentenza significati che non ha», Serpelloni conferma che contro la Fini-Giovanardi è stata fatta una campagna falsa, visto che in Italia «nessuno va in carcere per uso di sostanze stupefacenti», ma solo «per spaccio, coltivazione, traffico o produzione». Non è vero dunque che le carceri traboccano di innocenti, e Serpelloni lo dimostra citando i numeri ufficiali del ministero della Giustizia: gli ingressi annuali in carcere per reati connessi alla droga erano «22.808 nel 2001, 23.356 nel 2002, 23.719 nel 2003, 24.603 nel 2004». Nel 2007, quando è entrata in vigore la legge, sono stati «24 mila», dato in linea con il passato, mentre «gli ultimi dati disponibili raccontano di 18.285 ingressi. Vorrei sapere dove sarebbe l'”effetto criminogeno” della legge».
Articoli correlati
5 commenti
I commenti sono chiusi.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!
Con la legge Fini-Giovanardi, andrebbero abolite anche tutte le norme che consentano a persone condannate per truffa fiscale di essere ancora libere. Come mai Tempi non si occupa anche di queste incongruenze?
La Consulta non si è espressa sulla tossicità delle droghe che la finigiovanardi ha normato.
Ha punito il legiferare fraudolento come inserire una nuova normativa antidroga in un decreto riguardante le Olimpiadi invernali di Torino.
Il ritardo è colpevole(otto anni) tanto che i politici hanno usatolo stesso stratagemma col decreto Imu-Ba kitalia,a dimostrazione,che i più tossici sono certi politici come già provato (Le Iene).