
La lotta al cambiamento climatico ha un difetto non da poco: costa troppo

La lotta al cambiamento climatico è solo una questione di soldi. Tanti soldi. Non (soltanto) quelli che servono ai paesi sviluppati per abbandonare i combustibili fossili e riconvertirsi alle energie rinnovabili. Ma, soprattutto, quelli che i paesi in via di sviluppo chiedono alle grandi potenze mondiali per avviarsi sulla costosissima strada della transizione ecologica. Il conto esatto di quanto servirebbe lo ha fatto il Sudafrica e non stiamo parlando di spiccioli.
750 miliardi di dollari all’anno
Durante un vertice estivo a Londra sul tema del clima, alla presenza dei rappresentanti di tutto il mondo, il ministro per l’Ambiente del Sudafrica, Barbara Creecy, ha presentato la parcella: 750 miliardi di dollari all’anno da qui al 2050. L’inviato per il clima degli Stati Uniti, il verdissimo John Kerry, è sbiancato e si è trincerato dietro un imbarazzato mutismo. Gli altri funzionari occidentali se la sono cavata spiegando che la discussione andava rimandata a sedi più opportune.
È molto probabile che quelle sedi non si troveranno mai, anche perché i paesi in via di sviluppo non chiedono prestiti, per non ritrovarsi domani con un debito pubblico ingestibile, ma donazioni a fondo perduto. E vogliono avere piena discrezione su come investire questa cifra da capogiro, per non ritrovarsi vittime di nuovi colonialismi da parte di Europa e Stati Uniti.
La Cop26 destinata al fallimento
In un mondo che si sta riprendendo faticosamente dalla crisi economica generata dalla pandemia di Covid-19, è molto difficile che qualcuno accetti di pagare il conto. Il problema del finanziamento della transizione ecologica nei paesi in via di sviluppo sarà però al centro del dibattito durante la Cop26, che si aprirà a Glasgow il 31 ottobre e terminerà il 12 novembre.
In quella sede, i governi di tutto il mondo dovranno accordarsi su misure concrete per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi del 2015 e, se possibile, migliorarli. Come abbiamo già scritto, sei tra i 10 principali inquinatori della Terra non presenteranno promesse migliorative rispetto a quelle avanzate sei anni fa. Il vertice, dunque, sembra già destinato al fallimento, anche perché la Cina prevede di aumentare la produzione di carbone.
La lotta al cambiamento climatico costa
Gli Accordi di Parigi prevedono che Stati Uniti, Europa e altri paesi ricchi finanzino quelli in via di sviluppo con 100 miliardi di dollari tra il 2020 e il 2025. La cifra, di gran lunga inferiore rispetto ai 750 miliardi richiesti dal Sudafrica per il Gruppo dei 77, la coalizione che riunisce i paesi in via di sviluppo, non è al momento stata raggiunta.
Nel 2019 sono stati messi a disposizione 80 miliardi, secondo l’Ocse, e solo 14 di questi sono arrivati dal settore privato. Non esistono ancora dati certi per il 2020, ma sicuramente la cifra non ha raggiunto i 100 miliardi, assicura il Wall Street Journal.
Serve realismo
Un consigliere del presidente francese, Emmanuel Macron, ha commentato così la richiesta di 750 miliardi all’anno: «Dovremmo concentrarci sull’obiettivo di raccoglierne 100, prima di parlare di numeri così grandi». Parole subito rintuzzate dai paesi in via di sviluppo: «Non possiamo da una parte parlare di ambizioni e poi non mostrare alcuna ambizione quando si arriva al tema dei finanziamenti». Altri paesi africani hanno addirittura chiesto che la cifra annuale garantita per compiere la transizione ecologica fosse pari a 1.300 miliardi a partire dal 2030.
In mezzo a questa altalena di numeri ci ha pensato il ministro per l’Ambiente del Regno Unito, Alok Sharma, che guiderà i negoziati della Cop26, a rimettere ordine alle priorità: l’obiettivo è garantire 100 miliardi di finanziamenti all’anno, possibilmente non in forma di debito. Anche se non basteranno a salvare il Pianeta dal cambiamento climatico, saranno almeno un viatico.
Foto Ansa
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