Cambiamenti climatici. Nuovo studio conferma: l’accordo di Parigi è inutile

Di Leone Grotti
02 Agosto 2017
Il patto firmato da 195 paesi e fatto di promesse non servirà a contenere a 2 gradi il riscaldamento globale. «Serve piuttosto una svolta tecnologica»
epa05066055 People using cardboard shield in the form of earth demonstrate with a poster stating 'We are Nature that defends itself', during a protest as the COP21 reaches its end in Paris, France, 12 December 2015. The 21st Conference of the Parties (COP21) is held in Paris from 30 November to 12 December aimed at reaching an international agreement to limit greenhouse gas emissions and curtail climate change. EPA/ETIENNE LAURENT

Lo sapevamo già, ma repetita iuvant. Quel grande calderone di promesse non vincolanti che è l’accordo sul clima di Parigi, firmato da 195 paesi, anche qualora venisse rispettato, non servirà a contenere a 2 gradi il riscaldamento globale rispetto ai livelli pre-industriali. Lo sostiene uno studio guidato da un professore dell’Università di Washington pubblicato su Nature Climate Change e ripreso da tutti i quotidiani del mondo. Secondo il docente Adrian Raftery, c’è solo l’1 per cento di possibilità che le temperature crescano in misura inferiore a 1,5 gradi.

PREVISIONI E SCIENZA. Lo studio si basa su un modello statistico e non è in grado di predire che cosa succederà davvero nel 2100, ma secondo i calcoli dell’ateneo di Washington «c’è un 90 per cento di possibilità che le temperature aumentino di 2-4,9 gradi» rispetto ai livelli pre-industriali. Come scritto in passato da due articoli del Wall Street Journal e New York Times, in realtà nessuno è mai riuscito a dimostrare scientificamente che se non si agisce la soglia dei 2 gradi sarà superata. Allo stesso modo, nessuno ha mai dimostrato scientificamente che se la soglia verrà superata moriranno centinaia di migliaia di persone entro il 2100 per i cambiamenti climatici, come sostiene la Commissione internazionale sul cambiamento climatico dell’Onu (la stessa che nel 2007 ha pronosticato lo scioglimento dei ghiacciai dell’Himalaya tra 18 anni). Ma il punto è un altro.

«SVOLTA TECNOLOGICA». Invece che concentrarsi sulle emissioni di gas serra, il nuovo studio prende in analisi i trend di aumento della popolazione, il Pil pro capite e l’intensità delle emissioni, cioè la quantità di diossido di carbonio emesso per ogni dollaro speso in attività economiche. Pur specificando che «agire è fondamentale» e che «i nostri risultati non devono essere usati per dire che ormai è troppo tardi per impedire l’innalzamento della temperatura», Raftery sottolinea che «solo una svolta tecnologica potrebbe cambiare sensibilmente le nostre previsioni».

UN PESSIMO ACCORDO. La nota è importante, visto che l’accordo di Parigi per combattere il riscaldamento climatico non si basa su investimenti per la ricerca di nuove tecnologie ma sulla costosissima (e a quanto pare praticamente inutile) riduzione delle emissioni. Già nel 2015, lo scienziato politico danese Bjørn Lomborg aveva pubblicato uno studio su Global Policy per evidenziare che anche qualora le promesse di tutti i paesi venissero mantenute, cosa che non sta neanche lontanamente accadendo – la riduzione della temperatura sarebbe stata al massimo pari 0,048 gradi centigradi. Sommando tutti gli impegni presi, infatti, si ottiene una riduzione delle emissioni di Co2 di circa 36 miliardi di tonnellate, ma per contenere l’innalzamento delle temperature ai livelli desiderati, andrebbero ridotte di 3.333 miliardi di tonnellate.

«FALSO SENSO DI RIGORE». Se la strada più adatta per combattere i cambiamenti climatici sembra essere quella dell’avanzamento tecnologico, resta un problema di fondo, come sottolinea al Guardian Andrew Dessler, scienziato del clima presso l’Università Texas A&M: «Sono d’accordo sul fatto che è molto improbabile che l’innalzamento della temperatura resti al di sotto dei livelli desiderati ma questa ricerca dà un senso fasullo di rigore. Domani qualcuno potrebbe inventare una fonte di energia carbon-free subito adottata da tutti. Le cose possono cambiare molto più rapidamente delle previsioni delle persone».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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