La «caccia violenta» al cardinale Barbarin

Di Leone Grotti
19 Marzo 2016
L'arcivescovo di Lione è al centro di un polverone mediatico-giudiziario che lo vorrebbe responsabile di aver coperto abusi sessuali e molestie da parte di tre preti della sua diocesi
French Cardinal Philippe Barbarin surrounded by the media as they walk towards the entrance of the Vatican, in Rome March 4, 2013. Preparations for electing Roman Catholicism's new leader begin in earnest on Monday as the College of Cardinals opens daily talks to sketch an identikit for the next pope and ponder who among them might fit it. ANSA/ GUIDO MONTANI

L’arcivescovo di Lione, Philippe Barbarin, uno dei cardinali più stimati del clero francese e di tutta la Chiesa cattolica, è al centro di un polverone mediatico-giudiziario che lo vorrebbe responsabile di aver coperto abusi sessuali e molestie, su minori e non, da parte di tre preti della sua diocesi. L’alto prelato è stato formalmente indagato con le accuse di «mancata denuncia, messa in pericolo della vita altrui e istigazione al suicidio».
Nelle ultime settimane al cardinale non sono stati risparmiati insulti e accuse da parte di importanti politici del paese, come il premier Manuel Valls, e addirittura di aziende private che in barba alla presunzione di innocenza, hanno usato l’immagine colpevole di Barbarin per sponsorizzare i propri prodotti.

IL PRIMO CASO. Il primo caso per cui Barbarin è stato indagato è quello di padre Preynat. Quest’ultimo il 27 gennaio è stato formalmente messo sotto accusa per «aggressioni sessuali su minori inferiori ai 15 anni da parte di persona con autorità». Il caso è stato rivelato da alcuni uomini ex scout, oggi 40enni e 50enni, che affermano di essere stati abusati tra il 1970 e il 1990 dal sacerdote della parrocchia di Saint Luc, a Sainte-Foy-lès-Lyon. Le denunce sono arrivate contro il sacerdote nell’ottobre del 2015, quando i fatti denunciati erano ormai prescritti (la prescrizione record scatta 20 anni dopo il compimento da parte del denunciante del 18esimo anno di età) e solo dopo la sospensione ecclesiale di padre Preynat decisa da Barbarin il 18 maggio del 2015.

LE ACCUSE. Al tempo dei fatti incriminati l’arcivescovo non era Barbarin ma monsignor Decourtray (1981-1994), oggi deceduto, al pari dei suoi due successori (Balland 1995-1998 e Billé 1998-2002). L’attuale arcivescovo di Lione è stato consacrato solo nel 2002 ma è nell’occhio del ciclone perché le vittime di padre Preynat lo accusano di aver preso provvedimenti con troppa lentezza.
Il sacerdote aveva già ammesso in alcune lettere di aver compiuto abusi e per questo monsignor Decourtray nel febbraio del 1991 l’aveva sospeso per sei mesi e poi riammesso al servizio pastorale. I vescovi successivi l’avevano spostato di parrocchia ma dal 1991 nessuno si è più lamentato del sacerdote, che non è mai stato denunciato da alcuno prima della sospensione decisa proprio da Barbarin. Il cardinale, però, è stato accusato di sapere delle tendenze pedofile del sacerdote, il quale ha dichiarato che «tutti sapevano», e di aver agito troppo tardi.

«MI SONO FIDATO». Intervistato da La Croix, l’arcivescovo ha risposto: «Una persona cresciuta a Sainte-Foy-lès-Lyon mi ha parlato nel 2007 dei comportamenti anteriori al 1991 di padre Preynat. Io l’ho convocato e gli ho chiesto se dal 1991 in poi fosse successa anche solo la minima cosa. Lui mi ha rassicurato: “Assolutamente niente”. Io gli ho creduto. (…) Ho verificato se da allora ci fossero state lamentele o denunce, ma non c’era più stato niente» e così «mi sono fidato dei vescovi precedenti», che non l’avevano mai sospeso dopo il 1991.

«HO REAGITO IMMEDIATAMENTE». «Quando nel 2014 – continua Barbarin – ho ricevuto per la prima volta una vittima venuta a raccontarmi dei fatti ormai prescritti, ho scritto a Roma e loro mi hanno consigliato di sospendere le funzioni di padre Preynat nonostante fossero passati 24 anni dai fatti. E io l’ho fatto». Solo in seguito sono arrivate le denunce alla giustizia. Capisco il dolore e la rabbia delle famiglie, ha aggiunto il cardinale, «ma posso dire che da quando sono vescovo ogni volta che mi è stato segnalato un abuso ho reagito immediatamente».

IL SECONDO CASO. Un secondo caso riguarda un uomo di 42 anni, soprannominato Pierre, che afferma di essere stato vittima nel 1990 e nel 1993, a 16 e 19 anni, quando Barbarin non era ancora arcivescovo di Lione, di un altro sacerdote della diocesi, Jerome Billioud. Quando ha cercato di denunciarlo, il reato era ormai prescritto. Nel 2009 Pierre incontra il cardinale e lo mette a parte della sua storia. Monsignor Barbarin si scusa in ogni caso a nome del prete. Quando Pierre, che oggi occupa un posto di rilievo nel ministero degli Interni, sente parlare delle accuse a padre Preynat, contatta di nuovo la procura il 12 febbraio e il cardinale, a cui viene contestato di non aver rimosso padre Billioud, viene accusato di «mancata denuncia, messa in pericolo della vita altrui e istigazione al suicidio».

PRESUNZIONE DI INNOCENZA. Il 14 marzo in un comunicato della diocesi di Lione si legge: «È con dolore che il cardinale Barbarin si vede accusato oggi in modo ingiustificato, tanto è evidente che non ha mai messo in pericolo la vita altrui, né incoraggiato alcuno a suicidarsi. Il cardinale domanda che si faccia lavorare la giustizia con serenità. L’interesse dei denunciatori come di coloro interessati dalle denunce è che la giustizia stabilisca la verità. (…) Manifestando di nuovo il suo profondo sostegno, la sua disponibilità [a incontrarle] e la sua compassione per tutte le vittime, chiede nondimeno che siano rispettati i suoi diritti, il suo onore e la sua presunzione di innocenza».

IL TERZO CASO. Giovedì un terzo caso è stato rivelato da Le Parisien, che accusa Barbarin di aver promosso a responsabile di decanato un sacerdote condannato nel 2007 a un anno e mezzo di carcere con la condizionale per aggressioni sessuali a due donne maggiorenni. I fatti risalgono al 2004 e la nomina è avvenuta una volta che il sacerdote ha scontato la pena e dopo un lungo periodo di rieducazione seguito dalla Chiesa. In un altro comunicato, la diocesi di Lione fa notare che «il giudice ha espressamente autorizzato questo sacerdote a proseguire le sue attività parrocchiali. La funzione nel decanato poi è solo amministrativa. La diocesi si rincresce che gli sforzi di riabilitazione e il cammino percorso da questo prete (ritiro e visite psicologiche, ndr) siano messi in dubbio da una esposizione mediatica ingiustificata, che riguarda fatti per i quali è stata scontata una pena. Ma, per il rispetto delle persone, la diocesi di Lione ha chiesto a questo sacerdote di prendersi un periodo di riposo».

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L’ATTACCO POLITICO. Infine, pochi giorni fa il premier francese Manuel Valls ha invitato il presule a «parlare e agire, ad assumersi le sue responsabilità, a considerare le dimissioni, a comprendere il dolore. Non mi aspetto parole, ma fatti». La gogna pubblica è proseguita con la pubblicità del negozio di ottica, Krys, che per pubblicizzare la riparazione di occhiali ha messo su internet una foto del cardinale e la scritta: «Non aveva visto niente…».

«MAI, MAI, MAI». In conferenza stampa, Barbarin ha dichiarato: «Voglio dire che mai, mai, mai ho coperto il minimo caso di pedofilia. Valls dice che devo prendermi le mie responsabilità? Ha ragione, ed è quello che sto facendo. Due volte in 17 anni sono stato messo a conoscenza di fatti di questo tipo da parte di persone che sono venute a parlare con me, nel 2007 e nel 2014. E la polizia in entrambi i casi ha sottolineato come io abbia agito tempestivamente», anche se in nessun caso c’era stata una denuncia alle autorità e anche se, come ha detto l’avvocato di Barbarin, «il suo ruolo non è quello del giudice».

CACCIA VIOLENTA. In un editoriale il direttore del giornale cattolico francese la Vie, Jean-Pierre Denis ha scritto: «La caccia a Barbarin è violenta. Occorre ricordare cos’è la presunzione di innocenza? Supponendo che segua il suo corso, una denuncia non rende una persona colpevole, né complice. (…) Si ometterà di dire che qualche anno fa una giornalista aveva provato a incastrarlo, sostenendo di essere stata vittima di un abuso: Philippe Barbarin l’aveva incitata a sporgere denuncia».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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7 commenti

  1. Serena

    La Chiesa ha il dovere di proteggere se stessa,
    la pedofilia è una questione interna e deve essere messa al riparo da ogni ingerenza esterna per il bene di milioni di fedeli.
    Sarà solo Dio, nella sua infinita onniscenza, a punire se eventualmente è stato commesso un reato.

    1. Menelik

      Serena, devo dirti che non la penso come te su questo punto.
      I pedo vanno processati, vanno fermati, per il bene della Chiesa stessa in primis, e poi anche di tutte le famiglie che vivono nella Chiesa, cioè che partecipano alla vita parrocchiale.
      Sono e sarò sempre nemico implacabile di chi approfitta della pedofilia per muovere attacchi pretestuosi contro la Chiesa, questo è un altro discorso, ma il pedofilo va fermato, ridotto allo stato laicale e denunciato.
      Lo stesso trattamento si deve applicare anche a persone come quel Vittadello di Cassino, che rubava i fondi della Chiesa destinati alla conservazione dell’Abbazia con il suo contenuto di storia millenaria e ad opere caritatevoli, per pagarsi ecstasy, hotel di lusso e prostitute a Londra.
      Dico…è stato capace di scialacquare più di 30.000 euro al mese.
      Non sono questioni interne queste. Per il bene della Chiesa Cattolica con tutto il suo apparato di centinaia di migliaia di sacerdoti e suore che dedicano la vita a far bene al prossimo, per il bene di milioni di famiglie in Italia e nel mondo che vivono nella Chiesa, per tutto questo……riduzione allo stato laicale, poi decida la magistratura.
      Perché un crimine, che sia perpetrato da laici o da chierici, sempre crimine è.
      Poi, chi approfitta dei pochi casi di pedofilia in campagne mediatiche ingigantendoli e oscurando i molti più episodi di laici, magari attivisti lgbt come in quell’ITIS torinese, mi ripugna come ratti di fogna.
      In ogni caso il pedofilo, laico o chierico, va fermato e perseguito penalmente.
      Perché è giusto così.
      (Chiaramente, mi riferisco solo ed esclusivamente a CASI PROVATI DA EVIDENZA, NON A MONTATURE MEDIATICHE DI GIORNALISTI LOSCHI E POLITICIZZATI.

      1. Giannino Stoppani

        Menelicche, non ti ci perdere, è il solito bischero di troll che fa il provocatore stile OVRA.

      2. Serena

        No mio caro, come dice giustamente Bagnasco, non è opportuno denunciare i reati perchè le famiglie delle vittime potrebbero scandalizzarsi ancora di piu se arriva la polizia, mentre hanno solo bisogno di tanto riposo e della parola di Dio portata da un confessore serio.

        Non devono esserci ingerenze esterne, i peccati che alcuni uomini di Chiesa commettono devono essere giudicati solo da Dio, che tutto conosce nella Sua infinita Sapienza e non dagli uomini, che strumentalizzano per attaccare la Chiesa e portare avanti il progetto del Demonio!

        I cattolici onesti lo sanno per questo non hanno mai manifestato contro i reati della Santa Chiesa.

        1. Toni

          Sei la solita debosciata, riconoscibile ad ogni cambio di nick. Bagnasco ha detto una cosa diversa da quello che calunniosamente asserisci. E ti ricordo, bestia al cubo, che in Italia, l’obbligo di denuncia non esiste per nessuno (art. 331 del C.P. prevede l’obbligo dei pubblici ufficiali nell’esercizio delle proprie funzioni) .

    2. Giannino Stoppani

      Caro “Serena”, avrai maggior successo come macchietta dell’agente provocatore stile OVRA quando capirai che il Signore ci giudicherà per i nostri “peccati” e non per i nostri “reati”, che riguardano solo ed esclusivamente la giustizia terrena.

  2. gianluca segre

    Se il card. Barbarin ha disposto tutto ciò che era in suo potere, una volta informato dei fatti, allora gli attacchi sono pretestuosi. Se sono pretestuosi, oltre a una certa stampa che non perde occasione per attaccare la Chiesa, nel caso del premier Valls nascondono altri intenti. Che novità!

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