Borsa nera

Di Gian Micalessin
19 Maggio 1999
La guerra vista da Piazza Affari. Cronaca della giornata di un broker (in pseudonimo)

La guerra è sempre esistita. Differente è la visione che ognuno di noi mantiene nei suoi confronti. L’idea che ne abbiamo noi è che deve somigliare al posto che ci ospita quotidianamente: la Borsa. La nostra giornata comincia all’alba quando, in compagnia dei garzoni dei panettieri (sono gli unici che si svegliano così presto al mattino), ci appropinquiamo ai nostri posti di combattimento. Come bravi soldatini di un esercito che si rispetti, anche noi abbiamo la nostra divisa (abito scuro, camicia bianca e cravatta sobria); i nostri insostituibili pezzi di artiglieria, pesante (telefonia fissa) e leggera (cellulare, telefonia mobile); i nostri mezzi blindati (le inseparabili agenzie Reuters e Bloomberg); i nostri riti guerrieri (la tripla dose di caffè somministrata endovenosa); i nostri “morning meeting”, ovvero il momento in cui lo stato maggiore del nostro piccolo esercito ci delinea le strategie di combattimento da utilizzare contro il più implacabile e temibile dei nemici: l’investitore. Dicesi investitore soggetto estremamente carico di materia cartacea (meglio nota con il nome di “danaro”), refrattario e, soprattutto, diffidente nei confronti di qualsiasi tipo di consiglio (perché l’investitore non fa altro che studiare grafici, bilanci societari e prospetti informativi tanto da meritare, honoris causa, la laurea in economia alla Bocconi). Ogni guerra ha però i suoi punti deboli. Se quella in corso in Kosovo e Jugoslavia è la somma dei lutti e degli obrobri che vediamo, la nostra colpisce laddove il risparmiatore è debole e indifeso: il portafogli. Finito il meeting con i generali si ritorna in trincea, pronti a sferrare l’attacco. All’inizio della guerra, come in ogni conflitto che si rispetti, si tenta la mediazione politica fra le due parti. Difficilmente, però, questa fase (“zona Albright”) tanto morbida quanto subdola ed ipocrita porta i frutti sperati. E allora, a mali estremi, estremo rimedio. Si passa alla fase calda (se fossimo al Pentagono si potrebbe definire “defcon 5”), cioè all’attacco frontale. Armati dell’inseparabile telefono, si comincia con lo stuzzicare l’immaginario dell’investitore con incredibili scenari di guadagno basati sulle sventure altrui: “Bombardano Belgrado? Benissimo, ci sarà bisogno di fare approvvigionamenti. Vedo molto bene, a questo punto i titoli di distribuzione ed in modo particolare…”. Oppure: “Sai, quella ditta di farmaceutici inglese produce e commercializza anche delle ottime bende cicatrizzanti… per non parlare di quella famosa casa di produzione di proiettili e mitragliatrici a doppia percussione… poi per diversificare e rendere sicuro l’investimento, potresti comprare quel titolo francese che produce cemento: le case che bombardano dovranno pure ricostruirle, no? … ascoltami, per una volta, diversifica, fai come quella compagnia che produce tettarelle per neonati e preservativi. Pensaci, hanno inventato l’equilibrio perfetto: se perdono da una parte ci guadagnano dall’altra e viceversa. Aspetta, ti faxo il grafico…” Sarebbe troppo facile a questo punto apostrofarci come cinici amorali ma il punto è che, quando c’è la prospettiva di un facile guadagno, l’investitore comincia a gustare dolcemente il soave profumo del biglietto verde che, ammaliatore sin dal momento della sua nascita, ci porta a perpetrare le azioni più infami. Ed allora, più eccitato di noi l’investitore ci urla: “…. compramene centomilaaaaaaaaaaaaa!”. Frattanto è arrivata l’ora dell’agognato pasto (un’insalata dell’ottavo secolo avanti Cristo), ma quando si è ancora in piena digestione la Reuters comincia a diffondere una terribile ed angosciante notizia. Hanno sganciato una bomba su un asilo infantile? No, molto più terribile: Wall Street ha aperto al ribasso! I grafici che prima erano così belli, maestosi, solidi, sicuri, allettanti, si fanno improvvisamente scarni, reticenti, tremolanti, pavidi. Le sirene, le nostre sirene (i telefonini) cominciano allora a squillare incessantemente. Ed è questo il momento dove si vede il vero broker, quello che comincia suadente e sicuro di sé a tranquillizzare tutti i suoi clienti. E così fino alla chiusura. Momento in cui, pattuita la tregua, si compila il bollettino dei danni e dei caduti. E dei guadagni: Toro per il rialzo, orso per il ribasso.

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