
Borghi (Giornale): «Marcegaglia mente, emergenza finanziaria è europea prima che italiana»
La leader di Confindustria Emma Marcegaglia ha dichiarato l’intenzione di presentare al governo un manifesto delle imprese per salvare l’Italia, un documento pensato per rilanciare l’economia italiana attraverso la riduzione della spesa pubblica e l’introduzione di tagli studiati ad hoc. Non si è fatta attendere la replica di Claudio Borghi, docente di economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, opinionista per Il Giornale, che questa mattina ai microfoni de Gli Spari Sopra ha preso le distanze da questa proposta giudicandola non efficace: «Chi si trova in una posizione di rappresentanza come lo è la Marcegaglia dovrebbe avere l’obbligo di dire la verità e lei non la dice. Le cause di questa crisi non sono tutte italiane, il problema urgente è a livello europeo, per questo la sua soluzione non è pertinente».
Borghi precisa infatti che «il problema non riguarda tanto la riduzione del debito pubblico quanto un problema di architettura europea» e il nodo centrale è rappresentato dai mercati finaziari: «pensiamo al Giappone, ha un debito pubblico superiore al 200% e ha dei tassi bassissimi, questo è possibile perché nessuno dubita che i titoli di Stato possano avere problemi. Invece l’Europa è l’unica di tutte le economie importanti a non avere una banca centrale che serva come prestatore di ultima istanza e quindi non è garantita da nessuno». Un esempio: «Se in Giappone ci fosse un’asta dei titoli di Stato dopo il terremoto, quindi in una situazione sociale di gravissima preoccupazione, e nessuno li comprasse, arriverebbe la banca del Giappone a comprarli. La banca centrale europea non usa questa strategia perché ha come obiettivo l’inflazione, ed ecco spiegato perché ci troviamo di fronte a questi problemi». La formula della Marcegaglia non tocca il cuore del problema, perché «prima la banca centrale deve garantire tutto il debito dell’Eurozona e solo successivamente, quando tutti i titoli di Stato saranno tornati in buona salute, si potrà a pensare regole serie per evitare che la gente faccia più debiti del dovuto pensando che poi siano altri a pagare».
Sul possibile default della Grecia poi, Borghi ha espresso tutte le sue perplessità: «se si fosse pagato tutto all’inizio, quando cioè il problema del debito pubblico era dell’ordine dei 200 miliardi, non si sarebbe speso un centesimo perché bastava una garanzia da un ente solvente. Adesso invece siamo costretti a considerare il crollo di borsa dei mercati e dei titoli obbligazionali e a parlare di un piano di tremila miliardi. Quando viene fuori un problema di questa portata lo si cura subito, solo successivamente si può discutere sulle regole per evitare che il problema si ripeta».
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