La preghiera del mattino

Trump si ricandida, ma il Gop vincerà solo se cambia cavallo

Donald Trump supporter
Supporter di Donald Trump a Mar-a-Lago, dove l'ex presidente ha annunciato la sua candidatura per le elezioni del 2024 (foto Ansa)

Su Fanpage Gabriella Mazzeo scrive: «Secondo il Generale Leonardo Tricarico, ex capo maggiore dell’Aeronautica Militare, l’esplosione avvenuta nella serata odierna nel villaggio polacco non è il risultato di una provocazione deliberata. “Si è appena aperto un canale comunicativo che può portare a negoziati reali per la fine della guerra – spiega a Fanpage.it -. A Mosca non converrebbe una mossa simile, soprattutto alla luce di come sta andando il conflitto in Ucraina per il Cremlino”».

Siamo di fronte a una Russia disperata le cui reazioni non sono mai perfettamente leggibili. Comunque le parole del generale Tricarico sono ragionevoli, come lo sono parallelamente le reazioni di Joe Biden. Oggi è il momento, mentre si sostiene Kiev, di non abbassare la guardia sui pericoli di una terza guerra mondiale.

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Su Huffington Post Italia Angelo Bruscino scrive: «Non mi sembra che Meloni si stia isolando, soprattutto senza costruire altre alleanza. Non penso a quelle con gli Stati di Visegrad, poco influenti, sia detto con tutto il rispetto. Meloni, piuttosto, sta costruendo una partnership con gli Usa sempre più forte. Ad iniziare con l’adesione sempre più convinta alla posizione Nato sull’Ucraina. Anche qui, dovremmo avere il coraggio di ammettere che l’interesse Usa non sempre è in sintonia con quello dell’Europa e che, anzi, una Germania privata del suo primo provider energetico, la Russia, è una buona notizia per Washington, che sconta il secondo maggiore deficit della sua bilancia commerciale proprio con Berlino. Insomma, proprio come con Draghi, più vicino agli Usa sulla questione Ucraina, di quanto non lo fosse Scholz, ansioso di riallacciare un rapporto con Mosca, Meloni è “l’amico americano”. E anche in questo, la presidente del Consiglio si sta rivelando draghiana, nonostante le origini non proprio liberali del suo partito. Insomma, Meloni non è isolata, ma è in buona compagnia, e farsi rispettare non è un peccato. Si tratta di capire se questa sponda atlantica, però, sarà in grado di compensare un eventuale raffreddamento con Berlino, indotto dalla Francia. Una scommessa sulla quale sta puntando tutto, a quanto pare, Giorgia Meloni».

Mentre la stampa mainstream è tutta concentrata sul “pericolo Salvini” o sulle scemenze dette da un qualche sottosegretario sui vaccini (fatti che comunque testimoniano la necessità di un veloce rodaggio da parte di chi è stato scelto dagli elettori per governare l’Italia), chi guarda un po’ più lontano del proprio naso, non può non cogliere come il sorgere di un atlantismo conservatore sia un fenomeno che si sta consolidando così nella Cdu-Csu, tra i gollisti, nel partito popolare spagnolo, in Svezia e in Austria. E Giorgia Meloni in questo movimento, particolarmente utile a Washington mentre deve trattare/competere con i cinesi e guidare la (meritata) sconfitta e la preoccupante disperazione russa verso esiti non catastrofici, ha un ruolo di rilievo

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Su Scenari economici Giuseppina Perlasca, citando un nuovo sondaggio You gov, scrive: «Coloro che si considerano “repubblicani radicali” sono più propensi a sostenere una terza candidatura di Trump (45 per cento) rispetto al governatore della Florida, mentre il 43 per cento ha dichiarato di preferire DeSantis. La differenza era molto più pronunciata tra gli intervistati “repubblicani”, di cui il 45 per cento preferiva DeSantis contro il 21 per Trump. Il 38 per cento di coloro che si sono definiti “repubblicani moderati” preferisce DeSantis, contro il 31 che ha scelto Trump».

Le elezioni di midterm hanno dimostrato come Donald Trump abbia ancora un grande seguito tra gli americani. L’ex presidente rappresenta di fatto la reazione rabbiosa a un establishment che ha teso a sterilizzare la discussione pubblica, costruendo una cultura poilitically correct che di fatto bloccava la possibilità di scegliere vie alternative, escludendo dalle decisioni innanzi tutto i ceti medi-popolari. Però i suoi pasticci negazionisti sul voto del 2020, hanno messo in crisi proprio il nucleo della lezione trumpiana sulla difesa della sovranità popolare, e hanno diviso il suo schieramento e compattato quello avversario. Ora è evidente come i Repubblicani abbiano la possibilità di vincere le presidenziali solo se cambiano cavallo. Ma la crisi della politica occidentale con annessa crisi dei grandi partiti, si manifesta anche con questa tendenza dei “vecchi” (come me, peraltro) incapaci di capire quando devono farsi da parte. Dovrebbero tener conto, questi anziani, di quel che diceva già Oscar Wilde: i giovani moderni (a parte quelli cinesi, annoto io), non hanno più rispetto per i “capelli tinti”.

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Sul Sussidiario Giulio Sapelli scrive: «Per Streeck, l’economia neoliberista diretta dal “pilota automatico” e che Gentiloni e Dombrovskis hanno riaffermato essere il modello che guida le politiche dell’Ue verso una combinazione di libero mercato e di guida tecnocratica, fa crollare la partecipazione politica, perché le istituzioni democratiche nazionali sono neutralizzate dalla “governance” internazionale. Così viene formandosi il sempre più vasto spazio “vuoto” della depoliticizzazione, portatore di quel processo che molti hanno definito di “post-democrazia” e che noi continuiamo a studiare con crescente stupefazione del conformismo che ci circonda».

Nei tempi difficili che stiamo vivendo, ridare slancio all’Unione europea è particolarmente auspicabile. Sarà difficile farlo, però, se si tengono gli occhi chiusi sui processi di cui scrive Sapelli.

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