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Olbia, 6 giugno. La nave per il Continente parte alle 11. Noi due siamo qui sul ponte con il cane. C’è un cielo di nuvole scure e inquiete, un cielo da isole Shetland più che da Sardegna. Poca gente a bordo, nordici scottati dal nostro sole. La nave salpa esattamente alle 11. Trent’anni fa in questo stesso giorno a quest’ora camminavamo adagio verso l’altare della Basilica di Sant’Eustorgio. Lo sposo era magrissimo e davvero molto pallido, la sposa serena in un tailleur avorio minimalista. Ci conoscevamo da sei mesi appena. So che tra i miei vecchi amici di Repubblica i bookmaker scommettevano su quanto sarebbe durata. Tre mesi? Un anno?
Chi aveva scommesso, ha perso. Trent’anni dopo siamo ancora qui. Sono nati tre figli e, da poco, un nipote. A me stessa, se mi volto indietro, pare incredibile. Il mare che abbiamo traversato non era liscio come questo di oggi, sulla rotta per Livorno. Tutti e due fragili, tutti e due inseguiti da una depressione ricorrente che, lo so adesso,...
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