Lettere al direttore

Per dieci abbonamenti il Correttore andrà a caccia dello squaletto perduto

Articolo tratto dal numero di ottobre 2020 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.

Su diversi interventi sono apparsi equiparati, in senso negativo, il reddito di cittadinanza e la Quota 100. Faccio notare la differenza: il primo è nato, in teoria, come assistenza e per aiutare a trovare il lavoro a chi non ce l’ha e come sappiamo ha fallito il suo scopo. Il secondo è nato per permettere di andare in pensione chi, avendo almeno 62 anni, ha versato almeno 38 anni di contributi. Poiché, in quest’ultimo caso, un lavoratore perderebbe qualcosa nel pensionamento anticipato, chi ne usufruisce di norma è chi non ha alternative, cioè è disoccupato. Parlo per esperienza diretta. Quindi vi consiglio di rivedere questa posizione.
Valerio Nassi via email

Caro Valerio, capisco e rispetto la tua posizione, ma il problema di Quota 100 è che è un intervento troppo oneroso per i conti del nostro Stato. E questo si sapeva anche quando è stata introdotta nel gennaio 2019.

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Se il presidente della Repubblica Sergio Mattarella non prende in mano la situazione della magistratura italiana, di cui è garante, e non lo fa tempestivamente, si assume l’intera responsabilità dello sfascio della Repubblica e delle prevedibili conseguenze economiche e sociali oltre a quelle che già abbiamo subito, imputabili al cattivo funzionamento della magistratura. Ogni limite ha la sua pazienza! (cito Totò).
Giuseppe Reato via email

Mattarella non è Cossiga. Continuerà a fare quel che ha sempre fatto: niente.

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Che sarebbe successo eh, direttore Boffi, se questo stramaledetto virus anziché venire dalla Cina comunista fosse scappato da qualche laboratorio segreto del Trump, oppure dal “guerrafondaio e fascistissimo” Israele? Che sarebbe successo nell’Europa dominata dal politicamente corretto? Che sarebbe successo? Eh già: avremmo avuto le “fosse comuni” sul litorale di Rimini… di bersaniana espressione.
Riccardo Dietrich via email

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Che noia questo Covid, anche ricominciare la scuola in questo modo è davvero pesante e noioso. Io non ne posso più. Ma chi è che l’ha inventato, i cinesi? È colpa loro?
Benedetto Frigerio Padova

Amico Ben, non lo so se l’hanno “inventato” i cinesi. Ma chiamarlo «chinavirus» come fa Trump non mi sembra poi così scorretto (almeno dal punto di vista geografico).

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Durante i mesi del lockdown ho avuto occasione di contattare via web alcuni dei miei tanti nipoti e ho potuto assistere a varie lezioni a distanza dalla scuola primaria sino all’università. È accaduto che insegnanti e genitori dopo anni di guerra fredda hanno iniziato a relazionarsi scoprendosi accomunati dal desiderio di un destino buono per i loro ragazzi e dall’aver compreso che da soli ci si informa ma insieme si conosce. Infatti quando si è liberi da pregiudizi ideologici si può attingere ad una conoscenza condivisa e collaborativa, ad una nuova interessante alleanza. Ampliando poi il mio orizzonte “familiare” ho constatato che anche nei commenti dei media (giornali, tv e social) sono caduti alcuni tabù ideologici che per anni hanno inquinato la narrazione sulla scuola nel nostro paese e ne hanno impedito la crescita (uno per tutti il rapporto scuola pubblica/scuola paritaria). Con ciò detto, è tutto risolto? Per nulla, c’è un lavoro immane da fare per non ridurre la scuola a banchi e mascherine ma alla principale risorsa per il futuro delle nuove generazione e di tutto il paese. Non è mio compito addentrarmi su come continuare questo processo di rinnovamento, mi pare tuttavia che possiamo prendere atto di un fatto fondamentale: l’accadimento della fiducia, reale cemento di crescita, tra coloro che nella scuola vivono e operano. È un tenue filo rosso , ma tenace fiore nato sul terreno arido delle difficoltà e per questo particolarmente resistente. Ne attendiamo tutti generose fioriture.
Marinella Senn via email

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Carissimo direttore, con ritardo, ma non con meno intensità ed apprezzamento mi congratulo per l’atto di acquisizione della preziosa testata, avvenuto sotto l’egida dei due pilastri della Chiesa e dell’Avvenimento cristiano. Un unico rammarico e, spero auspicio: lo squalo stilograf-fertore, accento mordace irrinunciabile sopra la M. Qualora ricomparisse m’impegnerò a lucrare almeno n° 10 nuovi abbonati… Buon lavoro ed abbracci forti a tutta la redazione, (s)correttore di bozze compreso.
Luigi Cioppi via email

Lo squaletto lo ideò Marco “Cirni” Cirnigliaro all’epoca in cui Tempi non aveva foto, ma solo disegni. L’abbiamo perso in qualche trasloco grafico, ma per dieci abbonamenti il Correttore andrà a caccia.

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