Libertà, persona e comunità. Un manifesto, una responsabilità

Di Giancarlo Cesana - Stefano Parisi
21 Febbraio 2018

Vista la rarità di interventi significativi, riprendiamo e facciamo nostro il documento firmato da Giancarlo Cesana e Stefano Parisi come una indicazione di lavoro, prima, in vista e dopo l’appuntamento del 4 marzo prossimo.

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«Ai miei occhi le società umane, come gli individui, diventano qualcosa solo grazie alla libertà» (A. de Tocqueville)

È stato giustamente osservato che con lo sviluppo della cultura e del costume del mondo occidentale, nelle nostre società l’individuo può trovarsi “nudo”, spogliato delle sue antiche casacche religiose, comunitarie, locali, economiche, familiari, pressoché solo di fronte allo Stato, cui chiede di farsi carico di tutti i suoi bisogni e di tutelarne la libertà. Si tratta però di una libertà ottusa perché disimpegnata, irreggimentata dal politicamente corretto e dominata da un’opinione comune che fa fatica a distinguere il vero dal falso. Così il desiderio, che è il motore dell’agire umano, dell’interesse a sé, agli altri e, perché no, alla politica si appiattisce in «un volontarismo senza respiro e senza orizzonte, senza genialità e senza spazio e un moralismo d’appoggio allo Stato come ultima fonte di consistenza per il flusso umano» (L. Giussani). La politica gridata e il giustizialismo che la pervade sono l’esempio della mancanza di prospettiva al di fuori di un richiamo ossessivo alle regole, che comunque non riescono a essere adeguatamente osservate.

Il principio associativo e lo spirito di aggregazione si sono mostrati – nel corso della storia – come elementi fondativi e “strutturali” della società. Ciò si è espresso attraverso la formazione nelle diverse epoche di “comunità intermedie”, ad indicare «un’ampia serie di raggruppamenti interpersonali che hanno lo scopo di non lasciare solo – e, anzi, proteggere e integrare – il soggetto, l’individuo, o la persona» (P. Grossi). Così la locuzione “corpo intermedio” ha rappresentato gli aggregati che si collocano fra il singolo individuo e lo Stato, nelle sue diverse manifestazioni storiche e politiche. Il valore delle comunità e dei corpi intermedi discende da una scelta antropologica, che privilegia la nozione di persona in contrapposizione a quella di individuo o di collettività. In una prospettiva libera e relazionale, la comunità costituisce il necessario e insostituibile ambito di sviluppo dell’umana libertà e quindi dell’uomo in tutte le sue dimensioni, pubbliche e private.

Il disinteresse per la politica e l’assenza di impegno per tentativi di declinazione dei princìpi, delle concezioni e dei valori che fondano l’esistenza portano all’irrilevanza e alla decadenza di ogni cultura: «Il capolavoro della politica pura è l’asservimento consensuale degli altri, la democrazia degli eterodiretti» (A. Del Noce). Al contrario, le “comunità intermedie”, come espressione del principio associativo, sono l’aspetto dinamico del protagonismo sociale, potenziando la libertà individuale e la sua incidenza sulla società. Comunità di opere sociali, assistenziali ed educative rendono capillarmente e necessariamente presente il primato della società nei confronti dello Stato, e contribuiscono a realizzare il bene comune.

Lo Stato, a prezzo di un dispotismo insopportabile e inefficiente, non può sostituire ciò che emerge dalla vita sociale: è il principio di sussidiarietà, espresso anche nella nostra Carta costituzionale. Il criterio del “più società, meno stato” deve essere ripreso per valutare le diverse offerte politiche. Famiglie, comunità di vita e di lavoro sono modalità di espressione e protezione della persona umana: senza il loro contributo il cittadino resta solo e indifeso, in balìa dei poteri costituiti, delle burocrazie e delle opinioni dominanti. La valorizzazione dei soggetti intermedi permette anche di ripensare – prima ancora della questione della governabilità – quella della rappresentanza, come radicamento sociale e territoriale, effettivo legame tra popolo e, appunto, rappresentanti.

Vogliamo una politica capace di garantire condizioni di vera libertà per tutti, a partire dal valore irriducibile e intangibile della persona umana, alla quale compete la libertà positiva di aggregarsi, creare e costruire il bene comune a cui lo Stato non deve opporsi, ma concorrere. Si tratta di riprendere oggi i capisaldi del popolarismo europeo e sostenere la straordinaria ricchezza e originalità del nostro paese, consapevoli della sua responsabilità in Europa e nel mondo; nel dettaglio:

  • Ribadire il principio di sussidiarietà, come rispetto della persona contro l’invadenza dello Stato, in difesa delle comunità intermedie, a partire dalla famiglia, con adeguate riforme, anche fiscali;
  • La libertà di educazione, per un vero pluralismo delle scuole e nelle scuole e adeguate risorse anche per la ricerca e l’Università;
  • La libertà di contribuire alla creazione di opere sociali in ambito sanitario e assistenziale, nel Welfare in tutte le sue accezioni, anche aziendale e sociale;
  • La difesa dell’identità – anche religiosa – del popolo italiano, così che il dialogo e l’accoglienza sorgano dalla consapevolezza dei propri valori e delle proprie radici;
  • Il riconoscimento delle comunità operative, dei corpi intermedi e della loro rappresentanza, e rappresentatività, per realizzare progetti di bene comune dentro una dinamica di ascolto e dialogo;
  • L’equilibrio dei poteri e il rispetto delle autonomie locali, come emerso dal referendum costituzionale del 2016 e dalle recenti consultazioni in Lombardia e Veneto;
  • L’impegno per un’Europa dei popoli prima che delle burocrazie.

Giancarlo Cesana e Stefano Parisi

Foto monumento da Shutterstock

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