
Scritto con gli occhi
La Coppa Italia e la Dinamo Sassari a casa mia. E io volo!
Cari amici, come si intitolavano quel romanzo e quel film? “E le stelle stanno a guardare”? Beh, le “stelle” hanno guardato bene i “miei ragazzi” quando hanno sollevato al cielo la “mia coppa”! Non vorrei dire, ma mi sono impadronita di questo ambito premio! Direi che me lo sono proprio meritata, per come sostengo i ragazzi anche col pensiero quando non posso fare il tifo al palazzetto. Non potete immaginare quanto abbia stressato il “mio angelo dei desideri” per regalarmi questo ulteriore sogno. La squadra che veniva considerata la “Cenerentola” del gruppo ha sbaragliato tutti.
Da Sassari e dalla Sardegna sono partiti tanti tifosi, compresi i miei amici dei Commando, che mi tenevano aggiornata tramite il gruppo Facebook. Certo, avrei voluto essere con loro per sostenerli, per sentire salire l’adrenalina dell’ultimo canestro, e soprattutto il suono della sirena che decretava la nostra vittoria. Purtroppo, a un malato di Sla questo è impossibile: sapete, noi non possiamo decidere all’ultimo momento nessuno nostro spostamento e anche programmare le nostre uscite è complicato. Ma, come vi ho detto mille volte, i “miracoli” accadono. E, così, anche questa volta. Infatti il mio amico Stefano Sardara, il presidente della Dinamo, ha ancora una volta mantenuto la sua promessa e mi ha portato la coppa a casa. Me l’aveva detto il giorno della semifinale. «Io quella cosa (forse non voleva nominare la “coppa” per scaramanzia), te la voglio portare a casa!». La sua era più di una promessa fatta a un’amica che non poteva seguirli, e sapevo che avrebbe mantenuto la parola data. Avrebbe fatto di tutto per incoraggiare i ragazzi anche per me, affinché vincessero questa importantissima prima coppa Italia. Dite un po’ voi: questa non è una grande amicizia?
Quando poi mi ha mandato una email in cui mi avvisava della loro visita per il sabato mattina, ho cominciato ad agitarmi: i miei ragazzi qui? La mia coppa? Il mio presidente? A casa mia?
Ho volato. Ho letteralmente volato. Ho scoperto che anche i malati di Sla possono volare.
Il destino da qualche tempo a questo parte, mi sta riservando solo grandi sorprese. Forse si è accorto di avermi fatto pagare un prezzo troppo alto in questi 17 anni e mi sta ripagando mandandomi “l’angelo dei desideri” (il mio esiste davvero!) che lavora alacremente per soddisfare tutti i miei sogni, e vi assicuro che sono tanti.
Sabato, quando sono entrati in casa, mi ha preso la tremarella. Meno male che devo stare immobile nel letto, altrimenti scatenavo un terremoto in tutta Sassari. Per primo è entrato Stefano con la coppa in mano e io ero già nell’iperuranio. Poi la mia amica Valentina, i “miei ragazzi” e tutto lo staff. Mentre si sistemavano, il presidente ha detto: «Ecco il tuo preferito», indicando il “capitano” Manuel Vanuzzo che è venuto verso di me e, col solito affetto, mi ha baciata (e qui ho fatto il giro dell’Universo un paio di volte). Quando sono atterrata ero in Paradiso perché mi sono accorta di avere nella mia stanza anche il più grande allenatore di tutti i tempi: Meo Sacchetti! No vabbè, così è troppo, ho pensato, ora mia scoppia il cuore.
Erano belli come il sole, e li ho voluti ammirare per pochi minuti giusto per riprendermi, anche se i miei occhi hanno deciso di “tradirmi” e le lacrime e la forte emozione mi hanno impedito di scrivere col computer. Vedete, cari amici, la Sla ci leva anche la possibilità di nascondere le nostre emozioni. Per esempio, voi quando non volte far capire agli altri che state piangendo potete alzare un braccio e far finta che vi è finito un moscerino in un occhio. Noi, nemmeno quello. Noi siamo sempre in piazza. Quel che proviamo si vede subito. Ma, d’altronde, chisseneimporta, alla fine ce l’ho fatta a dire loro quel che avevo in animo e cioè: «Sono super felice di avervi qui!».
Per smorzare l’emozione, ho subito dato avvio al discorso che avevo preparato e tutti hanno ascoltato con grande attenzione e, in qualche passaggio, li ho fatti anche ridere, ormai mi conoscete, non riesco a “tenere la lingua a cuccia” e quello che sento, devo per forza esternarlo. Appena finito, ho ricevuto un bellissimo applauso, e ha preso la parola il mio amico Stefano che ha detto molte belle parole su di me, che davvero non merito. Così come non merito gli elogi del coatch Meo che ha rincarato così tanto la dose che, alla fine, ero più commossa di prima. Il cuore mi batteva all’impazzata e ho avuto la sensazione che avesse braccia e gambe tanto si agitava!
Il mio sintetizzatore ha suscitato la curiosità di tutti, e i cuginetti Diener mi hanno fatto da angeli custodi per tutto il tempo, uno da una parte e l’altro dall’altra del letto, ma tutti sono stati carini e premurosi con me, come Brian che con tutta la sua mole (credetemi, è proprio grande!) sembrava quasi volermi proteggere quando si e inchinato a parlarmi e poi a salutarmi. Mi hanno portato la loro allegria e la loro gioia, come Drake che ha fatto delle palle di carta e le ha lanciate facendo canestro sui compagni; ognuno caratterialmente diverso dagli altri, mi ha rassicurato e sapevo che quel giorno loro tifavano per me: si erano invertiti i ruoli, non ero io che tifavo per loro, erano loro al mio fianco.
Ho voluto toccare la “mia coppa”. Il contatto è una cosa che manca a noi malati di Sla, non possiamo fare nemmeno una semplice carezza o scambiare con qualcuno una stretta di mano (Stefano, infatti, a un certo punto ha stretto la mia e di questo lo ringrazio di cuore). Tanti piccoli movimenti che per voi sono normali, e che per noi sono impossibili, ho potuo comunque, in qualche modo, realizzarli. E così grazie all’aiuto di mia sorella Immacolata ho potuto accarezzare la mia coppa, vinta grazie al sudore e al talento di un gruppo fantastico di campioni, che io affettuosamente ho ribattezzato le “mie simpatiche canaglie”.
In pagina vedete qualche foto dell’incontro. Bene, sappiate che è solo un centesimo di quelle che ho scattato (lo sapete che sono un a”fissata” delle foto). Abbiamo brindato – pure io con un goccio di spumante – e poi ho concesso ai ragazzi di tornare a casa. Ho concesso loro pure di portarsi a casa la coppa, pensate un po’ come sono generosa. Per ultimo è uscito dalla mia stanza capitan Vanuzzo e questo mi ha fatto enormemente piacere. Beato figliolo, non sapeva che io – approfittando del suo buon cuore – ho cominciato a tempestarlo di tutte le mie solite raccomandazioni: dovete vincere, giocare così e cosà, non mi deludete, eccetera eccetera. Insomma, gli ho fatto una testa tanta. Cosa volete farci, sono gli eccessi a cui porta l’amore per la Dinamo.
Il “mio angelo dei desideri” ancora una volta non mi ha deluso. Grazie Stefano, grazie Meo, grazie allo staff della Dinamo.
GRAZIE “SIMPATICHE CANAGLIE”!
bacioni
Susanna
Articoli correlati
3 commenti
I commenti sono chiusi.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!
Cara Susanna,
lasciami partecipare alla tua gioia, anche se sono solo un mezzo-cagliaritano nato, cresciuto e invecchiante in continente. Ma mia madre, nata a Vallermosa e cresciuta a Cagliari, proprio nella tua Sassari conobbe un brillante tenente di sanità lucchese, rimpatriato coi commilitoni dalla Corsica, dopo l’8 settembre 1943, Guido Guerra, che poi divenne suo marito e mio padre,così che posso dire d’essere un Guerra… nato a causa d’un armistizio!
Scusa la divagazione, spero che i giochi di parole ti rallegrino un po’.
Risponde Susanna: caro giulio, sono sicura amerai la sardegna quanto me e imparerai ad amare la “mia dinamo” perchè io l’amo sin da bambina. la squadra sta crescendo e ci darà tante soddisfazioni! la tua è una bella storia d’amore, che si manifesta sotto tanti aspetti, l’importante è saper cogliere l’amore che ci viene offerto. ti abbraccio susanna
In momenti delicati come questi, la tua bella testimonianza è ossigeno puro per chi la legge. Grazie di cuore, Susanna!
Risponde Susanna: caro antonello, spero i miei racconti siano di speranza per chi legge, io ho speranza nel futuro! non abbandonate mai i vostri sogni, io ne ho uno grande: trovare una cura per la sla. nel frattempo realizzo tutti gli altri. ti abbraccio susanna
Il tuo racconto,la tua cronaca , e’ una Lectio Magistralis ! Grazie 🙂
Risponde Susanna Campus: caro agostino, io racconto solo le mie esperienze e le mie emozioni. cerco di far capire a tante persone che nonostante le nostre grandi difficoltà, ti possono capitare delle cose che ti possono rendere felice, è quello che sta accadendo a me! ti abbraccio susanna