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Her, «attivista per caso» che ha fatto scappare Chen, a tempi.it: «Alla Cina non servono eroi»

Senza di lei, Chen Guangcheng non sarebbe mai riuscito a scappare dal villaggio di Donshigu, dove il regime comunista cinese lo teneva segregato in casa da 19 mesi. È stata lei a portarlo in macchina da Linyi fino a Pechino, dove il dissidente cieco si è poi rifugiato all’ambasciata. La fuga di Chen è cominciata così, con una email arrivata all’attivista Her Peirong: «L’uccellino è scappato, cosa facciamo adesso?». Lei non ci ha pensato su due volte, è salita in macchina e si è diretta verso Linyi. «Potete immaginare che sorpresa quando mi è arrivato il messaggio» dichiara Her a tempi.it, «non riuscivo a crederci». Her, molto conosciuta su Twitter con il nickname @Pearlher, è un’insegnante di inglese di 40 anni e proprio come Chen è «un’attivista per caso». La polizia l’ha tenuta agli arresti domiciliari per una settimana dopo che Chen si è recato all’ospedale di Chaoyang. Per qualche giorno, «vista la mia condizione», ha scelto di non rispondere alle domande di nessun giornalista. Poi la situazione è migliorata e ha scelto di parlare a tempi.it.

Quando hai cominciato a batterti per la liberazione di Chen?
Il 10 gennaio 2011 ho deciso di recarmi da sola al villaggio di Donshigu per fargli visita. Sono stata la prima a provare a visitarlo dopo il suo rilascio (dal carcere, dove ha passato quattro anni e tre mesi per «intralcio del traffico», ndr). Dal 30 maggio al 10 giugno sono tornata. Dopo ho cominciato una campagna per la sua liberazione. Ho semplicemente cercato di rendere il suo caso conosciuto a tutti. Nell’ultimo anno ho realizzato dei filmati insieme all’attivista Guo Yushan, ho invitato centinaia di persone ad andare a trovare Chen e insieme a Rou tangseng e Qianmao ho inventato gli adesivi per auto “Freecgc”, “Chen Guangcheng libero”.

Anche a lei, come a chiunque altro, la polizia ha impedito di entrare in casa di Chen durante le sue visite. Perché proprio lei è stata avvisata per prima quando Chen è scappato?
È vero, io non ho mai visto Chen prima della sua fuga, quando l’ho tirato su in macchina e l’ho portato a Pechino. Ma i suoi amici e i suoi parenti si fidano di me.

Perché ha deciso di lottare e aiutare Chen?
Chen si è sempre battuto per aiutare gli altri, si fida dei suoi amici e loro si fidano di lui. Non potevo lasciare sola una persona come lui nel momento del bisogno.

Come ti sei sentita quando ti è arrivato il messaggio sul telefonino che Chen era scappato?
Non riuscivo a crederci, è stato un’enorme sorpresa.

Come hai fatto a trovare Chen, quando sei andata in macchina fino a Linyi. Avevate un punto di incontro?
No, lui sapeva che sarei arrivata a prenderlo subito fuori da Linyi. Ma niente di più.

Chen è cieco, come ha fatto a riconoscere la tua auto?
Quando l’ho fatto salire mi ha solo chiesto se ero io, Pearl. E mi ha ringraziato.

Lei è un’insegnante di inglese. Si considera una “attivista”. Che cosa significa essere degli “attivisti” nella Cina di oggi?
“Attivista” è un termine molto pericoloso in Cina, io mi definirei una “attivista per caso”. Proprio come Chen. La sua storia è leggendaria perché non è un eroe ma una persona normale e non so se il suo viaggio negli Stati Uniti sarà l’inizio o la fine di una saga.

Battendovi per Chen Guangcheng vi siete battuti perché il cambiamento della Cina. È un obiettivo possibile?
Credo di sì, se sempre più cinesi diventano consapevoli dei loro diritti. La Cina può diventare una democrazia, è un trend che non si può fermare ma dobbiamo avere molta pazienza. La campagna “Freecgc” dimostra che sempre più cinesi, ricchi e appartenenti alla classe media, sono disposti a prestare attenzione al rispetto dei diritti civili e a battersi per la giustizia in Cina.

La fuga di Chen aiuterà la Cina in questo processo?
Credo di sì. Speriamo che le autorità cambino il modo crudele di reprimere i dissidenti. La gente sarà incoraggiata dalla storia di Chen. Se è riuscito a scappare, essendo cieco, dal suo villaggio niente è impossibile. Grazie a lui sempre più gente sarà disposta a lottare per i propri diritti.

Hai mai avuto problemi con la polizia?
Quando sono andata a Donshigu a trovare Chen degli uomini mi hanno rapita, picchiata e derubata. Ma nessun funzionario della polizia mi ha mai toccata. Mi hanno sempre trattata in modo gentile.

Il Partito comunista lascerà andare negli Stati Uniti Chen e la sua famiglia?
Credo che se Chen vuole così, riuscirà a lasciare il paese. Non voglio però parlare di quello che la Cina perde con l’addio di Chen. Se la Cina cambierà, dipenderà dalla capacità delle persone normali di alzare in piedi e gridare forte per i loro diritti e la loro libertà. Non ci servono eroi.

@LeoneGrotti

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