Tremende bazzecole

La Morte-in-vita, il cancro e l’ebola. La scelta di Angelina Jolie e quella di Josephine, la gioia

Angelina Jolie, Chriss Pratt

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)

Samuel Coleridge racconta ne La ballata del vecchio marinaio che due figure terribili si giocarono a dadi le vite di certi marinai, una era Morte e l’altra era Morte-in-vita. Lungo la navigazione della vita irrompe la morte, ma irrompe anche una forza capace di lasciare l’ombra della morte su corpi vivi. Così è la malattia. È una signora tremenda, che invade lo spazio privato del corpo e si mette a comandare; imprime su un corpo vivo segni visibili della sua mortalità. Di fronte a questa dispotica invasione, c’è chi sceglie di sottrarre spazio alla nemica Morte-in-vita prim’ancora che lei faccia la sua mossa. Il mondo intero ha saputo della scelta di Angelina Jolie, che si è fatta rimuovere le ovaie e le tube di Falloppio per paura di ammalarsi di cancro, due anni dopo essersi sottoposta a una doppia mastectomia per lo stesso motivo. La Jolie è affetta da una mutazione in un gene che aumenta in modo elevato la percentuale di possibilità di avere un tumore; a causa di ciò, ha già visto morire la sua mamma, la zia e la nonna.

Un grande dibattito è nato attorno a questa vicenda, in cui forse vale la pena di introdurre anche la storia di Josephine Dolley, a testimonianza simbolica di tutti quei volti che conoscono l’incontro con Morte-in-vita lungo la propria navigazione, senza suscitare la pietà o l’interesse di mezzo mondo.

Un reportage di marzo del Washington Post a firma di Kevin Sieff ripercorre la storia di Josephine e credo che la stessa signora Jolie, così attenta alle cause umanitarie, ascolterebbe la voce di questa donna a cuore aperto. La signora Dolley non ha avuto modo di arginare quel nemico chiamato ebola. Vive tuttora in Liberia, e prima della devastante epidemia aveva un buon lavoro e una famiglia. Un salario al di sopra del livello medio le aveva permesso di accogliere in casa altri ragazzi in difficoltà.

Ebola irrompe, lei si ammala e guarisce, ma perde tutti quelli che ha accanto: il marito Joshua, i suoi due figli e altri 29 parenti. Perde anche lavoro e casa. Eppure lei non procede per sottrazione, bensì per aggiunte. In ospedale ha visto molti bambini rimanere orfani; rimasta sola, ne prende sei a vivere con lei, in una stanza spoglia che certi suoi vicini le hanno lasciato. Si arrabatta a cercare lavoro, la fregano, ma non molla. Anzi, sgrida la vicina di casa che ogni sera si ubriaca e piange; sgrida pure un ragazzo che tenta il suicidio. In chiesa, la signora Dolley canta per la sua comunità; un giorno fanno un gioco prima di pregare: «Scegli una parola che dica chi sei e inizi con la prima lettera del tuo nome». Risponde: io sono Joy (gioia) Josephine.

È ancora là, a tirare avanti per le vie di Monrovia dove l’ombra di ebola è passata, lasciando però un intero paese tra le braccia di Morte-in-vita. C’è da sempre una strada che passa per il Calvario; passa di lì, cioè patisce, e attende anche il frutto eterno che da lì nasce. Come dice la scrittrice Marina Sangiorgi: «Aspetto il giudizio universale. Quando mi sarà ridato il mio corpo originale, autentico, vero. Rivoglio il mio corpo integrale, non un corpo aggiustato, artefatto, tagliuzzato e tumefatto. Lo voglio sano, non risanato. Il mio corpo puro e purificato. Che tenerezza per il mio povero corpo, il mio corpo tenerello, che ora che è malato, è bello».

@AlisaTeggi

Foto Ansa/Ap

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4 commenti

  1. Maurizio

    Che commozione stare di fronte alla storia(nascosta)di Joy Josephine e che tristezza seguire quella di Angiolina Jolie(con tanto di pubblicità mediatica,voluta e cercata)…mi veniva da usare,in realtà,una parola più pesante ma,per il rispetto che va sempre usato verso chi soffre di tali drammi personali,mi trattengo e ricaccio indietro anche il pensiero.Non mi si può impedire,però,un giudizio sul fatto e la mentalità che vi si cela dietro e che si vuol passare come diritto civile e scelta umanitaria!
    La libertà ci é data per il bene non per il male:la vita é come scalare una montagna…ma la montagna nasconde in sé difficoltà,imprevisti e contrattempi che non si possono rimuovere per salire in cima.Occorre affrontarli,avendo una ragione,una motivazione forte,ragionevole,compassionevole che solo la Fede cristiana può dare.Troppo comodo e facile voler appianare tutto per non aver impedimenti alla propria vita personale o professionale:peraltro,senza riuscirvi perché,per quanto ci sforziamo e pretendiamo di costruire la nostra vita a nostra misura…la Morte in vita,come diceva l’articolista con la sua citazione,ci accompagna sempre!Bellissimo e profondamente vero e significativo lo scritto finale della Sangiorgi.Grazie a lei e all’articolista…una ventata di aria fresca,la stessa aria da me sperimentata,un paio d’anni fa,seguendo un carissimo amico(e la sua famiglia)sul calvario di un tumore che in pochi mesi lo ha consumato:neppure se avesse seguito l’esempio della Jolie,ne sarebbe venuto fuori mentre,invece,ho visto una persona,una famiglia vivere con serenità e piena di soeranza e certezza il dramma che la colpiva.La stessa cosa che mi sta accadendo ora,con un altro amico -colpito da un ictus che lo ha reso praticamente”deficiente”a livello cerebrake e conoscitivo.Anche qui lo “spettacolo”di fede-non sbattuto in tv o sui giornali,ma vissuto nel privato,pur se accompagnati da amici-é grande a riprova,ancora una volta della ragionevolezza e umanità della Fede.Liberi gli altri di andare in tv a sbandierare le loro vicende personali,magari presentandosi come paladini di battaglie civili,ma liberi noi di provare tristezza(e pena,ecco la parolaccia!)per loro e di stare accanto-per accomoagnarli-nella loro scelta di vivere,con speranza e certezza,fino in fondo il loro dramma personale.. non censurato o nascosto sotto il letto,ma affrontato di petto..perché si vuole arrivare sulla cima della montagna dove si gode un panorama paradisiaco!!

  2. Iomé

    Approvo la scelta di Angelina Jolie. Al suo posto avrei fatto lo stesso.

    1. Carlo

      Anche io.

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