
Blocco nordista,blocco sociale
La potenza geometrica delle cinque regioni del Nord (Lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria più il Friuli Venezia Giulia che ha votato nel 1998) conquistate e governate dalla neonata Casa delle Libertà è tutta nei numeri: col 35,8 per cento della popolazione italiana totale (20 milioni e 620 abitanti sul totale di 57 milioni e 612 mila), le magnifiche cinque mettono in campo il 40,3 per cento di tutte le imprese (cioè quasi 1 milione e mezzo fra piccole e grandi), producono il 44 per cento di tutto il valore aggiunto (772 mila miliardi di lire), ospitano il 44 per cento di tutti gli sportelli bancari (11.559), detengono il 45,4 per cento di tutti i depositi bancari (445.298 miliardi di lire), presentano il 47,3 per cento di tutti gli occupati (cioè più di 6 milioni e mezzo di unità lavorative) e realizzano addirittura il 60 per cento di tutte le esportazioni (251.322 miliardi di lire).
Anche raffrontate col resto dell’Europa le cinque regioni fanno una figura scintillante: il loro prodotto lordo pro capite a parità di potere d’acquisto sta fra il 100 e il 125 per cento della media dell’Unione Europea nel caso di Piemonte, Veneto e Liguria, e sopra il 125 per cento nel caso della Lombardia e del Friuli Venezia Giulia. Fra le altre regioni italiane solo l’Emilia-Romagna e le regioni a statuto speciale di Trentino-Alto Adige e Val d’Aosta si ritrovano a questi stessi livelli.
Benessere nordeuropeo, infrastrutture africane Non è invece affatto europea la loro dotazione infrastrutturale. Lungo i 500 km di latitudine che in linea d’aria vanno da Ventimiglia a Trieste i chilometri di autostrada equivalgono ad appena il 33,6 per cento del totale, e quelli di strade statali addirittura al 23,9, mentre i veicoli circolanti sono il 38 per cento del totale. Per quanto riguarda il sistema ferroviario, basti l’esempio della Lombardia: la più importante e popolosa regione italiana è dotata di 0,065 km di ferrovie per kmq, mentre la Baviera ne registra 0,098, l’Ile-de-France 0,142, Vienna 0,427 e Bruxelles 0,86.
Perché queste cinque regioni sono quello che sono e perché oggi compiono all’unisono un’opzione politica così netta? Raffaele Cattaneo, responsabile per l’attuazione del programma della Giunta Formigoni nel 1995-2000, ha la risposta pronta: “Perché sono l’espressione del blocco sociale che ha le sue radici nel tessuto della Piccola e Media Impresa (PMI) dei “distretti industriali” (aree produttive omogenee come quella del mobile in Brianza, della seta nel comasca, ecc. – ndr), la quale non è solo una realtà economica, ma anche un certo modo di intendere la famiglia e l’impresa. La novità di oggi è che questo blocco sociale fatto di imprese familiari, che in passato ha rappresentato una classe dirigente economica disimpegnata rispetto alla politica, adesso ha deciso di candidarsi direttamente alla rappresentanza politica e di esercitare direttamente la funzione di governo. Per la prima volta questo mondo fa politica senza mediazioni, e lo fa in barba alla grande impresa e ai sindacati: tanto è vero che la fa in partiti boicottati da sindacati e grande impresa, Forza Italia e la Lega. Questo fatto nuovo pone fine al vuoto di rappresentanza politica determinato dalla crisi del CAF: il blocco sociale della PMI si è riconosciuto nel CAF fino a quando questo non si è dimostrato incapace di dare risposte politiche alle sue esigenze e non si è lasciato andare alle stangate fiscali. E tuttavia questo mondo non ha a cuore solo l’interesse economico, ma anche il sociale: non a caso i suoi rappresentanti politici, come Formigoni, si sono dimostrati più capaci di quelli di sinistra di dare risposte in termini di servizi sanitari, politiche sociali, strutture per gli anziani, politiche della famiglia e della scuola. La capacità di coniugare sviluppo e solidarietà è tipico di questo modello socio-economico-culturale che è il modello dei “distretti industriali” lombardi e del Nord-Est: si pratica la concorrenza verso l’esterno, ma ci si aiuta fra produttori della stessa zona”.
E adesso macroregioni e federalismo fiscale Per Robi Ronza, grande esperto di geografia politica ed economica, un ruolo importante nell’opzione politica delle regioni del nord ce l’ha la sordità e scarsa disponibilità romana nei riguardi del deficit infrastrutturale e delle nuove realtà del contesto internazionale: “Dopo la caduta del muro di Berlino, le relazioni fra Ovest ed Est si sono incrementate, ma il governo nazionale non fa nulla per facilitare questa dinamica. Non è un caso che non solo l’Italia settentrionale, attraversata longitudinalmente dal movimento di merci e capitali fra Est ed Ovest, ma anche la Puglia abbia votato contro il governo nazionale: i pugliesi, come i veneti e i lombardi. Sono queste le regioni che per cogliere in positivo le nuove potenzialità dovrebbero poter fare liberamente una politica transfrontaliera del commercio, del lavoro e dei capitali molto flessibile, e sviluppare le infrastrutture del trasporto terrestre e marittimo. Ma il governo continua a ignorare i grandi progetti e i grandi sviluppi del trasporto europeo: il progetto di una tratta ferroviaria veloce ad Alta Capacità che da Barcellona e Lione raggiunga le capitali dell’Est e dei Balcani attraversando il Nord Italia e le conseguenze di Alp Transit, il nuovo traforo del Gottardo realizzato dagli svizzeri che modificherà i flussi di merci fra nord e sud dell’Europa”.
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