
Bitcoin. Un altro furto e un’altra banca che fallisce. Ma il sistema non era sicuro?
La conferma che comprare bitcoin non è uno dei metodi più sicuri del globo per difendere le proprie finanze da ladri e speculazioni – come sostengono invece i promoter della valuta virtuale – arriva a pochi giorni di distanza del crack da 350 milioni di dollari di Mt.Gox. Dopo il fallimento della più grande piattaforma di scambio di monete virtuali e membro influente della Fondazione Bitcoin, Mt.Gox, a essere ripulita domenica da un attacco hacker è stata Flexicoin. La banca canadese, per mancanza di risorse economiche, è stata costretta a chiudere i battenti.
FURTO DA 600 MILA DOLLARI. La somma sottratta al caveau virtuale di Flexicoin, ha informato l’azienda in un comunicato stampa, è pari 896 bitcoin, circa 600 mila dollari. Una cifra di poco conto, se paragonata ai 350 milioni svaniti nel nulla con Mt. Gox e il suo proprietario, che però mette in risalto i problemi di sicurezza del sistema bitcoin. L’azienda ha comunque dichiarato che non tutti i beni della società sono stati rubati. Flexcoin ha tenuto parte dei suoi bitcoin in “celle frigorifere”, ovvero dispositivi non connessi a Internet, su richiesta di quegli utenti che hanno pagato una tassa di “stoccaggio” pari allo 0,5 per cento della somma versata. Flexicoin ha promesso di restituire tutte le monete ai legittimi proprietari.
ATTACCHI HACKER. Appena sei giorni fa, l’azienda che ora ha chiesto l’aiuto delle autorità per trovare l’autore del furto, si vantava di essere indenne dai problemi che hanno portato Mt.Gox alla chiusura. Lo stesso giorno in cui Flexicoin dichiarava la sicurezza del sistema bitcoin, l’azienda è stata ripulita. E non è stata la sola. Anche Poloniex, un’altra banca che commercia la moneta virtuale, ha ammesso di aver subito un furto e che il 12,3 per cento delle sue riserve sono state rubate da hacker. Diverse altre aziende bitcoin hanno subito attacchi hacker in questi mesi. Bitcoinc, Inputs.io e MyBitcoin sono stati violati e hanno peso migliaia di bitcoin.
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2 commenti
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Già le prime tre righe fanno storcere il naso, non parliamo poi del titolo.
Una banca che fallisce? Gox era un exchange, nulla a che vedere con una banca. Paragonereste mai un mercato (quelli di paese per intenderci) ad una banca? Io non lo farei ed è una metafora molto interessante per capire la mia precisazione.
Parliamo poi delle prime tre righe:
“La conferma che comprare bitcoin non è uno dei metodi più sicuri del globo per difendere le proprie finanze da ladri e speculazioni […]”
Parliamone. Forse è vero o forse no, il problema è non far coincidere il crollo di Gox con l’affermazione. In questo caso sarebbe una considerazione completamente errata ed estremamente maliziosa.
Articolo un po’ così così se mi permettete. Sarei curioso di conoscere il livello di preparazione dell’autore riguardo il protocollo e la community (leggasi anche come insieme di servizi ad essa legata).
Un saluto,
Luca.
I bitcoin non sono fatti per essere tenuti in “banca”. Uno dei principi ispiratori delle crittovalute è proprio quello dell’eliminazione degli intermediari, banche in primis.
Chi tiene le proprie chiavi private in un “cold storage” (che non ha niente a che fare con una “cella frigorifera”!!!) dorme sonni tranquilli, e sorride alla superficialità di queste “notizie”.