«Non può governare con una penna e un telefono, signor presidente»

Di Leone Grotti
29 Gennaio 2021
Biden ha stabilito il record di ordini esecutivi nella prima settimana, ma per far passare le sue riforme avrà bisogno di leggi. Ma, senza il Senato, o tratta o sgancia «l'opzione nucleare»
joe biden casa bianca usa

«Non può governare con una penna e un telefono, signor presidente». È solo un tweet, ma in poche parole la senatrice repubblicana Marsha Blackburn ha colpito nel segno. Nella sua prima settimana alla Casa Bianca, Joe Biden ha firmato quasi 40 tra ordini esecutivi (22), atti e memorandum riguardanti temi spinosi come aborto, immigrazione e diritti lgbt. Un record assoluto (Trump ne aveva firmati 4, Obama 5, Bush nessuno, per fare un paragone) che da un lato dimostra come il democratico sia meno interessato all’unità di quanto abbia fatto credere nel suo discorso inaugurale, visto che quasi tutti gli ordini esecutivi che ha firmato cancellano misure decise dal suo predecessore, dall’altro evidenzia la debolezza del presidente, che non ha una maggioranza qualificata al Congresso.

BIDEN HA BISOGNO DI LEGGI, NON DI ORDINI ESECUTIVI

Il Senato, infatti, è diviso a metà tra repubblicani e democratici (50 e 50), che hanno però la possibilità di ottenere la maggioranza semplice grazie al voto della vicepresidente Kamala Harris. Ma per far passare le leggi al Senato servono 60 voti: scendere a compromessi con i repubblicani, dunque, sarà un imperativo per Biden. Se gli ordini esecutivi permettono di lanciare subito un segnale al paese, nota l’Associated Press, possono essere facilmente bloccati dai giudici, come avvenuto per la moratoria di 100 giorni alla deportazione di immigrati irregolari avanzata da Biden e stoppata dal giudice federale Drew Tipton, secondo cui la misura «non ha nessuna giustificazione ragionevole e concreta». Inoltre, gli ordini esecutivi possono essere facilmente cancellati dai successori, proprio come ha fatto il democratico con il tycoon. Ecco perché Biden, se vuole lasciare un’eredità sui temi che gli stanno più a cuore, l’emergenza sanitaria e quella climatica, dovrà riuscire a far passare delle leggi. E qui iniziano i problemi.

Biden ha lanciato e lancerà a breve due piani ambiziosi: 1) la sua personale versione del Green New Deal, nome che non piace al democratico perché screditato agli occhi dell’opinione pubblica, che prevede investimenti fino a duemila miliardi di dollari in progetti legati alla transizione sostenibile verso il massiccio utilizzo di energie rinnovabili; e 2) un piano di aiuti e sussidi per contrastare le conseguenze sanitarie ed economiche della pandemia da 1,9 triliardi di dollari. Entrambi hanno bisogno dell’approvazione del Senato per passare e il presidente dovrà quindi mettere da parte il libro dei sogni e sporcarsi le mani con faticose trattative.

CAMBIARE LE REGOLE DEL GIOCO

Negli ambienti liberal, però, sono in tanti a chiedere al presidente di non ridurre le sue ambizioni per ottenere i voti dei repubblicani. «Il Senato è cambiato rispetto a prima», ha dichiarato ad esempio il senatore democratico Ed Markey. «Ormai è impossibile portare avanti i grandi temi e non si può avere nostalgia dei tempi andati perché il Senato non tornerà più quello di un tempo».

Il senso delle parole di Markey, spiega il New York Times, è semplice: Biden deve modificare i regolamenti che consentono di fare ostruzionismo al Congresso perché sia possibile approvare leggi con la sola maggioranza semplice (la cosiddetta «opzione nucleare»). In linea teorica, il partito democratico potrebbe approvare una simile modifica ma avrebbe bisogno dell’appoggio di tutti gli eletti. E ci sono almeno due senatori, Joe Manchin III del West Virginia e Kyrsten Sinema dell’Arizona, che non vogliono neanche sentirne parlare. «Quante possibilità ci sono che io cambi idea sulla modifica delle regole?», ha affermato pochi giorni fa Manchin: «Neanche una». Un portavoce di Sinema ha fatto pervenire al Washington Post lo stesso messaggio: «La senatrice non cambierà mai idea».

BIDEN VUOLE DAVVERO «L’UNITÀ»?

In tanti temono infatti che cambiare le regole sia un boomerang e «che senza la possibilità di fare ostruzionismo i democratici si troveranno senza armi la prossima volta che i repubblicani controlleranno il Senato». Durante le primarie democratiche, Biden ha più volte ribadito di non avere intenzione di muoversi in questa direzione. È proprio la possibilità di fare ostruzionismo, ad esempio, che ha impedito a Trump di abolire l’Obamacare come più volte promesso, anche se attraverso la riforma fiscale è riuscito a disinnescare i punti più problematici della legge obamiana (non ha potuto cancellare la sanzione per chi non si dota di assicurazione sanitaria, ma ne ha ridotto a zero dollari l’importo).

Se per ora il partito democratico è diviso al suo interno e Biden vuole mostrarsi conciliante, gli ambienti democratici più progressisti sono convinti che il presidente cambierà idea quando si renderà conto di non avere alcuna possibilità di far passare le sue «riforme monumentali», soprattutto per quanto riguarda il contrasto ai cambiamenti climatici. Se però il nuovo inquilino della Casa Bianca facesse una giravolta, butterebbe alle ortiche tutti i bei discorsi fatti in merito all’unità e alla necessità di sanare le divisioni tra gli americani, mostrando che si trattava di fatto di banale retorica.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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