Bertolaso: «Così la Protezione civile non funziona. Serve l’uomo solo al comando»

Di Redazione
30 Gennaio 2017
«Alcuni direttori di testate importantissime vennero da me a dirmi: "L'abbiamo dovuta massacrare perché lei era l'unico in grado di prendere il posto di Berlusconi in politica"»

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Pubblichiamo di seguito l’intervista rilasciata da Guido Bertolaso, dal 2001 al 2010 a capo della Protezione civile, a Giovanni Minoli durante la puntata del 29 gennaio (qui il video dal minuto 29) del programma Faccia a Faccia. I problemi trattati nel dialogo saranno ripresi anche nel prossimo numero di Tempi, da giovedì in edicola.

Il governo Berlusconi nel 2010 aveva destinato alla Protezione civile 2 miliardi. Adesso ci sono meno di 400 milioni. Erano troppi i 2 miliardi o sono pochi i 380 milioni della finanziaria di Matteo Renzi?
I 2 miliardi servivano per cominciare a ricostruire dopo il drammatico terremoto dell’Aquila e dell’Abruzzo. C’erano i soldi per intervenire in emergenza, in tutte le situazioni critiche del Paese e per la ricostruzione. I soldi che sono stati assegnati alla Protezione civile immagino che siano solo per le emergenze, non certo per la ricostruzione dei territori colpiti dai terremoti di questi ultimi mesi.

Si può dire che questo è il segno della normalizzazione che si è voluta fare sulle spalle della Protezione civile dopo la sua uscita?
È uno dei tanti segni di una serie di provvedimenti scellerati che sono stati presi nel corso degli anni dai diversi governi, durante le diverse legislature, e che hanno messo in condizioni di non poter agire come dovrebbe il sistema nazionale di Protezione civile, in particolare il dipartimento nazionale: composto da gente valida che si è formata con me, durante le emergenze, ma che oggi non hanno più quella capacità, quella possibilità, quel potere d’intervento che c’era una volta.

Cosa ha garantito l’efficenza della sua Protezione civile nelle varie emergenze?
Un tavolo con tutti i vertici del sistema Italia: forze dell’ordine, forze armate, il mondo del volontariato, gli enti locali, l’Anas, l’Enel e naturalmente i Vigili del Fuoco. Tutti attorno al tavolo dopo un’ora dalla tragedia.

È quello che non c’è stato adesso?
Oggi c’è una risposta meno pronta, meno determinata e meno convinta a livello di vertici. Si mandano le seconde linee, le terze linee, perché si pensa che lavorare con la Protezione civile non sia più quell’attività efficace, importante e onorevole che esiste da tempo.

All’epoca la Protezione civile sembrava come la Madonna: risolveva tutti i problemi.
In un Paese fragile, in un Paese con mille difficoltà, con mille situazioni critiche mi sembrava che fosse un servizio che si rende al Paese, dall’ultimo dei sindaci al primo dei Presidenti del consiglio, attraverso tutti i cittadini del nostro Paese. Chiedevano di non essere lasciati soli per le situazioni più diverse. Pensavo fosse utile, da medico, intervenire laddove venivamo chiamati.

Bertolaso, ha ancora pendenze con la giustizia?
Sì, non sono ancora stato prosciolto da tutte le accuse per la Maddalena, mentre sono stato archiviato per tutte le altre vicende e assolto per quell’accusa infame di omicidio colposo per l’Aquila. Il processo della Maddalena è prescritto, ma come è noto ho rinunciato alla prescrizione e ho piena fiducia nella Corte. Fra qualche mese conosceremo l’esito di quella sentenza.

La Protezione civile è stata azzerata dopo la sua uscita.
La Protezione civile è stata accusata, quella guidata da me, di aver speso tanti soldi per i terremotati e di aver fatto delle case molto belle ecc. ecc. Abbiamo cercato di coccolare gli aquilani dopo quel terribile terremoto. Li abbiamo messi in condizione di vivere tranquilli. Quelle case anti-sismiche, oggi, vengono rioccupate da tutte quelle persone che hanno paura di tornare nelle loro case a causa delle continue scosse sismiche.

La riduzione dei finanziamenti è stato il danno maggiore?
No, il danno maggiore è stato quello di ridurre la credibilità.

Senza responsabilità non ci può essere comando? L’emergenza non si coniuga con la democrazia?
Nel modo più assoluto. Nell’emergenza ci vuole un uomo solo al comando che si prende tutte le responsabilità e che coordina una squadra come se fosse una grande orchestra. Ci vuole questa metodologia e se qualcuno sbaglia, paga. Se invece le cose funzionano è il sistema che si prende il merito. Ho ricevuto tre medaglie d’oro al merito civile.

Adesso Renzi ha messo due persone alla Protezione civile: un direttore per le emergenze e un commissario alla ricostruzione. Ha un senso?
No, perché non si capisce più chi comanda. Ci deve essere una sola persona che prende le decisioni. E parlare oggi di ricostruzione, in quei territori così martoriati, dove la gente ancora non sa cosa accadrà domani mattina, mi sembra un po irrealistico e molto demagogico. Serve una Protezione civile forte, capace, aggressiva e guidata da una sola persona in grado di essere ovunque senza lasciare nessuno da solo. Qui, dopo diversi giorni, alcune frazioni sono ancora isolate.

Lei ha detto che la Protezione civile di Renzi è tutto un errore. Per questi motivi?
Non è tutta un errore. Ho detto che questo dualismo è stato sicuramente deleterio in un momento di grande emergenza, di grande impegno da parte di tutto il sistema. Ma se tutto il sistema non si riconosce in un metodo, in una persona, in una leadership, la macchina non va avanti.

Il presidente Gentiloni, dopo l’ultima tragedia, ha detto che «dobbiamo essere più veloci. E per esserlo dobbiamo dare poteri più efficaci e straordinari». Insomma da Bertolaso a Bertolaso?
Gentiloni ha fatto il ministro con il governo Prodi, conosce la problematica, viene da quelle regioni e dà ragione a quelle che sono state le mie preoccupazioni di questi giorni.

Per fare fuori lei si è distrutto tutto.
Certamente.

Ma adesso ha capito chi è stato l’assassino?
Si dice il peccato non si dice il peccatore. È stato il sistema politico con la connivenza dei grandi mass media. Lei sa benissimo che alcuni direttori di testate importantissime vennero da me a dirmi: “Caro Bertolaso, l’abbiamo dovuta massacrare perché lei era l’unico in grado di prendere il posto di Silvio Berlusconi in politica”. Questo mi è stato detto chiaro e tondo, ovviamente in camera caritatis.

E adesso da dove si riparte?
Si riparte da Fabrizo Curcio, da un dipartimento nazionale riorganizzato con il pieno supporto della politica e del governo e con il presidente del Consiglio che deve fare le ordinanze e provvedimenti per dare poi, al dipartimento, la possibilità di essere efficace come in passato.

Il grande errore è stato quello di inserire anche i grandi eventi dentro la Protezione civile. I grandi eventi si possono pianificare, non sono emergenza.
Si veniva dall’esperienza del Giubileo del 2000 che era stato positivo e dal disastro del G8 di Genova, con la morte del povero Giuliani. Il decreto legge del 2001 non prevedeva i grandi eventi, il governo alla fine ha subito l’emendamento parlamentare. E tutte le volte che abbiamo fatto interventi di emergenza, non siamo mai andati in deroga alle normative vigenti. Tutte le case, scuole, biblioteche fatte all’Aquila rispettano le leggi della contabilità e degli appalti.

Possiamo dire che i grandi eventi sono stati comunque un equivoco?
Certamente un errore ma non è stato voluto da noi.

Ci si lamenta della burocrazia perché uccide. Ma come si combatte?
Mettendo da parte gli enti locali. Le Regioni non devono avere competenze nell’ambito della gestione delle emergenze.

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