
Bernardini: «Noi radicali siamo garantisti, a differenza del Pd»
Mercoledì i radicali non hanno votato la mozione di sfiducia presentata dal Pd contro il ministro Saverio Romano. A prescindere dal voto dei radicali, in realtà i numeri già dicevano che la maggioranza avrebbe vinto, e così è avvenuto. Al momento del voto, il gruppo dei radicali ha manifestato al grido di “Amnistia!”, con dei cartelloni in cui chiedevano un’apertura sulla proposta presentata al Senato, e bocciata, appunto di un’amnistia per la grave situazione delle carceri. Giovedì i sei deputati sono stati convocati dai vertici del Pd. Tempi.it ha chiesto a una testimone oculare di raccontare cos’è successo in quell’incontro, e che aria si respira in Parlamento dopo la bufera mediatica che si è innescata sulla reazione del Pd.
On. Rita Bernardini, con l’astensione del voto…
No, è più corretto dire “non partecipazione”. Astensione è sbagliato.
Con la non partecipazione al voto di sfiducia a Saverio Romano avete scatenato un bel casino. Ma almeno siete riusciti ad ottenere qualcosa per l’amnistia, dopo che la vostra giusta proposta era stata appena bocciata al Senato?
Spero che ci si occupi più di questo problema che abbiamo sollevato, che non ci sembra proprio secondario.
Sì ma nei fatti, che cosa sta succedendo dopo la baraonda che avete scatenato? Che aria si respira tra i suoi colleghi deputati e senatori sul tema amnistia?
Sinceramente? Per il momento c’è stato solo qualche secondo in più di attenzione sul tema delle carceri. Oggi il Pd non può più lavarsi le mani sul tema giustizia, nel momento in cui c’è una costante violazione dei diritti umani non solo in tutte le carceri ma anche per tutte le norme più elementari. Quando parliamo di 3 milioni e mezzo di processati arretrati con una media di 183 mila prescrizioni l’anno (una media calcolata sugli ultimi 10 anni), significa che il sistema giustizia non funziona perché è troppo lento e costoso. I processi funzionano oggi solo per quei pochi che possono pagarseli: non dimentichiamo che per l’eccessiva durata dei processi siamo stati condannati più di mille volte dall’Europa. Così come ci sono in continuazione sentenze che arrivano da Strasburgo contro le situazioni disumane e degradanti in cui versano le nostre carceri. Sono gli stessi direttori, agenti di polizia, educatori, e persino i politici che entrano in carcere a dire che vengono trasgrediti i più elementari diritti. Le cose si vedono in modo lampante: eppure Anna Finocchiaro, capogruppo Pd al senato, e il ministro della Giustizia Nitto Palma dicono che non ci sono le condizioni per l’indulto. Non c’erano nemmeno quando nel 2000 il Papa si pronunciò a favore dell’amnistia. Dopo cinque anni di lotte, siamo arrivati alla marcia cui partecipò Napolitano, che anche adesso, di nuovo, ci ha sostenuto. Se sappiamo che le condizioni sono così gravi per cui in carcere ci sono 67 mila sequestrati, le condizioni politiche si creano. Io, con Marco Pannella e Irene Testa, stiamo facendo lo sciopero della fame (Pannella anche della sete); alla prima discussione al Senato la settimana scorsa ci sono state numerose aperture nel Pd e nel Pdl. E poi la chiusura. Loro non sanno che cosa sia la lotta politica.
Loro chi?
Nitto Palma, la Finocchiaro e chi si è astenuto alla nostra mozione.
Adesso che succederà alla proposta per l’amnistia?
La convocazione straordinaria del Senato è avvenuta in base all’articolo 62 della Costituzione, che prevede anche che in conseguenza alla prima sia convocata anche l’altra Camera. Stiamo aspettando quindi la convocazione, prevista dalla legge, anche a Palazzo Madama. Inoltre abbiamo già raccolto le firme tra i deputati.
Intanto siete stati convocati dal “soviet” dei dirigenti del Pd. Lei era presente: che cosa è successo?
La cosa incredibile è che solo ora si sono accorti che il gruppo dei sei deputati radicali è autosospeso da oltre un anno. Quando siamo stati convocati Franceschini ha esordito: «Eh, qui c’è un problema politico…». «Bene – abbiamo replicato noi – allora è il caso che si parlino i vertici dei due partiti». A dire il vero, circa un anno fa c’era stato un incontro tra i massimi dirigenti del partito radicale e quelli del Pd. A quell’incontro c’erano tutti: Bersani, Violante… Eravamo d’accordo che ci saremmo visti, avremmo lavorato a delle iniziative comuni. Lei dopo li ha più sentiti? Noi no. E quando parlano di alleanze politiche oggi, non ci citano. Forse perché siamo stati troppo leali? O perché preferiscono quelli alla Di Pietro?
E come sono quelli alla Di Pietro, scusi?
Quelli che non rispettano i patti elettorali. Di Pietro ha detto che avrebbe fatto gruppo unico col Pd, ma l’Idv ha il suo gruppetto. E questo vale anche per le diverse posizioni che abbiamo sulla giustizia forse, anche se dentro al Pd ci sono molte voci invece più vicine alle nostre.
Filippo Facci scrive: «Al Pd i radicali stanno sulle palle». Titolo dell’articolo: “Ma cosa ci fanno i radicali ancora con il Pd?». Le giro la domanda: che ci fate voi con un Pd dominato sempre più dalla tendenza manettara?
Nel Pd ci sono tanti magistrati ma va anche detto che ci sono pure tante persone non manettare. Il problema è il peso che ha sul Pd l’Associazione nazionale magistrati. Siamo col Pd per lottare, noi il vero Partito democratico lo vogliamo, ma se non ci vogliono prenderemo atto di questo. Quando ci inventammo l’iniziativa Ferragosto in carcere, decine di parlamentari del Pd aderirono di slancio e per moltissimi di loro era la prima volta che entravano in carcere. Non credo che questo abbia fatto male al partito, anzi.
Veniamo al voto di sfiducia a Romano: la si chiede per un politico che in ogni caso ancora non è stato rinviato a giudizio. Questo non fa un po’ a pugni con il vostro pensiero sulla giustizia, più garantista? Eppure non è stato il primo voto di sfiducia, e agli altri avete partecipato.
Credo che abbiamo dimostrato il massimo garantismo, ma non apprezziamo la scelta politica di molte persone dentro il governo. Ripeto: la nostra scelta è stata una manifestazione profondamente politica davanti all’ennesima proposta di sfiducia fatta dal Pd, che sa però già matematicamente che con la sfiducia finisce per ricompattare la maggioranza. Allora di fronte a un atteggiamento superfluo che poi danneggia l’opposizione, noi non partecipiamo al voto. Per noi ciò significa anche distinguerci sia dal centrodestra che dal centrosinistra, che sul tema della giustizia si stanno comportando nella stessa identica materia, perché una riforma della giustizia non la vogliono. E sulle cose che contano la pensano allo stesso modo: persino sul voto delle liberalizzazioni delle professioni mediche è successo la stessa cosa.
Si è parlato anche di “macchinetta del fango” nei confronti dei radicali. Dicono che non avete votato perché vi siete accordati con il Pdl, per avere i finanziamenti a Radio radicale. Cosa risponde?
Occorre risposta? Oggi se uno vuole una memoria storica del nostro Paese la può trovare nell’archivio di Radio radicale. Ed è un archivio di storia senza sbianchettature.
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