
Beppe Grillo non muove al riso
Daniele Luttazzi non è l’unico caso di comico italiano alle prese con una crisi di identità. Molto prima che il ragazzo di Santarcangelo di Romagna si scoprisse un’insopprimibile vocazione a vestire i panni del killer, un suo più famoso (almeno fino all’altro ieri) collega aveva deciso di attraversare la barriera spazio-temporale che separa la satira di costume dalle invettive epocali, e quindi l’umorista dal profeta. Stiamo parlando di Beppe Grillo da Genova, fustigatore di economia e tecnologia moderne, pauperista con yacht incorporato. Che si tratti di finanza internazionale, mercato globale, organismi geneticamente modificati (Ogm), Grillo è sempre pronto a distillare i suoi arguti giudizi. Soprattutto sugli Ogm. Se, per esempio, state esaminando con comprensibile spleen quanto siano depressi i corsi del vostro personale listino azionario su Kataweb Finanza, all’improvviso vi apparirà un banner col volto stralunato del comico genovese. Cliccate, e sarete trasportati direttamente dalle piazze finanziarie al testo di una lunga tirata antitransgenico dove si legge anche questo: «A volte gli ingegneri molecolari cercano di fare cose che sembrano sensate. Sembrano. Per esempio un riso transgenico con vitamina A, quella che normalmente sta nelle carote e nei pomodori. Ma non è più semplice farsi un bel risotto con le carote o i pomodori? E non ci avrà i suoi buoni motivi il riso per non avere la vitamina A? Il buon motivo degli ingegneri è che mentre gli indonesiani il riso e le carote naturali ce li hanno già, le sementi artificiali del riso vitaminizzato dovrebbero comprarle ogni anno dagli ingegneri statunitensi». I denutriti asiatici (non solo gli indonesiani) coltiverebbero volentieri carote e pomodori accanto al riso se ne avessero lo spazio. Ma con le densità di popolazione più alte del mondo (paragonate i 191 abitanti per kmq dell’Italia con gli 846 del Bangladesh, gli 882 dell’isola di Giava in Indonesia, i 504 della Cina dell’est, i 300 dell’India), i terreni già sfruttati al limite estremo (73 per cento del territorio occupato da ecosistemi agricoli in Asia meridionale contro una media mondiale del 27,8 per cento) e rendimenti per ettaro difficilmente incrementabili («le coltivazioni di riso, grano e mais in Asia sono già tra le più produttive del mondo», rapporto Ifpri 2000), cosa possono fare? Disboscare anche il Borneo? Grillo e soci non apprezzerebbero. Suicidarsi? Non è necessario, basta lasciarsi morire d’inedia, come già accade. Se fosse introdotto il riso alla vitamina A (che è stato messo a punto da un ente svizzero non profit che non fa pagare diritti di brevetto, dunque non c’è bisogno degli americani), da subito potrebbero essere prevenuti 1-2 milioni di decessi fra i bambini asiatici sotto i cinque anni. Ma prima bisogna chiedere il permesso a Grillo e ai suoi amici di Seattle.
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