Sono stupidi o in malafede?

Di Emanuele Boffi
09 Febbraio 2022
Benedetto XVI scrive una lettera per respingere le accuse di aver coperto dei preti pedofili e i nostri quotidiani dicono che ha fatto "mea culpa"
Benedetto XVI

Sono stupidi o in malafede? A leggere oggi i titoli in prima pagina di Corriere, Stampa e Repubblica, il dubbio viene. Volendo escludere, fino a prova contraria, la prima ipotesi, resta la seconda. Corriere della sera: “Ratzinger: chiedo perdono”. Stampa: “Il mea culpa di Ratzinger sui preti pedofili”. Repubblica: “Il mea culpa di Ratzinger”. (Sui giornali esteri, invece, troverete articoli la cui titolazione ha un senso diverso, che potremmo riassumere così: “Benedetto chiede scusa ma ricorda di non aver fatto niente”).

Qual è la notizia?

Ieri il Papa emerito ha smentito con una lettera di avere coperto i sacerdoti accusati di abusi sessuali quando era arcivescovo di Monaco. Il senso della sua missiva è quello, per chi abbia l’onestà di riconoscerlo. Allegata alla lettera c’è poi una puntuale smentita dei fatti da parte dei suoi legali.

La “notizia”, dunque, è questa, altro che “mea culpa”. Ma i nostri maggiori quotidiani giocano sull’equivoco, facendo passare per “richiesta di perdono” (sugli abusi) quel che invece Benedetto XVI riferisce alla svista dei suoi collaboratori che, in un primo momento, avevano dichiarato la sua non presenza alla riunione in cui si discusse il caso di un sacerdote. 

La copertina del numero di febbraio 2022 di Tempi, dedicata a Benedetto XVI e al pedofilia nella Chiesa
La copertina del numero di febbraio 2022 di Tempi, dedicata a Benedetto XVI e alla pedofilia nella Chiesa

L’errore e la bugia

Capito il giochino? Che i nostri quotidiani si prestino al fraintendimento è una cosa vergognosa. Almeno il Corriere riporta per intero la lettera di Ratzinger e, nel testo dell’articolo del vaticanista Gian Guido Vecchi, elenca onestamente la realtà dei fatti. C’è poi un’intervista all’arcivescovo Georg Gänswein, segretario personale di Benedetto, in cui si rimettono in fila per bene gli eventi e in cui si spiega che «si deve distinguere tra commettere un errore e mentire». Appunto.

Dice poi Gänswein: «C’è una corrente che vuole proprio distruggerne la persona e l’operato. Non ha mai amato la sua persona, la sua teologia, il suo Pontificato. E adesso c’è un’occasione ideale di fare i conti, come la ricerca di una damnatio memoriae. Molti purtroppo si lasciano ingannare da questo attacco vile, c’è tanto fango. Una cosa triste». E, a proposito della svista: «Si è trattato chiaramente di un errore redazionale, non intenzionale, Benedetto ne era molto dispiaciuto. Ma resta il fatto che un errore e una bugia sono due realtà diverse. E la sostanza non cambia. Gli stessi autori del rapporto hanno risposto che non ci sono “prove”. Non possono esserci».

Il mea culpa non basta

La lettera di Benedetto XVI rivela la profondità della sua anima. Il finale è strepitoso, per chi abbia un minimo di sensibilità umana: è un uomo che tutto quel che fa e dice, lo fa davanti a Dio. Ma se un lettore sfoglia le pagine di Repubblica e Stampa, tutto questo non lo trova.

Trova invece l’intervista a Wilfried Fesselmann, «l’uomo che ha alzato il velo sulla pedofilia nella Chiesa tedesca», in cui si accusa il Papa emerito di «dire bugie, coprì il mio stupratore. Lo denuncio per violazione dei diritti umani».

Trova le cronache in cui si ribadisce che il suo “mea culpa” non basta perché molti «non sono ancora soddisfatti» come «spiega Hans Zollner, teologo e psicologo tedesco, secondo cui “andrebbe chiesto alle vittime se della lettera di Ratzinger sono contente oppure no”». Dichiara: «Non sono il giudice del Papa emerito, ma colpisce che abbia ringraziato prima gli amici e solo dopo le vittime. E che, in una visione più teologica che altro, non ammetta nessuna responsabilità personale e non entri nel dettaglio delle accuse che il rapporto tedesco gli muove in modo particolareggiato».

La commissione sugli abusi

Il lettore trova, in sostanza, una interpretazione delle parole di Ratzinger in cui leggere «un approccio che sembra essere ancora figlio di una reticenza mista a impreparazione che ha caratterizzato le vicende ecclesiali in merito ai casi di abusi per tutto il Novecento e oltre, fino al pontificato di Giovanni Paolo II compreso nel quale lo stesso Ratzinger ha giocato un ruolo di primo piano».

Lo abbiamo scritto tante volte, ne abbiamo conferma leggendo i titoli in prima pagina dei quotidiani di oggi: nessun fatto contrario riuscirà a smuoverli dall’obiettivo che si sono posti. Quale? Titolo della Stampa: “Inchiesta sugli abusi in Italia ma la chiesa si spacca sulla commissione esterna”. Capito il giochino?

Foto Ansa

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