
Benedetto XVI: «La santità non è per pochi eletti, dobbiamo esserlo tutti, ogni giorno»
Con la catechesi odierna Benedetto XVI ha concluso il ciclo sulle figure dei santi che «negli ultimi due anni ci hanno accompagnato», ha ricordato. Il Pontefice per iniziare ha domandato: «Cosa vuol dire essere santi? Chi è chiamato ad essere santo?». Ma prima di rispondere ha liberato il campo da equivoci sottolineando che «si è portati ancora a pensare che la santità sia una meta riservata a pochi eletti», mentre per san Paolo «Cristo il Dio vivente si è fatto vicino, visibile, ascoltabile, toccabile affinché ognuno possa attingere alla sua pienezza di grazia e di verità». Pertanto si può dire che «la santità, la pienezza della vita cristiana non consiste nel compiere imprese straordinarie, ma nell’unirsi a Cristo, nel vivere i suoi misteri, nel fare nostri i suoi atteggiamenti, i suoi pensieri, i suoi comportamenti. La misura della santità è data dalla misura che Cristo raggiunge in noi, da quanto, con la forza dello Spirito Santo, modelliamo tutta la nostra vita sulla Sua».
Il Pontefice ha ricordato però che occorre una strada da intraprendere e ne ha dettato i passi: «Una vita santa – ha affermato – non è frutto principalmente del nostro sforzo… perché è Dio che ci rende santi, è l’azione che ci anima dal di dentro, la vita stessa di Cristo risorto». Questa vita la riceve ogni cristiano con il battesimo pertanto, ha aggiunto Benedetto XVI, «essi devono, con l’aiuto di Dio, mantenere nella loro vita e perfezionare la santità che hanno ricevuta». Ma siccome «Dio rispetta sempre la nostra povertà e chiede che accettiamo questo dono e viviamo le esigenze che esso comporta, chiede che ci lasciamo trasformare dalla grazia dello Spirito Santo, conformando la nostra volontà alla volontà di Dio».
Come si può arrivare a vivere una vita simile a quella di Dio il Santo Padre l’ha detto così: «Dio è amore e chi rimane nell’amore rimane in Dio». Perciò il dono che vien prima di qualsiasi nostra azione è la carità di Dio. «Ma – sottolinea il Papa – perché la carità cresca nell’anima e fruttifichi, ogni fedele deve ascoltare volentieri la parola di Dio e, con l’aiuto della Grazia, compiere con le opere la Sua volontà, partecipare frequentemente ai sacramenti, soprattutto all’Eucarestia e alla santa liturgia… La carità infatti, vincolo della perfezione e compimento della legge (cfr Col 3,14; Rm 13,10), dirige tutti i mezzi di santificazione, dà loro forma e li conduce al loro fine».
«Forse – ha poi aggiunto – anche questo linguaggio del Concilio Vaticano II per noi è ancora un po’ troppo solenne, forse dobbiamo dire le cose in modo ancora più semplice. Che cosa è essenziale? Essenziale è non lasciare mai una domenica senza un incontro con il Cristo Risorto nell’Eucaristia; questo non è un peso aggiunto, ma è luce per tutta la settimana. Non cominciare e non finire mai un giorno senza almeno un breve contatto con Dio. E, nella strada della nostra vita, seguire gli “indicatori stradali” che Dio ci ha comunicato nel Decalogo letto con Cristo, che è semplicemente l’esplicitazione di che cosa sia carità in determinate situazioni. Mi sembra che questa sia la vera semplicità e grandezza della vita di santità: l’incontro col Risorto la domenica; il contatto con Dio all’inizio e alla fine del giorno; seguire, nelle decisioni, gli “indicatori stradali” che Dio ci ha comunicato, che sono solo forme di carità. Perciò il vero discepolo di Cristo si caratterizza per la carità verso Dio e verso il prossimo. Questa è la vera semplicità, grandezza e profondità della vita cristiana, dell’essere santi».
Benedetto XVI, ha risposto anche all’ultimo dubbio che potrebbe sorgere: «Possiamo noi con i nostri limiti, con la nostra debolezza, tendere così in alto?». Se guardiamo i santi la risposta è affermativa. Infatti essi «hanno saputo amare e seguire Cristo nella nostra vita quotidiana. Essi ci dicono che è possibile per tutti percorrere questa strada. In ogni epoca della storia». Lo dimostrano poi «anche i santi semplici, cioè le persone buone che vedo nella mia vita, che non saranno mai canonizzate, sono persone normali, per così dire, senza eroismo visibile, ma nella loro bontà di ogni giorno vedo la verità della fede. Questa bontà alla quale sono maturati nella fede della Chiesa è per me la più sicura apologia del cristianesimo e segno di dove sia la verità».
Ma perché il Pontefice ha a cuore che ogni cristiano sia santo? Innazitutto perché «a ciascuno di noi è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo… allo scopo di edificare il Corpo di Cristo». E poi, ha concluso, perché aprendoci all’azione dello Spirito «che trasforma la nostra vita» possiamo «essere anche noi [parte] del grande mosaico di santità che Dio va creando nella storia, perché il volto di Cristo splenda nella pienezza del suo fulgore». Solo così, «saremo trasformati secondo il suo amore… Non abbiamo quindi paura di tendere verso l’alto, verso le altezze di Dio; non abbiamo paura che Dio ci chieda troppo, ma lasciamoci guidare in ogni azione quotidiana dalla sua Parola anche se ci sentiamo poveri, inadeguati e peccatori».
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