
Benedetto XVI: «La preghiera umana rende operante la misericordia divina»
Oggi, durante l’Udienza generale, dedicata per la quinta volta alla preghiera, Benedetto XVI è partito dal profeta Mosè che ha liberato il popolo di Israele dalla schiavitù d’Egitto e che ha interceduto per esso davanti a Dio. Il Papa ha citato l’episodio in cui «il popolo di Israele si trova ai piedi del Sinai mentre Mosè, sul monte, attende il dono delle tavole della legge, digiunando per quaranta giorni e quaranta notti». Il digiuno, ha spiegato Ratzinger, significa che «non di solo pane vive l’uomo» e facendolo Mosè attende quindi «il dono della Legge Divina come fonte di vita». Ma ai piedi del monte il popolo già trasgredisce perché «incapace di resistere all’attesa, all’assenza del mediatore».
Perciò chiedono ad Aronne che faccia per loro un Dio che cammini alla loro altezza. Questo, continua il Papa, descrive la stanchezza «del cammino con un Dio invisibile, ora che anche Mosè, il mediatore, è sparito, il popolo chiede una presenza tangibile, toccabile, del Signore, e trova nel vitello di metallo fuso fatto da Aronne, un dio reso accessibile, manovrabile, alla portata dell’uomo». Questa non è solo una tentazione del popolo eletto di Dio, bensì presente anche oggi. La «tentazione costante nel cammino di fede è eludere il mistero divino costruendo un dio comprensibile, corrispondente ai propri schemi, ai propri progetti». E Dio vuole scatenare la sua ira perché Mosè chieda la sua intercessione, permettendogli così di manifestare la misericordia. E la preghiera, afferma Benedetto XVI, «rende operante, dentro la realtà corrotta dell’uomo peccatore, la misericordia divina, che trova voce nella supplica dell’orante e si fa presente attraverso di Lui lì dove c’è bisogno di salvezza».
Non solo. Chi prega per l’intercessione «si fa interprete di una doppia inquietudine, preoccupato per la sorte del suo popolo, ma insieme anche per l’onore che si deve al Signore…. L’intercessore infatti vuole che il popolo sia salvo» ma anche che «in quella salvezza si manifesti la vera realtà di Dio». Dunque, «amore dei fratelli e amore di Dio si compenetrano nella preghiera di intercessione, sono inscindibili».
Mosè, insiste Ratzinger, ci insegna che l’intercessore «con la preghiera entra sempre più profondamente nella conoscenza del Signore e della sua misericordia e diventa capace di un amore che diventa gratuito». Infatti Mosè, dopo la distruzione del vello, tornerà dal Signore e gli dirà «E ora, se tu perdonassi il loro peccato! Altrimenti cancellami dal tuo libro che hai scritto». E il Papa conclude affermando che questa figura, anche secondo i padri della Chiesa, prefigura Cristo. Colui che «sta davanti alla faccia di Dio e prega per me, ha sofferto per me, si è identificato con me prendendo il nostro corpo, l’anima umana e ci invita a entrare in questa sua identità facendoci con Lui un solo corpo e un solo spirito».
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