Benedetto XVI ci ha insegnato a vivere di fede come i santi. Senza Cristo non possiamo nulla

Di Pippo Corigliano
10 Marzo 2013
Essere cristiani non è un partito o una corrente culturale: è vivere di fede. La rinuncia di Ratzinger non è sua, è una “chiamata”.

È tempo di far fruttificare in noi il seme dell’insegnamento di Papa Ratzinger. La sua umiltà e la sua fede riguardano anche noi. Viviamo immersi nella cultura dell’uomo che si fa da sé. Fin da bambini ci è stato insegnato che essere cristiani significava comportarsi bene. «Ma come – ci hanno detto – hai fatto la Comunione e ti comporti così!». Ratzinger ci ha fatto capire che il cristiano non è un superuomo ma è un pover’uomo che “si appoggia” in Dio. L’atteggiamento di chi dipende da Dio, di chi trova in Gesù le sue forze: questo è l’atteggiamento cristiano. «Senza di me non potete fare nulla». Questo è il punto da cui partire per risolvere le nostre crisi: la crisi culturale, economica, politica, sociale, familiare, personale.

«Imparate da me che sono mite e umile di cuore» ha detto Gesù e Ratzinger lo ha ripetuto con l’esempio. L’umiltà è la porta delle virtù e della felicità. Essere cristiani non è una casacca, una stirpe, un partito, un gruppo, una corrente culturale: è vivere di fede. «Il giusto vive di fede» ha detto san Paolo e Ratzinger lo sta facendo: la sua rinuncia non è sua, è una “chiamata”. Devo essere consapevole che se non mi appoggio in Dio sono un animale poco razionale, pigro, sensuale, inaffidabile: è Gesù che ogni giornomi sostiene e mi traccia la strada. Perciò ho bisogno della preghiera, di confessarmi, di comunicarmi, di leggere il Vangelo, di studiare il messaggio cristiano. Allora sarò un eroe cristiano, un santo, come lo è stato Ratzinger.

@PippoCorigliano

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