
«Bene la contrattazione territoriale. Gli esempi di Tenaris Dalmine e Campari»

Il responsabile economico del Pd Filippo Taddei, dopo l’ultima riunione con i sindacati e Confindustria saltata perché Uil e Cgil non si sono presentate, lo ha dichiarato a chiare lettere: sulla contrattazione territoriale, o “di secondo livello”, «di certo il governo non attenderà in eterno». L’esecutivo Renzi, infatti, potrebbe approvare con un decreto legge una via preferenziale per gli accordi stretti direttamente tra imprese e rappresentanze dei lavoratori, senza passare dai grandi tavoli nazionali con i confederali. Per Michele Tiraboschi, giuslavorista direttore del Centro studi internazionale Marco Biagi, «è ora che si torni a parlare di questo tema».
Cosa ne pensa dell’ultimatum lanciato da Taddei?
L’idea di promuovere la contrattazione territoriale è la benvenuta. È stata avviata dal governo Berlusconi per la prima volta in assoluto nel 2008, con una detassazione secca del 10 per cento a salario variabile di fronte ad una contrattazione di “secondo livello” e in questo modo guadagnavano più sia il datore che il lavoratore, con solidissime sperimentazioni: purtroppo va detto che invece proprio questo governo ha abolito queste misure, perché alla disperata ricerca di fondi per finanziare il jobs act. Con i miei ricercatori abbiamo raccolto una banca dati di 800 contratti aziendali o territoriali attivati dal 2008, prevalentemente tra medio e piccolissime imprese, e abbiamo segnalato anche gli aspetti più importanti dell’uno o dell’altro caso. In particolare, la vicenda di Luxottica è stato molto interessante relativamente alle politiche di welfare, ma ci sono contratti aziendali firmati da altre grandissime aziende, anche dalla Fiat. A mio avviso l’importante è farli, e trovare un’intesa sul territorio.
Qual è la case history più rappresentantiva dell’efficienza di questo tipo di contrattazione?
Ogni storia è di per sé interessante. Citerei, a titolo d’esempio, quella della Tenaris Dalmine, azienda siderurgica bergamasca, che si è ritrovata a dover affrontare, con moltissime difficoltà, competitors cinesi e coreani che, come sottolinea il contratto firmato con le rsu aziendali, sono «particolarmente avvantaggiati sotto il profilo dei costi». Davanti alla crisi internazionale, anziché tagliare, l’azienda ha pensato di ri-organizzarsi per aumentare i propri margini di competitività oltre ad investire in un nuovo impianto termico che permettesse di intercettare gli “elephant projects”, gli ordinativi da decine di tonnellate a volta. Per farlo, l’azienda aveva bisogno che il personale lavorasse di più, ma non poteva pagare gli straordinari. È stata allora pensata, in accordo con le Rsu, una “banca delle ore”. L’azienda chiede di lavorare in alcuni periodi otto ore in più alla settimana, per un prezzo superiore alle normali ore lavoro ma inferiore agli straordinari. Il lavoratore dal canto proprio poteva chiedere di usare poi lo stesso numero di ore “cedute” all’azienda in altri periodi, per permessi a sua discrezione, fino a lavorare otto ore in meno alla settimana in accordo con la Tenaris Dalmine. In questo modo l’azienda ha superato la crisi. Viceversa, in un contesto positivo, si può ricordare il caso Campari.
Cioè?
L’azienda da 600 dipendenti naviga in buone acque e ha deciso di puntare sull’Italia, con l’acquisizione ad esempio della Fratelli Averna. In questo contesto positivo ha deciso di firmare un accordo integrativo per il triennio 2014-2016 con le Rsu che mette al centro di tutto il dipendente. L’azienda inoltre si è impegnata a ricorrere al lavoro subordinato a termine anziché a quello più precario in somministrazione. In tema di welfare aziendale, invece, Campari ha cercato di promuovere pari opportunità, e “per riconoscere una paternità più responsabile” ha aumentato i giorni di permesso ai padri per assistere i figli malati. Infine ha puntato sulla maggiore formazione dei dipendenti e su un premio di produzione vincolato a stretti parametri per mantenere la qualità dei prodotti. Il lavoratore più volentieri si sentirà legato all’azienda, attraverso tutte queste misure.
Cambiando tema, un intervento allo studio del governo in questi giorni, da inserire nella legge di stabilità, sarebbe il taglio dell’Irap e dell’Ires dal 2017, per sgravare le imprese italiane dal peso della tassazione, più forte di quello sostenuta dalle imprese nostre concorrenti in Europa. Che ne pensa?
Una legge di stabilità si può giudicare su ciò che rende operativo a breve. Parlare oggi di interventi che andrebbero in vigore dal 2017 non mi pare serio, perché bisogna capire se verranno effettivamente applicati. Il vero tema è se a gennaio 2016 verranno rinnovate le detassazioni per le aziende che assumono con contratti a tempo indeterminato. Un tema serio, e molto vicino come tempistiche. Il resto è solo materiale per disquisizioni politiche.
Foto da Shutterstock
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