La battaglia del prof punito dall’università per un’opinione troppo libera

Di Rodolfo Casadei
20 Luglio 2022
Finito sotto procedimento disciplinare per essersi rifiutato di intonare il ritornello sugli Usa usurpatori dei popoli nativi, Stuart Reges è passato al contrattacco: denunciato l’ateneo
Ironico manifesto di rivendicazione di diritti su terre americane da parte dei nativi Salish della costa
Una ironica rivendicazione di diritti su terre americane da parte dei nativi Salish della costa (foto di Sonny Assu / Flickr)

Si fa sempre più intenso negli Stati Uniti lo scontro fra sostenitori della libertà di espressione e attivisti dell’imposizione dell’ortodossia ideologica politicamente corretta nei college americani. L’ultimo caso in ordine di tempo, il cui esito potrebbe diventare un precedente in materia, vede la citazione in giudizio dell’Università dello Stato di Washington da parte di un docente di Scienze informatiche per violazione dei diritti garantiti dal Primo Emendamento della Costituzione, quello che protegge la manifestazione del pensiero.

Stuart Reges, che da 20 anni insegna nella Paul G. Allen School of Computer Science dell’Università di Washington, denuncia rappresaglie da parte dell’istituzione per avere espresso la sua posizione anticonformista relativamente ai diritti delle popolazioni native sui terreni su cui sorge l’università, in contrasto con il punto di vista a cui l’ateneo vorrebbe che tutti gli insegnanti si conformassero.

Dichiarazione contromano

Tutto sarebbe cominciato nel 2020, quando l’università ha stilato una lista di “best practices per la diversità”, e fra queste ha indicato l’opportunità di stampare all’inizio delle dispense per i vari corsi una “dichiarazione sulla terra” che riconoscesse i diritti storici delle popolazioni native sui terreni ora occupati dall’università. Il linguaggio suggerito era il seguente: «L’Università di Washington riconosce i popoli Salish della costa di questa terra, la terra che tocca le acque condivise di tutte le tribù e bande delle nazioni Suquamish, Tulalip e Muckleshoot».

Su questa base, alcuni professori hanno elaborato versioni più radicali circa i diritti che le tribù native tuttora avrebbero. Non così Reges, che in apertura della sua dispensa ha posto la seguente affermazione: «Riconosco che in base alla teoria del lavoro di acquisto della proprietà, i popoli Salish della costa non possono vantare la proprietà storica di quasi nessuna parte della terra attualmente occupata dall’Università di Washington». Reges si riferisce alla teoria di John Locke secondo la quale la proprietà privata di un bene come la terra è giustificata dallo sforzo del lavoro per sviluppare le sue risorse naturali.

Il solito «clima tossico»

L’università non ha preso bene la provocazione, e ha assunto una serie di provvedimenti ostili nei confronti del professore: la sua dichiarazione sulla terra è stata cancellata dalla versione online delle sue dispense senza la sua autorizzazione; è stato organizzato un corso sui programmi informatici per i computer alternativo a quello di Reges e in contemporanea con lo stesso, tenuto da un altro professore, e gli studenti sono stati incoraggiati a seguirlo; infine gli è stata notificata una procedura disciplinare per infrazione della speech policy dell’università che potrebbe concludersi anche con la rescissione del suo contratto.

Prima di tutto ciò, in una lettera indirizzata al professore da parte della responsabile del dipartimento di Scienze informatiche, Magdelena Balazinska, la sua dichiarazione veniva definita “offensiva” e tale da creare un «clima tossico che ha perturbato l’apprendimento nel suo corso».

Reges non si è affatto perso d’animo, e con l’assistenza della Fire, Foundation for Individual Rights and Expression, ha fatto causa all’università e a quattro suoi dirigenti amministrativi (fra i quali la Balazinska) per violazione del suo diritto alla libertà di espressione. L’università dichiara di avere preso i provvedimenti che ora le sono contestati perché alcuni studenti si sono lamentati e perché le posizioni del professore «disumanizzano e umiliano i popoli indigeni».

«Sapevo che sarebbero impazziti»

In alcune interviste Reges ha replicato: «Era chiaro che volevano un particolare tipo di di dichiarazione di riconoscimento della terra. C’era una visione particolare della storia americana che volevano che affermassi, e cioè che gli Stati Uniti sono malvagi e che abbiamo rubato la terra alle tribù native e così via. Così ho accettato il loro suggerimento di includere una dichiarazione nelle mie dispense, e ne ho inclusa una che sapevo non sarebbe loro piaciuta perché non corrispondeva a quella visione della storia. E infatti sono impazziti». A proposito del ruolo che le presunte lamentele di parte studentesca avrebbero avuto nella vicenda ha dichiarato: «La questione per loro è che se gli studenti si lamentano, allora devono fare qualcosa al riguardo. Ovviamente questo sistema funziona sempre contro la parte conservatrice o libertaria del corpo docente».

Gli avvocati di Fire definiscono la speech policy dell’università «incostituzionalmente ampia e vaga» e sottolineano che a provocare le tensioni è stata la decisione di invitare i docenti a includere nelle loro dispense dichiarazioni sui diritti dei nativi sulle terre, salvo poi minacciare punizioni con chi non si adeguava alla linea predeterminata: «Se l’Università incoraggia i professori a esprimere una posizione politica sulle loro dispense, non può punire quei professori che divergono dalla posizione pre-approvata dalla scuola. Alla Washington il messaggio al corpo docente è chiaro: “Segui la linea del partito o saluta i tuoi studenti”», ha affermato Katlyn Patton, avvocato della Foundation for Individual Rights and Expression, che rappresenta Reges.

Lotta al colonialismo «tuttora in corso»

Dichiarazioni sulle terre dei nativi sono comuni a molte università canadesi (un centinaio di college) e ad almeno tre università statunitensi oltre alla Washington: la Brown University, la Emory University e l’Università del Connecticut. Molti criticano queste dichiarazioni come esempi di ipocrisia e di posa virtuosa fine a se stessa: l’affermazione che le terre di determinati atenei sono appartenute alle nazioni indiane non ha alcuna conseguenza legale o pratica.

Ma secondo il Native American Council, le dichiarazioni di riconoscimento della terra sono «importanti per comprendere la lunga storia che ti ha portato a risiedere su quella terra e per cercare di capire il tuo posto all’interno di quella storia». Inoltre «i riconoscimenti circa la terra non si riferiscono al passato e non sono confinati a un contesto storico: il colonialismo è un processo in corso e dobbiamo costruire la consapevolezza della nostra partecipazione attuale ad esso».

@RodolfoCasadei

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