Basta cincischiare, la tubercolosi si può praticamente spazzare via entro il 2050

È la più omicida delle malattie infettive eppure non se ne parla quasi. E pensare che con 6,2 miliardi di dollari l’anno potremmo ridurre le vittime del 90 per cento in poco tempo

Un malato di tubercolosi ricoverato in ospedale a Peshawar, Pakistan (foto Ansa)

Quinto articolo della serie di Bjørn Lomborg dedicata agli studi del Copenhagen Consensus su come la comunità internazionale può stabilire “Obiettivi di sviluppo sostenibile” davvero raggiungibili, a differenza dei velleitari 169 obiettivi fissati dall’Onu per il 2030. Le altre uscite della serie sono reperibili qui.

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La malattia infettiva che ha ucciso più persone l’anno scorso quasi non l’abbiamo nemmeno sentita nominare: la tubercolosi. Nel 2022 si è portata via 1,4 milioni di vite, più del numero totale delle vittime del Covid. Eppure nei paesi ricchi – dove praticamente nessuno muore più di tubercolosi – l’attenzione si è concentrata altrove.

Perfino nei paesi poveri, dove i più ricchi possono permettersi le terapie, sono spesso i più poveri, i più emarginati e gli svantaggiati a soffrire a causa di questa malattia.

Da tempo il mondo ha promesso di fare di meglio. Nell’ambito degli obiettivi globali dell’Onu, noti come Obiettivi di sviluppo sostenibile [Sustainable Development Goals, ndt], tutte le nazioni hanno promesso di risolvere entro il 2030 quasi qualunque problema, turbercolosi compresa. Ma questo non accadrà. Per quanto riguarda la tubercolosi, saremo in ritardo di decenni.

A dire il vero stiamo tradendo quasi tutti gli impegni presi per il 2030. Sulla base dell’andamento attuale, il mondo arriverà al termine stabilito con mezzo secolo in ritardo rispetto a tutte le sue promesse. Il motivo è chiaro: i politici hanno fatto 169 promesse, ma di fatto non c’è differenza tra avere 169 priorità e non averne nessuna. Traguardi cruciali in materia di alimentazione, educazione e tubercolosi sono stati messi accanto a promesse ben più secondarie come potenziare il riciclo, aumentare i parchi nelle città e promuovere stili di vita in armonia con la natura.

Quest’anno il mondo si troverà a metà del tempo stabilito per la realizzazione delle promesse 2030, tuttavia non sarà nemmeno lontanamente a metà percorso. È ora di individuare gli obiettivi più cruciali e dare a questi la priorità. Il mio think tank, il Copenhagen Consensus, sta facendo esattamente questo: in collaborazione con vari premi Nobel e oltre cento economisti di primo piano, lavoriamo da anni per individuare dove ogni euro speso può produrre il massimo beneficio.

Un nuovo studio sottoposto a peer-review mostra che una drastica riduzione della tubercolosi non solo è possibile, ma è anche una delle priorità più efficaci da fissare in vista del 2030.

Quasi un quarto di tutti gli abitanti del mondo è portatore di batteri della tubercolosi. Perfino nella ricca Europa e negli Stati Uniti ce li ha uno su dieci. Nella maggior parte delle persone benestanti e ben nutrite non svilupperanno la malattia, ma questo rappresenta un rischio per i meno fortunati. La tubercolosi è una malattia della fame e della povertà.

Ogni anno più di dieci milioni di persone sviluppano la tubercolosi, ma a causa della mancanza di risorse nel 2021 abbiamo diagnosticato solo 6 milioni di casi. Quasi la metà delle persone non curate finiranno per morire. E quanti non moriranno continueranno a diffondere l’infezione: in media, nell’arco di un anno, un individuo attivamente infetto può infettare da cinque fino a quindici altre persone attraverso il contatto ravvicinato.

Per di più, i sei milioni di persone a cui è stata diagnosticata la tubercolosi e che ricevono un trattamento hanno davanti un periodo duro. Devono assumere i medicinali per ben sei mesi. E poiché questi annulleranno i sintomi della tubercolosi come febbri e perdita di peso già nel giro di un paio di settimane, in tanti interromperanno le cure troppo presto.

Ma quando le persone abbandonano la terapia troppo presto, non solo aumentano le probabilità che la malattia si trasmetta ad altri, diventa anche più probabile che i batteri della tubercolosi sopravvissuti sviluppino resistenza ai farmaci. Ciò significa che il trattamento successivo potrebbe richiedere anche 18-24 mesi, e costerà molto di più.

Possiamo fare molto meglio di così. Si possono diagnosticare molti più casi e fare in modo che i pazienti seguano le cure. La nostra nuova ricerca dimostra che questo si può realizzare con 6,2 miliardi di dollari in più all’anno. Meno di quanto il mondo abbia già promesso, visto che già nel 2018 le Nazioni Unite si sono impegnate a incrementare i fondi di 7-8 miliardi di dollari all’anno entro il 2022. Peccato che dal 2018 la spesa invece è diminuita.

Maggiori stanziamenti per 6,2 miliardi di dollari l’anno possono garantire diagnosi, cure e prevenzione sufficienti a onorare le promesse della comunità internazionale nella lotta alla tubercolosi. Grazie a quei soldi almeno il 95 per cento dei malati di tubercolosi riceverebbe una diagnosi. E si potrebbero mettere a disposizione modi semplici per far sì che le persone completino i sei mesi di terapia, magari attraverso incentivi come beni alimentari, vestiti, succhi di frutta o carte regalo, oppure attraverso gruppi di sostegno tra pazienti per farsi forza a vicenda. Anche le app per cellulari possono aiutare.

Maggiori risorse consentirebbero alle popolazioni ad alto rischio e più vulnerabili di accedere a controlli periodici. Nei prossimi decenni 50 milioni di persone potrebbero ricevere cure adeguate e 35 milioni beneficerebbero di terapie preventive.

Questo ridurrebbe drasticamente le morti per tubercolosi del 90 per cento. In sostanza spazzerebbe via la malattia, come avremmo dovuto fare già da decenni. Di qui alla metà del secolo, le risorse aggiuntive ci permetterebbero di evitare qualcosa come 27 milioni di vittime, oltre a indicibili sofferenze umane. In termini economici, il beneficio totale, per lo più derivato dalle morti evitate, raggiungerebbe i 3 mila miliardi di dollari. Ogni dollaro speso ne genererebbe 46 in benefici sociali per il mondo.

L’indecisione globale ha permesso che la tubercolosi diventasse il più letale dei killer infettivi. Sconfiggerla sarebbe una delle misure più efficaci per il mondo. Abbiamo fatto di gran lunga troppe promesse per il 2030, ma affrontare la tubercolosi è una delle poche iniziative a maggiore impatto che dobbiamo portare a termine.

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