Bandiera rossa in piazza San Pietro

Di Leone Grotti
01 Gennaio 2019
«L’accordo provvisorio tra la Chiesa cattolica e il regime cinese è un pasticcio». Intervista al cardinale Joseph Zen
cina chiesa vaticano

Articolo tratto dal numero di Tempi di dicembre (l’accesso agli articoli del mensile è riservato agli abbonati: abbonati subito!)

Il 2018 è stato un anno difficile per la Chiesa cattolica cinese. A febbraio il regime ha approvato nuovi soffocanti regolamenti per le religioni: sono state distrutte chiese e croci in tutto il paese, i giovani sotto i 18 anni non possono più andare a messa o frequentare il catechismo, sacerdoti e vescovi vengono arrestati e rieducati. In questo clima di tensione il Vaticano ha firmato un controverso accordo provvisorio con il partito comunista per la nomina dei vescovi.

Cardinale Joseph Zen Ze-kiun, è preoccupato?
Molto, soprattutto per l’atteggiamento del Vaticano. L’accordo provvisorio è un pasticcio ma nessuno conosce con precisione il suo contenuto. La Santa Sede non l’ha diffuso e ha condotto le trattative senza coinvolgere nessuno. Si sono fidati solo di loro stessi. Si parla molto di dialogo in questo periodo, ma Roma ha eliminato il dialogo interno.

Nel suo messaggio ai cattolici cinesi e alla Chiesa universale del 26 settembre papa Francesco dice di aver «riflettuto e pregato molto» prima di firmare l’accordo.
Lo so e non dubito che l’abbia fatto, ma ripeto che il Vaticano ha eliminato tutte le voci discordanti. Io e l’arcivescovo Savio Hon (attuale nunzio apostolico in Grecia, segretario della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli dal 2010 al 2017, ndr), ad esempio, siamo stati messi da parte senza motivo. E che cosa dire della commissione che papa Benedetto XVI aveva istituito nel 2007 per la Chiesa in Cina? Non ha mai cessato formalmente di esistere, eppure è sparita senza che nessuno abbia detto niente. Dal 2014 non ci hanno più chiamato.

È deluso?
Non è un problema personale: io sono preoccupato. Ci hanno buttato via così e non si è mai visto il Vaticano fare qualcosa del genere. La Santa Sede è sempre stata compita nei modi, anche quando doveva fare cose poco piacevoli. Mi dispiace dirlo, ma il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin si è comportato in modo arrogante e prepotente.

Però il Papa sembra fidarsi di lui.
Sì, è vero. Francesco si è anche assunto tutta la responsabilità dell’accordo e questo è giusto. Però non è una garanzia, perché io so che il Vaticano non ha ascoltato chi doveva ascoltare.

Lei ha sempre combattuto la sua battaglia alla luce del sole, consigliando al Papa di non fidarsi del partito comunista e di non firmare l’accordo. Ha sempre criticato l’operato del Vaticano ma non ha mai attaccato Francesco. Perché?
Io sono un salesiano e noi salesiani abbiamo tre devozioni: al Santissimo Sacramento, alla Madre di Dio e al Papa. Per noi il rispetto del Papa è una devozione, don Bosco ci ha insegnato così. Io quindi non posso combattere il Pontefice, ma ho ragione di credere che molte delle cose attuate dal Vaticano non sono state volute da lui.

Lei ha incontrato più volte Francesco. Gli ha portato una lettera a gennaio e un’altra a ottobre. Perché non gliele ha spedite?
Ho viaggiato da Hong Kong a Roma perché non mi fido del suo entourage e volevo fargli capire qual è la reale situazione in Cina. Purtroppo non ho mai ricevuto risposta alle mie lettere. È triste.

Anche lei gli ha fatto uno sgarbo: ha rivelato una sua confidenza privata.
È vero, forse è stata una cosa poco bella, però ho dovuto farlo. A Savio Hon, infatti, Francesco aveva fatto intendere in un colloquio che chi conduceva le trattative con Pechino non si stava comportando bene e che lui non era al corrente di tutto e che per questo si sarebbe mosso. Io, a gennaio, quando gli ho consegnato la lettera, gli ho chiesto: «Santità, ha potuto fare chiarezza in questo affare?». E lui mi ha risposto che non voleva creare un altro “caso Mindszenty” (il cardinale ungherese, arrestato, torturato e condannato all’ergastolo nel 1948 quando i comunisti presero il potere in Ungheria e che si oppose sempre all’allora “Ostpolitik” verso il regime portata avanti dal Vaticano, che accettò nomine di vescovi gradite al partito comunista, ndr). Queste parole manifestavano che c’è un divario tra ciò che pensa il Papa e ciò che fanno i suoi collaboratori.

Il cardinale Parolin l’ha contraddetta.
Sì, ma non ha mai contraddetto quelle parole del Papa e quando l’agenzia Reuters ha chiesto al Papa cosa pensasse di me, lui ha risposto: «È un uomo buono». So di avere messo Francesco in imbarazzo, ma in coscienza l’ho fatto perché in Cina tanta gente pensava che molte cose negative venissero pianificate dal Papa. E non è così.

Francesco però si è assunto la responsabilità dell’accordo.
Sì, ma anche il Papa può sbagliare. Riguardo allo scandalo pedofilia in Cile, ad esempio, ha dovuto chiedere scusa. Ed è stato molto coraggioso a farlo. Per me e per tanti altri cinesi è doloroso vedere che Francesco, ascoltando i suoi collaboratori, sta per commettere altri errori.

Perché questo accordo non le va giù?
Perché a scegliere i vescovi sarà il governo ateo comunista cinese. Selezionerà i candidati e li proporrà al Papa. Lui potrà porre il veto e lo farà sicuramente. Io spero si eviti il peggio. Ma quante volte potrà farlo? Non si sentirà in imbarazzo a un certo punto? C’è poi il problema dei sette vescovi scomunicati e perdonati da Francesco (uno è morto, ndr). Per ora non sono ancora stati messi a capo di una diocesi. Se succederà, allora mi zittirò per sempre perché sarebbe una cosa così inaccettabile che dovrò scegliere tra ribellarmi al Papa e tacere. E tacerò. Sto aspettando che arrivi il momento in cui non parlerò più.

A due vescovi legittimi, monsignor Pietro Zhuang Jianjian di Shantou e monsignor Giuseppe Guo Xijin di Mindong è stato chiesto di dimettersi per fare posto a due vescovi nominati da Pechino, scomunicati e poi perdonati. Loro cosa faranno?
Non lo so. Io ho detto a questi due vescovi di non dimettersi volontariamente per non cooperare al male. Ho anche consigliato loro però di obbedire quando il Papa lo ordinerà, perché un comando del Papa va sempre ascoltato.

Lei è nato a Shanghai, ha 86 anni, è stato arcivescovo di Hong Kong e ha speso tutta la sua vita per la Chiesa cinese. Anche per lei, questo 2018 non dev’essere stato un anno facile.
No, è stato molto difficile e doloroso per me combattere questa battaglia. E ci ho pensato tante volte prima di farlo.

Non le conveniva restare in silenzio? Non ha pensato a come sarebbe stato giudicato? Un cardinale che critica apertamente il Vaticano?
Vede, se fossi rimasto in silenzio avrei compiuto un peccato e io ne ho già compiuti tanti nella mia vita, non voglio aggiungerne un altro. Anche per questo ho pubblicato un libro (Per amore del mio popolo, non tacerò), voglio che la gente sappia tutta la verità.

Pensava di poter cambiare le cose?
Noi tutti facciamo quello che possiamo, per il resto c’è il Signore e la Madonna. Io mi sono attirato tante critiche, ma tutti quelli che mi attaccano scrivono sciocchezze. Io non mi offendo, solo mi dispiace dover perdere tanto tempo a rispondere a queste persone.

Vorrebbe dedicarsi ad altro?
Ho tante cose da fare. Visito regolarmente gli ammalati, i carcerati e ho un gruppo di catecumeni da istruire.

Lei è stato creato cardinale da Benedetto XVI nel 2006. L’ha mai interpellato su questo tema?
No. Lo tengo informato su tutto quello che faccio e so che è d’accordo, ma non gli ho mai chiesto consigli o altre cose perché non voglio dargli fastidio. Lui è anziano, la sua salute è cagionevole. Lui è già stato immensamente gentile a farmi pervenire una copia con dedica del suo ultimo libro, Le ultime conversazioni. In una pagina di quel testo dice che l’Ostpolitik è stata un fallimento. Questo mi basta.

I nuovi regolamenti approvati dal regime hanno scatenato una nuova ondata di persecuzione in Cina. A novembre è stata demolita una parrocchia cattolica a Liaocheng. I fedeli hanno affisso questo cartello sui muri demoliti dalle ruspe: «Beati i perseguitati».
Ecco, firmare un accordo proprio nel momento in cui tutto il mondo vede che la Cina sta intensificando la persecuzione di tutte le religioni, compreso l’islam (un milione di musulmani sono stati internati in campi di rieducazione nel Xinjiang, ndr), è sinceramente pazzesco. Io credo che il Vaticano non capisca la sofferenza di questi fedeli. Si tratta di persone che hanno perso le proprietà, rinunciato alla speranza di fare carriera e spesso anche alla libertà personale per la fede in Gesù. Alcuni sono andati in prigione, altri sono morti. Ma la più grande sofferenza per loro è quella di sentirsi abbandonati, considerati di disturbo, come un inconveniente. Loro che sono stati nella sofferenza per tanti anni per rimanere fedeli al Papa, e non aderire a quell’Associazione patriottica che pretende di governare la Chiesa in Cina al posto della Santa Sede, ora si sentono traditi.

Che cosa chiede nelle sue preghiere per la Chiesa in Cina?
Che il Signore dia forza ai miei fratelli che si trovano nella bufera. Io vivo a Hong Kong e posso ancora parlare, anche se per poco, perché anche qui le cose vanno sempre peggio. Per fortuna la Scrittura ci viene in aiuto, perché tutto questo è stato previsto. Il Libro dell’Apocalisse parla di testimoni che avranno una sconfitta momentanea e clamorosa, umiliante, però risorgeranno gloriosamente. La Chiesa può soffrire ancora molto, ma la forza ci verrà dal Signore. Chi crede nella vita eterna, anche se vive nella sofferenza, ha sempre la pace nel cuore mentre chi va coscientemente contro la verità, non avrà mai la pace nel cuore. Preghiamo per la conversione di queste persone. Io ho sempre detto che il Papa può essere un po’ ingenuo, ma molti attorno a lui non sono ingenui.

L’accordo è provvisorio. Potrebbe sempre essere stralciato dalla Santa Sede.
Sarebbe un miracolo se il Papa si fermasse ora e non desse prosecuzione all’accordo. Ma temo che tutto sia pronto per assegnare le diocesi ai vescovi che furono scomunicati. Però la Madonna ha fatto miracoli in tante occasioni nella storia e perciò non perdo la fiducia.

Se si osservano le statistiche, fedeli, sacerdoti, religiosi e religiose della Chiesa cattolica cinese diminuiscono. È una Chiesa sconfitta?
Papa Benedetto XVI diceva spesso che dobbiamo essere pronti anche a soffrire un fallimento completo al momento, pur di restare fedeli alla Chiesa e questa è veramente la cosa più importante. Essere fedeli fino alla fine, non solo per dieci, venti o settant’anni ma fino alla fine. Per questo io dico ai miei fratelli cinesi: possiamo perdere tutto, ma non reagite, rinunciate alla violenza, lasciate che i comunisti prendano le vostre chiese, che le distruggano. I preti che non obbediscono al governo non potranno più celebrare e ci saranno fedeli che rimarranno senza sacramenti, ma la grazia del Signore arriverà abbondante nel cuore lo stesso.

Il regime continua a tenere un vescovo in detenzione segreta: Giacomo Su Zhimin, 86 anni, vescovo di Baoding, scomparso nelle mani della polizia nel 1997. Ha passato oltre metà della sua vita in carcere. Verrà mai liberato?
Non lo sappiamo. Bisogna soffrire ed essere pronti anche alla prigione e i fedeli in Cina sono pronti. Non bisogna arrendersi ma neanche protestare con la forza. Ai fedeli cinesi ripeto: andate e soffrite passivamente tutto quello che vi capita. La cosa migliore è ritirarsi e zappare la terra, sperando che almeno così il regime ci lasci in pace.

Che cosa le dà ancora speranza?
La Chiesa in Cina ha così tanti martiri protettori, molti più dei santi già dichiarati. La Santa Sede ha sempre un po’ paura a dichiarare martiri nei paesi comunisti, ma il Signore sa e vede tutto. Con tutti questi protettori, il futuro non può che essere luminoso.

Foto Ansa

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.