Bambini in trappola e in fuga dall’Ucraina. Aiutiamo chi li sta aiutando

Di Caterina Giojelli
02 Marzo 2022
Dagli orfani di Volodarka ai profughi in Moldova, dalla regione di Kiev alle terre dell'addio ai papà prima di varcare il confine. La presenza di Ai.Bi. e la preghiera di padre Roman Boichuk
Profughi dall'Ucraina

Profughi dall'Ucraina

Chiedono di Aniuta, di Kira, «dite a Lev che ci sono», si offrono per ospitarli subito, immediatamente, in Italia. Fino a due giorni fa all’orfanotrofio di Volodarka, nei pressi del fiume Ros’, nella regione di Kiev, la situazione era tutto sommato tranquilla: i 180 bambini e ragazzi ucraini, tra gli 8 e i 18 anni, sostenuti da genitori italiani attraverso le adozioni a distanza promosse da Ai.Bi., erano sereni e riparati.

Nella struttura era anzi stato allestito un piccolo centro di accoglienza per i primi sfollati e le famiglie provenienti soprattutto dalle regioni di Kiev e di Donetsk (la zona del Donbass) che avevano dovuto abbandonare in fretta e furia le loro case. Purtroppo, ci fanno sapere da Ai.Bi, nelle ultime ore le bombe hanno iniziato a cadere anche su una città vicina.

Ai.Bi. e i bimbi dell’orfanotrofio di Volodarka

Alle lettere dei genitori italiani i bimbi di Volodarka, bambini soli, abbandonati o in difficoltà familiare – ricordiamo che sono oltre 100mila i minori presenti negli istituti dell’Ucraina –, hanno risposto con disegni e messaggi semplici e diretti facendo proprio il grido di una di loro lanciato pochi giorni fa, “Voglio la pace”. E così i “Bambini per la pace” sono diventati in fretta il volto della campagna di raccolta fondi lanciata da volontari, famiglie adottive e affidatarie di Ai.Bi., presente fin dagli anni Novanta in Ucraina e Moldova.

«È una iniziativa di presenza, solidarietà, rivolta alle famiglie dell’Ucraina, ai profughi della Moldova, a quelli che accoglieremo qui in Italia nelle nostre case e con interventi a misura di bambino», ha spiegato Marco Griffini, presidente di Ai.Bi., ricordando che «noi siamo qui». Ai genitori, tantissimi, che in queste ore stanno chiamando per offrire la propria casa e ospitare i piccoli di Volodarka i volontari rispondono pazienti: non ci sono ancora le condizioni per potere accogliere minori ucraini in fuga dalla guerra, ma chiunque può dichiarare la propria disponibilità e può partecipare ai corsi di formazione del Faris per prepararsi all’accoglienza.

L’abbraccio ai padri prima di entrare in Moldova

Intanto in Ucraina Masha, cooperante dell’associazione e “voce” da Kiev nei giorni scorsi, è riuscita a lasciare la capitale poco prima che venisse cinta d’assedio. Ma non fuggirà dal suo paese, «ho già dato la mia disponibilità all’ospedale per dare una mano in caso di bisogno, ma non combatterò mai! Non lo farò nemmeno per difendermi, perché non ha senso uccidere qualcuno per difendersi». A Chisinau, in Moldova, il primo campo di accoglienza da 430 persone allestito dal governo chiamando Ai.Bi a fornire aiuti concreti, ma anche attività ludiche e supporto psicologico ai piccoli profughi, è stato riempito in poche ore e subito le autorità si sono messe al lavoro per aprirne altri. Secondo l’Onu oltre 660 mila ucraini hanno già varcato le frontiere.

Si tratta di mamme, bambini: i padri – ci raccontano da Ai.Bi, che presta anche un primo e immediato soccorso ai passeggeri dell’interminabile coda di macchine alla frontiera – non possono lasciare il paese e devono salutare mogli e figli lì, al confine. Un abbraccio per poi tornare indietro.

È a queste donne e a questi piccoli smarriti e pieni di domande che l’équipe di Stela, cooperante di Ai.Bi. in Moldova, deve rispondere, e non solo fornendo coperte e cibo caldo. Ai profughi arrivano notizie dei bombardamenti su Kiev, su Kharkiv, dove è stato colpito un centro della Caritas che ospitava bambini in affido, notizie della caduta di Kherson, dove sappiamo che da cinque giorni migliaia di bambini vivono sottoterra al buio e senz’acqua potabile. «Ormai sono i nostri topi – raccontava all’inviato di Repubblica Darijna, una mamma e maestra che ha aperto un asilo e una classe elementare nel rifugio scavato sotto il suo quartiere dando vita a una piccola rete di catacombe scolastiche di guerra – se vogliamo salvare almeno loro dobbiamo nasconderli nelle fogne».

L’opera di padre Roman Boichuk

Bambini intrappolati, che nascono negli scantinati degli ospedali di Mariupol o nella metropolitana di Kiev, spettatori sgomenti o in fuga, come quelli che vanno ammassandosi verso il confine anche di Romania e Polonia. Una processione lentissima di auto e gente a piedi diretta a ovest, controcanto alla fila dei carri armati che marciano sulle città da nord a sud, nella parte orientale del paese. Padre Roman Boichuk si sta preoccupando di dare tetto e riparo a chi attraversa Kolomyia, nel cuore dell’oblast (la regione) dell’Ivano-Frankivs’ka, Ucraina sud occidentale.

Le sirene dell’allarme aereo suonano di notte, permettendo al giovane prete di dire messa di giorno e pregare insieme agli sfollati, «mamme, bambini», spiega a Tempi, «non hanno bisogno solo di riposo. Chiedono continuamente e profondamente di pregare per il paese, per i soldati ucraini che stanno combattendo». Negli avamposti civili dell’Ucraina, che precedono le frontiere e un addio al paese senza scadenza, la pace è rimessa nelle mani di Dio ma anche in quelle di ragazzi, padri e mariti che restano a imbracciare le armi.

L’Ucraina in preghiera dai rifugi alle frontiere

«Tanti amici mi mandano messaggi affidando i nomi di familiari che si sono improvvisati soldati a guardia delle proprie case e città. Per questo è urgente che anche voi preghiate per questo popolo che si sente solo e appeso alla propria volontà di resistere. Manifestando, facendovi sentire. Io prego per la pace esortando mamme e figli a non avere paura e confidare in Cristo presente», dice ancora padre Roman.

È più “semplice” dove non cadono le bombe ma per questo ancora più “urgente” laddove giungono come pellegrini, con le loro domande di aiuto, preghiera, e la loro paura, le donne e i figli dell’Ucraina. Il giovane prete ha risposto all’appello della Chiesa greco cattolica di accogliere, trasformare ogni parrocchia e chiesa in una casa per chi cerca riparo. Per sostenere il popolo ucraino l’Esarcato apostolico ha creato un apposito fondo e avviato una raccolta (qui tutte le informazioni) esortando i fedeli alla preghiera.

E proprio oggi, 2 marzo, settimo giorno di guerra, rispondendo all’appello di Papa Francesco, i cattolici si inginocchieranno nei rifugi, nei campi, sul ciglio delle strade, nei sotterranei, nei centri di accoglienza unendosi alla Giornata di preghiera per la pace in Ucraina. Una maratona per collegare da nord a sud, da est a ovest Kharkiv, Odessa, Hrushiv, Zarvanytsia, Goshiv, Univ e Kiev, le sette città care alla Madonna da affidare alla sua protezione. Il capo della Chiesa greco-cattolica ucraina ha chiesto di pregare non solo per la pace in Ucraina, ma «anche per i nostri nemici, per la loro conversione e per la conversione della Russia, come ci ha chiesto la Madre di Dio di Fatima».

Foto Ansa

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