Balenciaga fonde bambini e sadomaso e il problema sono i troll di destra?

Di Caterina Giojelli
02 Dicembre 2022
Per i colti progressisti (soliti mandare al rogo chiunque esca dal politicamente corretto) non è esecrabile il contenuto perverso della campagna di moda, ma il popolo bue che non lo capisce
balenciaga
Uno scatto di una delle due campagne "Incriminate" di Balenciaga (foto da Twitter)

L’hashtag #balenciaga si è abbattuto su Twitter proprio quando Balenciaga ha levato le tende (dopo l’arrivo di Elon Musk) dal social: «Questo account non esiste», eppure da giorni vive in milioni di discussioni. Come se il problema fosse solo l’ormai famigerata campagna natalizia Gift Shop della maison tutta bambini piccolissimi che stringono orsetti imbracati in «outfit ispirati al BDSM» (acronimo di Bondage, Dominazione, Sadismo, Masochismo, il virgolettato è di Balenciaga, non di @giannibigotto72), tra giocattoli e accessori per adulti, scatti di Gabriele Galimberti.

I bambini tra i giocattoli fetish di Balenciaga

Come se il problema fosse solo l’altra campagna, Gard-Robe, quella realizzata in collaborazione con Adidas, dove nel caos di fogli sparsi su di una scrivania newyorkese, sotto una iconica borsa Hourglass, compare uno stralcio della United States v. Williams, sentenza della Corte Suprema che nel 2008 decise che la promozione di pedopornografia non fosse protetta dal diritto alla libertà d’espressione, scatti di Chris Maggio.

O gli scatti in uffici governati da modelle d’eccezione come Isabelle Huppert, Bella Hadid o Nicole Kidman dove trova posto, dietro a gambe in tacco a spillo allungate sulla scrivania, As Sweet as It Gets un libro sull’arte di Michaël Borremans, celebre autore di Fire from the Sun, ciclo di dipinti che raffigurano bimbi nudi insanguinati (in alcune immagini intenti a mangiare arti amputati), e un libro sui lungometraggi del Cremaster Cycle di Matthew Barney, un mix di cinema, arte, performance e videogiochi a tema sessualità e indeterminatezza del genere (da “cremastere: muscolo dell’apparato genitale maschile che regola innalzamento e abbassamento dei testicoli in relazione agli stimoli esterni”), scatti di Joshua Bright.

Per i “colti” il problema è la destra trumpiana

Il problema è di cosa stiamo parlando quando si parla di queste fotografie. E spostare l’obiettivo della discussione dal bambino ai detrattori di Balenciaga. «Ce n’è abbastanza per eccitare ed allarmare i cospirazionisti di Facebook e di TikTok, assetati di indizi demoniaci e di messaggi occulti. Bazzecole da social, sì, ma un certo scoramento viene. Anche una simile montagna di idiozie, in fondo, ha avuto il suo peso nel violento attacco contro Balenciaga», scrive Artribune dopo una altera lezioncina all’utente bigotto e ignorante su arte, moda, fotografia e performance degli artisti “omaggiati” dalle campagne.

«Come spesso accade negli Stati Uniti, le accuse inizialmente avanzate da utenti qualsiasi online sono state riprese da diversi media di destra molto seguiti, come il New York Post e il programma di Fox News “Tucker Carlson Tonight”, che negli ultimi anni ha dato moltissimo spazio alla teoria del complotto QAnon, secondo cui le élite che controllano la politica e i media adorerebbero Satana e gestirebbero un giro internazionale di prostituzione minorile», rincara il Post, non fosse chiaro che se c’è un problema sta tutto negli occhi dei cospirazionisti che guardano quelle foto e ci vedono il diavolo.

Il fotografo Galimberti: «Io di moda non ne capisco nulla»

Anche Gabriele Galimberti, il fotografo “per caso” della campagna fetish, attacca i canali «vicini alla destra trumpiana» (il virgolettato è di Repubblica, che l’ha intervistato), accusandoli di avergli attribuito anche gli scatti di Gard-Robe («Qui mi danno del pedofilo. Come ti difendi da un’accusa del genere, anche se priva di fondamento?») e alzando le mani sui suoi scatti ai bambini con i peluche bondage: «Io di moda non ne capisco nulla, non ho mai fatto un lavoro del genere. Ho dato per buono quello che mi dicevano. Anche perché il mio ruolo sul set non era decidere la linea stilistica del brand: ero il fotografo, e basta». Il vincitore del World Press Photo 2021 che è solito ricevere incarichi da National Geographic, Sunday Times, Stern, Geo, Le Monde e, ovviamente, La Repubblica, spiega infatti: «Io non ho avuto voce in capitolo sulla scelta degli oggetti, sui bambini selezionati – sei, tutti figli di dipendenti Balenciaga o amici di Demna -, sulle location. Non ero parte in causa delle decisioni, nel senso che è stata tutta una scelta loro».

Demna è Demna Gvasalia, direttore creativo della maison del Gruppo Kering (1,76 miliardi di euro di ricavi nel 2021) – bastonato anche dalla sua musa Kim Kardashian in quanto «madre di quattro bambini» -, che dopo essersi scusato sul profilo Instagram a nome del brand, dichiarando Balenciaga pienamente responsabile di avere abbinato orsetti sado e bambini nella prima campagna e di avere omesso controllo degli oggetti sul set nella seconda, ha fatto causa per 25 milioni di dollari per danni d’immagine alla casa di produzione North Six che si è occupata di fornire gli oggetti di scena di quest’ultima. La tesi assurda del direttore è che nessuno in Balenciaga li avesse visti e approvati. Intanto Business of Fashion ha deciso di non conferirgli più il Global Voices Award 2022.

Allusioni sataniste diventano “montagna di idiozie”

Campagne ritirate, il problema resta: nelle fotografie che gli utenti rimpallano da un angolo all’altro dei social, stampa ed élite progressiste – che pure li usano abitualmente per fare processi e lanciare l’allarme sessismo, razzismo, omofobia, transfobia in qualunque caso mandando al rogo carriera e reputazione di chiunque esca dal perimetro del politicamente corretto – non vedono che questo: il popolo bue.

Un popolo di infervorati che di arte, fotografia, libera espressione e complessità non capisce niente. Che si mostra disturbato davanti a uno shooting in cui compaiono disegni da bambini del diavolo e bracciali in cui Balenciaga diventa Baalenciaga (da qui la summenzionata “montagna di idiozie” innescate da chi ha fatto notare che Baal è il nome di un demone a cui venivano sacrificati i bambini, altrimenti chiamato “Signore delle mosche”). O che sulla scia dello scandalo si permette di ripescare dall’account Instagram (oggi chiuso al pubblico) di Lotta Volkova – per anni punta di diamante di Balenciaga, «la più cool delle stiliste» – immagini (d’autore di grandi artisti e fotografi, of course) che mostrano rituali satanici, bambini in adorazione di teschi o legati alle sedie, scene di omicidi, sangue e sadismo. Il popolo bue che organizza manifestazioni di dissenso sminuzzando con le forbici abiti Balenciaga.

Il caso Balenciaga diventa un caso di troll

Deliri da conspiracy fashion, ci spiegano i colti del settore, «L’unica lezione che si può trarre da questa faccenda, che ha assunto contorni spropositati e grotteschi, è che si possono suonare le campane a morto per il tentativo culturale messo in atto dalla moda di far coesistere l’alto e il basso, lo streetwear e le maison, il giudizio popolare con quello della critica. La complessità non può essere ridotta a un’immagine semplicistica, a un tweet di 240 battute, a una story che dura ventiquattro ore e poi scompare. Essere capaci di riflettere, interrogarsi e informarsi richiede più tempo di quello che serve per esprimere un giudizio sommario, e digitarlo prima di tutti gli altri», scrive Linkiesta. «Internet è pieno di troll», rincara il New York Times.

I troll, ancora una volta sono loro i mostri morali della vicenda: la presenza sulla faccia dei social e della terra di troll così sforniti di complessità e intelligenza progressista da non riconoscere un “tentativo culturale” quando ne vedono uno. Vestito di top a rete, polsini, cinghie regolabili e lucchetti, e tenuto al guinzaglio o tra le braccia candide di una bambina di quattro anni.

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