Autorità, potere e libertà. La lezione di Augusto Del Noce

Di Carlo Marsonet
11 Agosto 2024
Le definizioni che il filosofo dà dei tre termini contenute nell'enciclopedia Treccani sono di grande attualità. Un volume le ripropone
Augusto Del Noce
Augusto Del Noce

In un libro del 1953, Ethics of Rhetoric, Richard Weaver istituì la distinzione tra «god terms» e «devil terms». I primi indicano parole che esprimono una connotazione assolutamente positiva, come “progresso”. I secondi inglobano invece in sé tutto ciò che viene considerato negativo. Tra questi spicca “autorità”.

Autorità è parola che evoca immediatamente qualcosa di pericoloso, preoccupante, minaccioso. La cosa non dovrebbe destare più di tanta sorpresa: se si abituano i giovani a pensare che autorità è sinonimo di – in ordine casuale ma fino a un certo punto – fascismo, potere, forza, sopraffazione e così via, ne deriva il risultato di considerare autorità sinonimo del Male.

Nel 1979 uno dei pensatori più acuti del secolo scorso, Augusto Del Noce (1910-1989), scriveva per la “Enciclopedia del Novecento” della Treccani, la voce “autorità”. Da poco ripubblicato a mo’ di volume nella collana “Voci”, il saggio presenta, pur nell’estrema brevità del testo, tutta la sua capacità interpretativa dei cambiamenti in atto della società del tempo. Che poi è quella che ha arato la strada alla nostra. Come nota nell’introduzione il direttore della Treccani, Massimo Bray, le pagine di Del Noce si mostrano in tutta la loro straordinaria attualità, talché sembra quasi difficile pensare sia stato scritto ormai 45 anni fa. A dimostrazione di quanto il passato continui a gettare la propria ombra lunga sul presente… nel bene e nel male.

Liberarsi da cosa?

Del Noce parte da un dato di fatto che non va trascurato. Come molti altri termini, anche quello di autorità ha finito con lo smarrire il proprio significato etimologico. Auctoritas, ricorda il filosofo nato a Pistoia, deriva da augere, ovvero “far crescere”. Ciò significa che in tale origine del termine «è dunque inclusa l’idea che nell’uomo si realizza l’humanitas»: in sostanza, afferma Del Noce, l’individuo ha bisogno dell’autorità perché senza di essa non potrebbe orientarsi.

Di più. Per Del Noce la stessa ragione e il carattere morale dell’individuo sono legati all’autorità. Al contrario, la tendenza contemporanea, sua e nostra, è di vedere nell’autorità il sinonimo di repressione e oppressione: autorità, dunque, è ciò che impedisce all’individuo di liberarsi. Ma liberarsi da cosa?

L’idea invalsa è che autorità sia tutto ciò che opprime lo sviluppo dell’individualità, ciò che arresta la crescita individuale. Cos’hanno in comune, infatti, le critiche provenienti da più parti – ma soprattutto da quella che una volta il mio maestro Sergio Belardinelli descrisse come una fucina di cattivi maestri, comunque da studiare, beninteso: la Scuola di Francoforte – ad alcune istituzioni fondamentali della società, quali la scuola, la Chiesa, e soprattutto la famiglia? L’ostilità forte e pervicace nei confronti di emblemi autoritari. Il punto, sostiene Del Noce, è che si tende a confondere l’autorità con il potere. Mentre la prima ha a che fare con qualcosa di spirituale e sovra-mondano, qualcosa che pertiene all’interiorità, come da definizione di René Guénon citata da Del Noce, il potere riguarda la forza bruta esercitata con mezzi materiali.

Nessuna liberazione

Ma Del Noce ne ha anche per il significato alla moda di libertà – in realtà liberazione da ogni vincolo – il che cozza con l’idea della libertà autentica, che deve necessariamente fare i conti con la condizione limitata della persona umana.

«La realtà presente – scrive l’autore de L’epoca della secolarizzazione, tra l’altro da poco ripubblicato insieme ad altri saggi da Gangemi – ci manifesta che l’eclissi della libertà non coincide con l’avvento della liberazione, ma con quello del potere, e che i totalitarismi sono l’espressione tangibile di ciò».

I totalitarismi novecenteschi non sono che la negazione dell’autorità e della libertà a un tempo: manifestazioni di un potere assoluto che calpesta la dignità della persona. E che può farlo proprio perché all’individuo non è rimasto nulla cui aggrapparsi spiritualmente: né autorità né principi permanenti, solo il nichilismo.

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