La preghiera del mattino

Sull’autonomia differenziata l’ennesima presa di posizione sragionata del Pd

Roberto Calderoli
Il ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli il 2 febbraio scorso alla conferenza stampa di presentazione del ddl sull’autonomia differenziata (foto Ansa)

Su Formiche Gianluca Zapponini scrive: «C’era una volta il famoso direttorio franco-tedesco, che in Europa dettava legge. Erano gli anni delle prime avvisaglie della crisi dei debiti sovrani, tra il 2005 e il 2010. Di lì a poco la Grecia sarebbe fallita, finendo in mano alla troika. E l’Italia, era l’estate 2011, ci sarebbe andata piuttosto vicino. Passata la tempesta la musica non cambiò, Parigi e Berlino continuarono a condizionare la politica monetaria continentale e le principali scelte della Commissione, diktat dopo diktat. Almeno fino alla pandemia, che ha riportato i due paesi con i piedi per terra e ricordato che nessuna economia è indistruttibile (oggi l’Italia cresce più della Germania, nonostante i conti decisamente più in salute di quest’ultima)».

Zapponini spiega bene sia ai distratti in buona fede sia agli informati ma impegnati a combattere Giorgia Meloni (motivati talvolta da ragioni nobili però spesso anche da concrete influenze straniere) come sia cambiato il peso dell’Italia rispetto a undici anni fa. A questo proposito c’è chi commenta il viaggio dei ministri degli Esteri francese e tedesco a Washington come la prova dell’isolamento di Roma. In realtà è vero il contrario: è una mossa abbastanza affrettata da parte di chi ogni giorno predica la necessità della saldezza dell’Unione Europea, e oggi dovendo fare i conti con un nuovo quadro politico continentale, cerca, per mantenere centralità nella difesa dei propri interessi, una qualche via di uscita.

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Su Dagospia si riprende un articolo di Libero dove si scrive: «“Provo tristezza per la signora Moratti”, accusa Ronzulli, “costretta a comportarsi come una qualsiasi sciacalla. Mi ricorda tanto la scivolata sulla diffamazione a Pisapia e il furgone rubato, che le fece perdere le elezioni. Il lupo perde il pelo ma non il vizio?”».

Licia Ronzulli non è propria finissima nei suoi commenti. Comprendo però l’irritazione di una “fedelissima” per le manipolazioni di Repubblica sulle dichiarazioni di Silvio Berlusconi in sostegno a “Letizia”, avallata da una Moratti che appena accenna a un ragionamento vagamente politico appare un po’ stordita. Ora, per esempio, si lamenta dell’eccessiva influenza di Fratelli d’Italia nel centrodestra dopo aver fatto per oltre un anno la corte alla Meloni, che tra l’altro l’aveva anche candidata a presidente della Repubblica contro la volontà dello stesso, oggi invocato, Berlusconi.

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Sul sito del Tgcom 24 si scrive: «“Incoraggiamo gli Stati membri Ue a presentare le modifiche al Pnrr rapidamente e in un unico emendamento, piuttosto che adottare un approccio frammentario. In questo modo, riduciamo il tempo dedicato ai processi e velocizziamo l’effettiva implementazione”. Lo ha affermato il commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni. La scadenza per presentare la revisione, ha ricordato il commissario, è comunque al più tardi entro il 30 aprile».

Il nuovo peso politico dell’Italia dà un po’ di spazio anche a Gentiloni, già relegato nel ruolo del vice del vice di Ursula von der Leyen, e gli consente di far un gioco di squadra (finalmente con un po’ di senso di unità nazionale) con Roma per una rapida revisione di alcuni punti del Pnrr.

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Sugli Stati generali Jacopo Tondelli scrive: «C’è poi il solito curioso cortocircuito politico: questa riforma arriva nel quadro di una riforma costituzionale, quella del 2001, voluta e approvata dai governi di centrosinistra, che dando più forza alle Regioni speravano di arginare il consenso leghista. Il risultato è che la Lega, nonostante tutto, è ancora viva e vegeta, la sinistra nei territori extraurbani del Nord ha continuato a non toccare la palla, e oggi la destra di governo può ben dire che sta solo applicando una riforma costituzionale voluta dagli altri».

Dal jobs act alla riforma federalista dello Stato, dall’“abbracciamo i cinesi” ai lockdown a oltranza, fino al far balenare la revisione del 41 bis per i terroristi: la cosa che impressiona nel Pd non sono i cambiamenti di posizione, ma la mancanza di un’analisi storico-critica del perché si è fatta una certa scelta e poi la si vuole modificare. Lo stile di certi cambiamenti ricorda un po’ quello di Woody Allen nel film Il dittatore dello stato libero di Bananas, quando conquistato il potere in un’isola caraibica proclamava che «da oggi si parla in svedese».

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