Aumentano le vocazioni religiose in Pakistan. «Il martirio è seme di nuovi cristiani»

Di Benedetta Frigerio
08 Maggio 2016
Per padre Inayat Bernard, rettore del Seminario minore di Santa Maria, «il terrorismo rafforza la nostra fede, non la intacca»
epa04664549 Pakistani Christians gather at a church a day after two suicide attacks targeted two churches in a Christian area, Lahore, Pakistan, 16 March 2015. Thousands of Christians across Pakistan on 15 March mourned 15 people killed by suicide bombers at Mass the day before, in the latest attack against religious minorities in the country. The bombings occurred Sunday in Yohana Abad locality of eastern Lahore city, sparking violent protests by members of Christian community, who later burnt alive two people they accused of aiding the two bombers. Members of Christian community held protests in Lahore and Faisalabad, the largest cities of Punjab province, blocking roads at several points, police official Allah Dita Chaudhry said. EPA/RAHAT DAR

Le vocazioni religiose crescono, anzi esplodono in Pakistan, dove i cattolici rappresentano appena l’1 per cento della popolazione e dove la persecuzione è costante. È infatti il paese di Asia Bibi, la donna cattolica detenuta da quasi sette anni per aver bevuto un bicchiere d’acqua ed essersi rifiutata di abiurare, di Shahbaz Bhatti, ucciso per la sua politica in difesa dei cristiani, è il paese delle giovani rapite e costrette a convertirsi all’islam, dei due sposi cristiani bruciati vivi e nella cui capitale, Lahore, a Pasqua sono state uccise 75 persone che festeggiavano dopo la Messa.

NUMERI ALTISSIMI. Solo a Lahore, fra il 2015 e il 2016, ci sono state ben 23 ordinazioni sacerdotali, mentre altri 15 uomini saranno ordinati diaconi quest’anno. Nel seminario maggiore di san Francesco ci sono in tutto ben 96 seminaristi, in quello minore di Santa Maria 26. Settantanove invece studiano presso l’Istituto nazionale di teologia di Karachi. «Sono numeri che preannunciano un futuro roseo per la Chiesa cattolica in Pakistan», ha spiegato a Fides padre Inayat Bernard, rettore del Seminario minore di Santa Maria.
Infatti, non solo i sacerdoti ma anche le religiose sono in aumento, «segno della benedizione di Dio, che è sempre vicino al suo popolo» e «segno di speranza che infonde fiducia e coraggio anche nelle difficoltà». 

«FEDE RAFFORZATA». Secondo il sacerdote, sebbene «il terrorismo colpisca in modo indiscriminato obiettivi religiosi, civili e militari», queste persecuzioni «non intaccano la nostra libertà e la fede della popolazione, anzi la rafforzano e oggi ne stiamo apprezzando i frutti». Con la sofferenza, paradossalmente, cresce dunque in Pakistan l’amore per Dio che salva e dà senso ad ogni dolore. Tanto da far dire a padre Bernard che la persecuzione è un dono, perché «è proprio vero che il martirio, che a volte sperimentiamo, è di per sé seme di nuovi cristiani e resta un dono di Dio che solo con la fede si può comprendere e vivere».

@frigeriobenedet

Foto Ansa

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3 commenti

  1. Rolli Susanna

    Anche questa “Asia” potrebbe essere ricordata a lungo….un esempio per i cristiani d’Occidente.

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