
L’Associazione inglese delle scuole femminili sconsiglia l’uso della parola “femmine”

La Girls’ School Association (Gsa) ha consigliato agli istituti femminili di non usare più la parola “girl” per riferirsi alle alunne. Il termine, infatti, sarebbe troppo poco inclusivo e sarebbe meglio optare per un linguaggio più neutro, in cui al posto di “ragazze” si usino termini come “alunni” o “studenti”. È l’ultima trovata dei maggiorenti dell’ideologia gender in Gran Bretagna. Oltre a utilizzare un vocabolario politicamente corretto, che tenga conto di eventuali maschi che si sentono o vogliono diventare femmine e viceversa, per cui le insegnanti non potranno chiamare le alunne “signorine”, le scuole dovrebbero anche adottare altre misure come l’apertura di gabinetti e spogliatoi unisex.
LE PRESSIONI. Caroline Jordan, presidente della Gsa, non vuole che «nessuno pensi che le femmine o i maschi siano spinti in un unico senso ad essere maschi o femmine». La “svolta” è arrivata dopo le pressioni dell’associazione nazionale Gender Intelligence, che mira alla «formazione della consapevolezza transessuale». Secondo il suo presidente, Jay Stewart, l’1 per cento della popolazione è transessuale e le nuove linee guida contro gli «stereotipi» aiutano a non sentirsi «strani». E il «fulcro della questione» per Jordan «è che le scuole hanno il dovere di prendersi cura dei loro alunni, inclusi quelli che decidono per il cambiamento di sesso». E siccome «il linguaggio è una parte di questa complessa tematica educativa, la Gsa, che ha una lunga storia di eccellenza nella cura pastorale, è in prima linea nel mostrare la prassi migliore e nell’includere gli alunni transessuali».
LETTERE AI GENITORI. Quella della Gsa è solo l’ultima di una serie di iniziative politicamente corrette nelle scuole inglesi. Ad aprile i Consigli comunali di Brighton e Hove avevano spedito una lettera alle famiglie con figli nella scuola primaria, chiedendo loro di confermare la presenza dei bambini per l’anno successivo e di indicare il «genere con cui si identificano». Alle proteste di molti genitori, hanno risposto: «Riconosciamo che non tutti i bambini e i giovani si identificano con il genere che gli è stato assegnato alla nascita, ma il sistema scolastico (su scala nazionale) registra solo il genere femminile e maschile. In ogni modo, per favore, aiuta tuo figlio a scegliere il genere con cui si identifica di più».
Foto da Shutterstock
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11 commenti
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Io, che sono un vero genitore dei miei figli (a noi non piacciono gli inciuci -le manovre poco chiare) con la carta delle lettera di cui nell’articolo ci farei degli aeroplanini da gettare giù dai bagni dei piani superiori -delle scuole,ovviamente ; oppure opterei per un riciclo, sempre delle suddette lettere, attinente l’uso dei bagni -sempre loro: mi è venuta così.
..perchè la carta si ricava dagli alberi, che diamine!!, ci scrivessero lettere d’amore o poesie….niente!, ci scrivono scempiaggini!, si potrà offendere così un povero albero innocente? No, dico sul serio stavolta!
C’è da chiedersi perché la “Girls’ School Association (Gsa)” non abbia ancora cambiato nome…
non so voi ma io sono davvero stufa di questi cialtroni.Sono quattro gatti e riescono a rompere le scatole a tutti.Hanno importanza perchè trovano sempre qualcuno che parla di loro,o nel bene o nel male.
Ubi bischerata ibi Galasi.
Pensa, Giannino, che ,quando ero incinta , una conoscente, che credeva avessi già partorito, mi chiese per telefono il sesso del figlio e quando le dissi che non si sapeva, ci rimase secca !
Ora, non si stupirebbe più di tanto !
Ma il figlio sempre maschio o femmina è !
Persino la trollona, quando ventilai l’ ipotesi che fosse maschio , per la freddezza e il distacco con cui trattava temi femminili ( non si sapeva ancora della sua problematica psichica ), si seccò tantissimo.
Le ci vorrebbe una bella rieducazione dal Galasi , il pedagogo cui tutti affideremmo i nostri figli.
Gianluca Segre, questa è gente, forse, in minima parte, anche in buona fede, che non vede bambini da anni, che non ha figli, che è favorevole all’a borto, che non capisce niente di bambini, né di cosa sia l’ uomo o la donna : invece di cercare di aiutare i pochi bambini problematici o traumatizzati o con situazioni familiari disastrate, seminano confusione su tutti gli altri .
Come se noi, per aiutare la trollona, per farla sentire normale, cominciassimo a postare con decine di nick, inventando storielle su storielle !
Bello!Ottimo, Giovanna!!
Il gender nelle scuole? è già arrivato. Qui abbiamo l’idiozia del politically correct allo stato puro.
Tra un po’ dare il nome ai figli sarà un’imposizione, o una forzatura. Arriveremo tra breve alla dicitura anagrafica “nome provvisoriamente attribuito”.. Altro che fiocchi rosa e azzurri alla porta!
Ero in passeggiata con mia moglie, e avvicinandomi alla panchina dove erano in conversazione una nostra nipote liceale con una bimba di 8 anni, mi sono sentito dire: “Qui facciamo discorsi da femmine”. La bambina non ha ancora interiorizzato i consigli di Caroline Jordan e della Gsa. Ma basterà qualche bel corso a scuola, per raddrizzarla!
8 anni ed è già eteronormata.
Si vede che ha fatto troppe feste della mamma e del papà e il pregiudizio eterosessista che struttura l’omofobia sta germinando nella creatura.
Rimedi possibili:
1) lettura propedeutica del “piccolo uovo”
2) studio di “piccolo uovo: maschio o femmina?”
3) correre all’anagrafe e correggere il nome se e’ di tipo eteronormativo. Esempio: Giorgia va corretto in Giorgi*, Maria in Mari*
4) consultare uno degli psicologi del comitato scientifico di famiglie arcobaleno.
Se queste non funzionano la bimba è persa: e’ omofoba! Vai isolata e bannata.
Fa venire la pelle d’oca. Gente disturbata con un minimo d potere e vedi cosa ti combinano.
Brexit, per fortuna…