Arcuri e le mascherine, un anno fa esatto. E la sinistra bombardava la Lombardia

Di Luigi Amicone
29 Marzo 2021
Fosse stato per i giornali, ancora oggi non sapremmo nulla dello strano "affare" cinese da 1.250 milioni con intermediari strapagati. Sapete com'è, andava montato il caso Fontana
Domenico Arcuri con la mascherina anti Covid-19

Cronache dalla quarantena bis / 15

Oggi un anno fa, 29 marzo 2020, la Lombardia registrava il picco di contagi. E giustamente il sindaco di Milano Beppe Sala si lamentava della mancanza di mascherine. Da distribuire specialmente al personale che operava nelle Rsa dove i vecchietti cadevano come foglie autunnali.

Altrettanto onorevolmente, il commissario Domenico Arcuri, il 26 marzo di un anno fa, ammetteva che «qualcosa si è inceppato». Le mascherine non arrivano in Lombardia. Il posto più massacrato d’Italia non è rifornito. Non ci sono mascherine. «Gallera dimettiti!», gridano il Pd e i Cinquestelle. A Milano, mentre i due stanno al governo insieme a Roma.

«Commissariate la Lombardia!»? Bene. Quando sarà chiaro perché si sono dovuti accendere i riflettori sul governo della Lombardia per non far luce su ciò che stava accadendo a Roma, ne riparleremo. I riflettori di oggi fermi sulla Lombardia hanno ancora questo scopo? Non è ancora ben chiaro. Fatto sta che se non era per La Verità di Maurizio Belpietro che gli è arrivata una soffiata agli inizi di novembre 2020, noi oggi, 29 marzo 2021, non sapremmo proprio un bel niente.

Il commissario un anno fa

Ma andiamo avanti. Oggi, 29 marzo 2021, sarebbe stato un anno e 13 giorni esatti dalla nomina, il 16 marzo 2020, dell’amministratore delegato di Invitalia Domenico Arcuri anche sulla poltrona di commissario per l’emergenza. Invece, dal 2 marzo 2021, il nuovo presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha deciso di sostituirlo con un generale. Arcuri rimane solo l’amministratore delegato di Invitalia. Solo? «Invitalia è l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, di proprietà del ministero dell’Economia». Finanzia moltissime start up. 

Ma ritorniamo al tema dell’indimenticabile 29 marzo 2020. Che oggi, 29 marzo 2021, sarebbe stato anche il primo anno e 13 giorni di Arcuri commissario. Invece no. Invece, dalla prima settimana di marzo del 2021, commissario per l’emergenza è diventato il generale Francesco Paolo Figliuolo. Arcuri non avrebbe voluto mollare e per un mese ha resistito anche alle dimissioni di Giuseppe Conte. Però, saltato Conte e divenuto di pubblico dominio il “caso mascherine”, Arcuri ha dovuto lasciare.

La Lombardia sotto assedio

In effetti, siamo anche a un anno esatto da che la Lombardia, essendo sotto una bomba atomica di contagi e di vittime, visto l’inceppamento ammesso onorevolmente da Arcuri, cercò e trovò, grazie all’assessore Raffaele Cattaneo, una fabbrica lombarda per produrre mascherine in loco. La notizia del tentativo autarchico della Lombardia risale anch’essa al fatidico 29 marzo 2020.

Poi ci fu il problema dei camici. E anche lì si propose un’azienda del cognato del governatore Attilio Fontana. Ne nacque subito un’inchiesta (dopo quella sulle Rsa, la Baggina e verosimilmente altre ancora) della procura di Milano. Inchiesta che è ancora lì, sebbene sia stato acclarato che per i camici del cognato di Fontana Regione Lombardia non ha sborsato un cent.

Intanto, 29 marzo 2020, mentre Milano ulula di sirene, la gente muore a grappoli, la Regione fa quello che può ma naturalmente è sommersa di critiche e indagini della procura, il governo Conte elabora a modo suo il lutto della Lombardia. In che senso? Francamente non è ancora chiaro. Di fatto, se non ci fosse stato il quotidiano La Verità, chi avrebbe mai conosciuto il dettaglio di quel «qualcosa si è inceppato» confessato dal commissario Arcuri il 26 marzo 2020?

Mascherine per 1.250 milioni di euro

Oggi, dopo le sue dimissioni e dell’intero governo Conte, sappiamo che già dalla fine di febbraio del 2020 – pur mancando almeno due settimane alla nomina ufficiale di commissario – Arcuri si attivò alla ricerca di mascherine con un intermediario che poi si rivelerà essere un giornalista Rai. Cosa lodevole dal mio punto di vista. Anche se non era ancora commissario Arcuri sembra abbia voluto portarsi avanti col lavoro.

Se non che, alla fine, tra il marzo e l’aprile 2020, il commissario riesce ad acquistare 801 milioni di mascherine spendendo 1.250 milioni di euro. Cifra comprensiva di 72 milioni in provvigioni. E di un contratto da 634 milioni di euro stipulato con una società importatrice di mascherine Ffp3 creata cinque giorni prima della firma del contratto stesso da una coppia di cinesi (dei quali si sono perse le tracce) che abitavano in un quartiere popolare di Roma.

La procura indaga, la Gabanelli no

Qualcosa non torna in queste montagne di mascherine e di soldi. E se non ci fosse stata La Verità a scoprirlo, ci saremmo dovuti accontentare di un articolo del 31 gennaio sul Corriere della Sera di Milena Gabanelli, una giornalista investigativa molto nota, che però in questo caso ha scritto:

«Sulle mascherine non consideriamo la prima ondata, durante la quale si è consumato ogni sorta di sciacallaggio: non si trovavano e, pertanto, abbiamo dovuto accettare qualunque prezzo pur di averle».

Un miliardo e 250 milioni. Settantadue milioni di provvigioni (a quel che si sa). 634 milioni di euro, così, a due cinesi di periferia spariti nel nulla. Sciacallaggio? Giustamente oggi la procura di Roma – che ha ringraziato il giornalista della Verità Giacomo Amadori per averle dato una mano – sta scoperchiando una pentola di cui ancora non si vede bene il fondo.

Perché provvigioni così alte?

Tra l’altro la procura ha scoperto quello a cui facevamo cenno sopra: e cioè che tra l’intermediario Rai da 12 milioni di provvigioni e il commissario intercorsero ben 1.280 telefonate, parecchie di queste anche prima della sua nomina. Ricordiamo al lettore che l’intermediario dei carichi di mascherine risponde al nome di Mario Benotti, giornalista Rai di Roma che secondo l’inchiesta della procura di Roma fu il capo del gruppo dei mediatori a provvigioni per un totale di 72 milioni di euro (12 milioni al Benotti e 60 milioni a sei personaggi che sembrano in cerca di autore come nella commedia di Pirandello).

Perché gli intermediari e perché provvigioni così alte? Perché agirono al fine di procacciare al governo italiano 801 milioni di mascherine dalla Cina e siccome era una operazione difficile, ecco il motivo del “caro provvigioni”. In breve: il governo Conte che nel marzo 2019 aveva siglato con la Cina il memorandum sulla “nuova Via della seta” che aveva fatto storcere il naso ai nostri alleati occidentali in quanto legava l’Italia alla Cina in 29 accordi commerciali come nessuno in Europa e, tantomeno, negli Stati Uniti di Trump, ecco che un anno dopo, questo stesso governo, ha avuto bisogno di un gruppo di strampalati intermediari per gestire commesse di mascherine dalla Cina per ben 1,25 miliardi di euro.

Manco il trasporto Alitalia

E in aggiunta, questo stesso governo, il governo Conte che ha messo a disposizione di Alitalia nel decreto rilancio del maggio 2020 tre miliardi di euro – 3 miliardi! – ha dovuto pagare una compagnia aerea straniera per portare in Italia queste 801 milioni di mascherine? E perché? Perché «Alitalia ci costava di più della compagnia straniera»!

Infine, non si trova o non si capisce ancora dove sia finita parte della documentazione di questo affare. Fateci capire: il governo Conte fa ricco un comitato di intermediari perché il governo Conte non ha agganci in Cina? Il governo Conte finanzia l’Alitalia e l’Alitalia non può portare le mascherine agli italiani perché costa troppo? Mancano pure gli ordinativi di sprsa… Ma ci prendete per scemi?

Che fine hanno fatto i giornali?

Chiaro che la pentola è difficile da scoperchiare e tutto pende verso l’oblio. Ma i giornali? L’informazione? I Beppe Severgnini? Dove sono? L’Alitalia prende 3 miliardi dal governo per restare a terra e non servire gli italiani all’apice di una pandemia. E per di più, anche se le carte di spesa non sono ben ordinate, a quanto pare, è assodato che per acquistare e portare le mascherine dalla Cina in Italia, il governo (Conte) ha speso più del triplo dei 400 milioni stanziati dallo stesso governo per pagare la spesa a tutti i poveri residenti negli ottomila comuni italiani.

Cito testuale dal ministero della Sanità: «Con ordinanza della Protezione civile aggiungiamo a questo fondo 400 milioni, un ulteriore anticipo che destiniamo ai comuni col vincolo di destinarlo alle persone che non hanno i soldi per fare la spesa». E sapete in che data il governo Conte ha licenziato il decreto che ha finanziato la spesa per tutti i poveri che ci sono in Italia spendendo meno di quello che ha speso per le mascherine? 29 marzo 2020. Direi che ci siamo. Il 29 marzo 2020 è proprio una data indimenticabile come una Pasqua.

Foto Ansa

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