Arabia Infelix (lo dice l’Onu)

Di Rodolfo Casadei
11 Luglio 2002
Stavolta non è Berlusconi a dire che il mondo arabo è arretrato, ma titolatissimi scienziati sociali arabi che lavorano per l’Onu. Relativisti spiazzati

Pensate cosa sarebbe successo se le considerazioni seguenti le avesse espresse il Presidente del Consiglio italiano: i Paesi arabi? Sono “più ricchi che sviluppati”. La loro produttività è in declino. La ricerca e l’innovazione tecnologica sono deboli o inesistenti. Scienza e tecnologia sono dormienti. Gli intellettuali fuggono un ambiente sociale e politico che, quando non è repressivo, appare istupidito. Alle donne arabe è impedito quasi ovunque di progredire: metà di esse non sanno né leggere, né scrivere: «il mondo arabo purtroppo sta privando se stesso della creatività e della produttività di metà dei suoi cittadini». In definitiva, le società arabe sono paralizzate dalla mancanza di libertà politica, dalla repressione delle donne e da un isolamento dal mondo delle idee che soffoca la creatività. Ma se queste cose non le ha dette Berlusconi, chi è allora che gli sta dando ragione sulle sue vecchie dichiarazioni da Berlino? Pim Fortuyn in uno scritto postumo? Qualche femminista araba riparata in Occidente? Nemmeno per sogno: la requisitoria sullo stato attuale della civiltà araba porta i timbri e i sigilli nientemeno che dell’Onu, attraverso il suo organismo specializzato per le questioni dello sviluppo che è il Pnud (Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo), e gli autori materiali della stessa sono sociologi, economisti ed intellettuali di purissima stirpe araba, diretti da Rima Khalaf-Hunaidi, responsabile della sezione araba del Pnud. Il testo che la raccoglie si chiama Arab Human Development 2002 e «non ci procurerà molti amici nella regione», ha dichiarato Khalaf-Hunaidi. Il rapporto non critica direttamente l’islamismo militante, ma fa capire che buona parte dei problemi di arretratezza del mondo arabo dipendono da esso.

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