
Memoria popolare
Appunti per una storia del Movimento Popolare in Liguria

È l’autunno del 1975, al cinema Teatro Astor un folto pubblico propone la nascita anche a Chiavari del Movimento Popolare: sono giovani e adulti che hanno un modo diverso di concepire la politica, alternativo alla visione egemonica della cultura dominante.
Non è una cosa improvvisa, alle spalle c’è un lungo percorso: anzitutto il Convegno del giugno di quello stesso anno, “Movimento cattolico: un compito da proseguire”, che riempie il Palalido di Milano. Un convegno traboccante di persone che vengono da più parti d’Italia, molti dalla Liguria. L’iniziativa di quel giugno era ancora di Comunione e Liberazione, ma il gesto andava decisamente oltre e, come diceva il titolo, si proponeva di rilanciare sul piano ideale, culturale e politico, non un partito, ma un movimento unitario dei cattolici nel paese che andasse oltre i movimenti e le sigle note, oltre la stessa Democrazia cristiana.
In entrambi i casi si tratta dei prodromi del convegno che si terrà al Teatro Nuovo di Milano, stipato di gente oltre ogni aspettativa, nel dicembre del 1975: segnerà la nascita ufficiale a livello nazionale del Movimento Popolare.
Più società, meno Stato
Si potrebbe vedere in questo insieme di eventi una forma di anticipazione di quanto succederà in anni successivi, con la sostanziale differenza che, mentre populismo e giustizialismo – cioè quel sommario e non disinteressato processo alla realtà dei partiti e della politica che inizia negli anni Novanta – saranno il codice critico ed il denominatore comune dell’attacco alla politica, qui, al contrario, c’è una posizione carica di giudizio e di proposta: dare spazio, da parte dei partiti e delle istituzioni, non al populismo, ma ai “soggetti popolari”, ai cosiddetti “corpi intermedi”, come protagonisti della vita sociale.
Il motto è “più società, meno Stato”; non una semplice e generica protesta, ma una visione della gestione della cosa pubblica che ha la potenzialità di tagliare trasversalmente i partiti e che, di fatto, è la ripresa della Dottrina sociale della Chiesa. Si tratta della riproposizione del principio di sussidiarietà di cui, soprattutto da allora, si ricomincerà a parlare in ambito politico e istituzionale. È una proposta che si rivolge a cattolici e laici aperti ad una concezione e gestione dello Stato e delle istituzioni che pone al centro la libertà, la creatività, la responsabilità dei cittadini e la loro capacità di mettersi insieme per dare insieme risposte ai loro bisogni.
Il clima ostile
Da dove viene tanto entusiasmo, tanta energia creativa?
Occorre a questo punto, per quanto riguarda la Liguria, ripercorrere alcuni momenti fondamentali del formarsi del Movimento Popolare. Mp infatti è il risultato di una progressiva crescita di consapevolezza culturale e di responsabilità personale che si alimenta nel confronto fra il proprio sguardo di fede sul mondo e il clima sociale e culturale dominante. Da questo confronto nascono via via giudizi, gesti, iniziative.
Sono gli anni Settanta, si avvia quel processo di omologazione culturale denunciato da Pasolini che tende a mettere sempre più in crisi la coscienza tradizionale popolare e cristiana del paese. Viene avanti un vuoto che alimenta l’ostilità e spesso l’intolleranza verso qualsiasi identità, soprattutto religiosa, che voglia essere presente in quanto tale nel cuore del contesto sociale; si apre un periodo in cui per essere riconosciuto nel consesso democratico devi anzitutto dichiararti “antifascista” e “progressista”; se non ti ripari sotto questo ombrello, vieni accusato di essere integralista, antidemocratico, reazionario. Si rasenta la dittatura culturale.
Oggi può sembrare tutto scontato, ma non lo era nel 1974, quando vengono scagliate le prime bombe molotov contro alcune sedi di Cl e non pochi ciellini vengono aggrediti da estremisti dei gruppi extraparlamentari. Accadde personalmente anche a me in occasione di due incontri che fui invitato a tenere nelle università di Napoli e di Bari. Erano le prime elezioni universitarie del 1975: i ciellini, insieme al movimento giovanile della Dc e ad altri gruppi, avevano per la prima volta dato vita alle liste dei “Cattolici popolari”, un primo tentativo di costruire una unità politica dei cattolici in università. A Napoli fummo costretti a sgomberare la riunione per l’invasione di elementi di Lotta continua; a Bari, per lo stesso motivo, fui trascinato dagli amici fuori dalla riunione e fatto riparare in un bar in attesa che un’automobile amica venisse a recuperarmi.
Per la libertà di tutti, non solo dei cattolici
La cosa straordinaria, più che la resistenza al clima ostile che spesso ci circondava, è il fatto che la nostra presenza non nasceva da una strategia politica, ma anzitutto da una apertura al mondo, da una passione per l’umano generata in noi dal cristianesimo vissuto nella concretezza della comunità cristiana. Non a caso, pur in questo clima, in molte situazioni non è mai venuto meno un tentativo di confronto e di dialogo sul piano umano con persone e posizioni anche diverse e opposte. Accade a Chiavari, dove diversi esponenti della sinistra comunista e non partecipano a nostri incontri su temi di scottante attualità e si confrontano con noi. Accade in università a Genova, quando Lotta comunista occupa la Casa dello studente in Corso Europa e decide di precludere agli studenti l’uso della cappella. Nei giorni successivi indirizziamo agli occupanti una lettera pubblica in cui li accusiamo di tradire i loro stessi ideali. La lettera rimane esposta nella bacheca della Casa dello studente.
Nel confronto con questa situazione maturò sempre più in noi la consapevolezza della valenza sociale e politica della comunità cristiana come fattore reale di costruzione di una società diversa. Ci rendemmo conto che difendere la libertà dei cristiani e della Chiesa significava difendere la libertà di tutti, di qualunque identità culturale e religiosa. Tutto ciò alimentò una presenza carica di una umanità e di una creatività impreviste e sorprendenti.
La nascita della Zafra, le elezioni del 1975
Fu in quel contesto che, sospinti e sostenuti dalla Jaca Book di Sante Bagnoli, già nel 1971 decidemmo di aprire la libreria “La Zafra” in Carrugio Dritto, a Chiavari, nel pieno centro della città. Eravamo un gruppo di universitari e alcuni adulti che seguivano “One Way”: One Way era l’analogo, in Liguria, del Centro Charles Péguy di Milano che proseguì l’esperienza del movimento e soprattutto il rapporto con don Luigi Giussani nel periodo tra la crisi della Gs milanese e la nascita di Comunione e Liberazione. Lo scopo della libreria, come recita un documento di allora, era quello di «porre nell’ambiente cittadino un luogo che sia spazio di informazione e di ricerca e strumento di espressione culturale per il nostro gruppo di comunità cristiana».
Dalla passione a confrontarci con la realtà uscì nel 1974, ancora a firma La Zafra, un documento di critica al Piano regolatore di Chiavari predisposto dall’amministrazione comunale a guida democristiana. Il documento fu inviato a tutti i consiglieri comunali della Dc. Eravamo a ridosso delle elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale e dell’amministrazione cittadina. Fu proprio in seguito a questa iniziativa che nel maggio del ’75 Gianlorenzo Borzini (conosciuto dagli amici come “Mimmo”) ed io ci trovammo a colloquio con il sindaco democristiano di Chiavari di allora che ci propose la candidatura nella lista della Democrazia cristiana alle imminenti elezioni amministrative. Fummo entrambi eletti con un ottimo risultato di voti.
In realtà, per quanto venissimo entrambi dall’esperienza di Comunione e Liberazione, eravamo rappresentativi di un consenso proveniente non solo dal mondo cattolico, ma da un mondo più ampio che intravvedeva nel nostro lavoro la possibilità di un rinnovamento della politica. Possiamo dire che le elezioni amministrative del ’75 segnarono il primo ingresso di esponenti di quello che sarebbe stato il Movimento Popolare in politica, attraverso le liste della Dc.
(1. continua)
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