
Apprendistato “alla tedesca” per i giovani studenti italiani? Qualcosa si muove. Ma non per tutti
Studenti-apprendisti già all’ultimo anno delle superiori. Eccezion fatta che per i liceali. Stando a quanto anticipato da ItaliaOggi martedì 8 aprile, «l’esperienza in azienda, da appannaggio quasi esclusivo degli istituti professionali, sarà generalizzata a tutte le superiori». O quasi. Già, perché per i licei, invece, potrebbe non essere così.
Secondo il quotidiano giuridico-economico, è alla firma dei ministri dell’Istruzione Stefania Giannini, del lavoro Giuliano Poletti e dell’economia Pier Carlo Padoan, un decreto «che innova il tradizionale rapporto formazione-lavoro», consentendo, «con un vero contratto di apprendistato per i giovani», di svolgere «fino al 35 per cento dell’orario annuale delle lezioni» in azienda. Che corrisponderebbero a circa 11 settimane sulle 33 che compongono un anno scolastico. Trecentoquarantasei ore sulle quasi mille totali. Pari, di fatto, a due giorni di scuola la settimana. La novità riguarderà, in via sperimentale e per tre anni, «l’ultimo biennio delle superiori, a partire già dal prossimo settembre».
FORMAZIONE IN AZIENDA. Il ministero del Lavoro, interpellato da tempi.it, conferma che «la notizia è corretta» e spiega che il «decreto sarebbe attuazione all’articolo 8-bis del decreto legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito con modificazioni dalla legge di conversione 8 novembre 2013, n. 128, che prevede l’avvio di un “programma sperimentale per lo svolgimento di periodi di formazione in azienda per gli studenti degli ultimi due anni delle scuole secondarie di secondo grado per il triennio 2014-2016”». Una sperimentazione, dunque, «finalizzata alla realizzazione di percorsi di istruzione e formazione che consentano contestualmente allo studente di conseguire un diploma di istruzione secondaria superiore e, attraverso l’apprendistato, di inserirsi stabilmente e in un contesto aziendale di lavoro».
Il che potrebbe rivelarsi cosa assai buona, se è vero, come ha previsto il governo italiano nel Def, che la disoccupazione non è destinata a calare sotto il 12 per cento prima del 2017. E che, come ha spiegato in una recente videointervista al Corriere.it Roger Abravanel, per oltre trent’anni manager in McKinsey e già membro del cda di Luxottica, «le imprese non assumono i giovani italiani che escono dalle nostre scuole e università perché non sono preparati, escono troppo tardi e non sanno cosa vuol dire lavorare e impegnarsi duramente». Anche «quelli che si laureano nelle cosiddette “top universities”». «L’apprendistato “all’italiana”», inoltre, almeno così come oggi è configurato, ha aggiunto Abravanel, «non c’entra niente con quello “alla tedesca”, che comincia molto prima, a 14, 15, 16 anni, e grazie al quale uno studente può studiare sei mesi e lavorare sei mesi, negli istituti professionali, ma anche nei licei».
I LICEI ESCLUSI. A frenare per il momento gli entusiasmi sul decreto in dirittura di arrivo sono alcuni punti che necessitano inevitabilmente di chiarimenti da parte del governo. Anzitutto il fatto che, come scrive ItaliaOggi, «l’operazione dovrà essere a costo zero» e che resta da spiegare come un simile “monte ore” di lavoro possa conciliarsi con la scuola italiana così come oggi è configurata. Sul punto, in particolare, spetteranno al ministro Giannini eventuali chiarimenti. Sono, inoltre, «prevedibili gli scogli di natura sindacale: viene facile l’idea che con la formazione in azienda si possa ridurre l’organico dei docenti». Le modalità di attuazione dei contratti di apprendistato, infine, dovranno essere stabilite dalle direzioni scolastiche regionali e le direzioni del lavoro, al fine di stabilire il percorso formativo del giovane.
Quello che è certo, per ora, è che le aziende che intendono candidarsi, sia pubbliche sia private, dovranno sottoscrivere una convenzione; avere tutti i requisiti per concorrere a un appalto pubblico, essere in grado di accogliere gli studenti ed avere già un’esperienza nella formazione di apprendisti in merito ai profili corrispondenti all’indirizzo. «Paletti che – spiega sempre ItaliaOggi – di fatto tengono fuori i licei dall’operazione».
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